Terremoto dell’Aquila, dieci anni dopo: qual è lo stato di salute dei beni culturali

Abbiamo intervistato Gianluca Vacca, sottosegretario del Mibac con delega alla ricostruzione, per conoscere lo stato del patrimonio culturale a dieci anni dal terremoto

Foto di Andrea Bertolucci

Andrea Bertolucci

Giornalista esperto di Lifestyle

Classe 1990, Andrea Bertolucci è un giornalista e autore specializzato in cultura giovanile, lifestyle, società ed economia dell’intrattenimento. La sua attività professionale lo ha avvicinato negli anni ad alcune tra le principali redazioni televisive e web nazionali. Andrea è considerato uno dei maggiori esperti di cultura Trap nel nostro Paese.

Pubblicato: 8 Aprile 2019 18:11Aggiornato: 19 Novembre 2023 12:13

Alle 3.32 del 6 aprile 2009, la storia de L’Aquila – città d’arte, nonché splendido e sereno capoluogo di provincia – e dei suoi abitanti, è cambiata per sempre. Nella piena quiete notturna, una scossa di magnitudo 6.3 ha distrutto la città, le sue case, i suoi edifici, le sue chiese. 2 minuti e 21 secondi in tutto sono stati sufficienti ad annientare l’anima – privata, sociale e culturale – di un intero capoluogo.

In troppe occasioni, durante questi anni, la politica ha usato l’Aquila come red carpet per promuovere iniziative, comizi e campagne elettorali, a discapito di una ricostruzione effettiva del tessuto urbano del capoluogo abruzzese.

Sono trascorsi esattamente dieci anni da quella maledetta notte che ha sconvolto un’intera popolazione e inevitabilmente si torna a parlare di questi temi. Ma – contemporaneamente all’emergenza abitativa – se n’è da subito affacciata un’altra decisamente rilevante e da non trascurare: una città come l’Aquila non può ripartire senza la cultura e senza il turismo.

Per questo, a 10 anni di distanza dal sisma, abbiamo chiesto quale sia lo stato di salute dei beni culturali direttamente a Gianluca Vacca, cuore abruzzese, nonché sottosegretario del Ministero per i beni Culturali con delega alla ricostruzione del patrimonio culturale. Ecco la nostra intervista.

Gianluca Vacca

E’ appena rientrato da l’Aquila, dove si si è svolta la fiaccolata per la ricorrenza dei 10 anni dal sisma. Da abruzzese, che emozioni ha provato?
Sono sempre emozioni molto forti. Non era la prima volta che partecipavo a questa fiaccolata, ma è stata la prima volta come membro di governo, quindi con un carico maggiore di responsabilità. La compostezza di questa folla di persone che camminano in rigoroso silenzio, è stato un momento veramente intenso.

Prima di iniziare a raccontare cosa è stato fatto in questi anni, mi permetterà una domanda: come si concilia una visione di lungo periodo come quella che può far rinascere artisticamente e turisticamente una città come l’Aquila, con la brevità di una legislatura, che ad essere ottimisti dura 5 anni?
E’ un’ottima domanda. Non è sicuramente semplice ed è proprio uno degli aspetti su cui sto lavorando: trovare delle risposte che siano durature e che quindi restino al di là delle persone. Per questo motivo è importante cercare di intervenire con misure che rendano il sistema più efficace e facciano tesoro delle criticità ereditate, che sono purtroppo tante.

Quali?
Innanzi tutto, per quanto riguarda la ricostruzione dei beni culturali, una delle criticità maggiori è quella che riguarda il personale. Per questo siamo già intervenuti stanziando delle risorse in legge di bilancio e recuperando circa 400 mila euro di una delibera CIPE di due anni fa che ancora non era stata sbloccata, per dotare le strutture del terremoto di un personale aggiuntivo che possa lavorare da subito a supporto dei funzionari che già vi lavorano. Un’altra criticità è l’approccio che viene utilizzato quando ci sono le fasi di ricostruzioni dopo un evento tragico come questo: ogni volta si crea una struttura nuova, con governance nuove e non c’è mai stato un testo unico che dicesse in maniera chiara come gestire la fase di ricostruzione. Questo manca e ovviamente ci stiamo lavorando.

Entriamo nel vivo: a 10 anni dal terremoto dell’Aquila, qual è lo stato di salute dei beni culturali?
Mentre la ricostruzione privata è andata avanti in maniera più spedita, quella pubblica un po’ più lenta. Per quanto riguarda i beni culturali, circa metà dei lavori sono stati terminati e della restante metà, una parte è in corso e una deve ancora essere avviata. Si tratta di 225 milioni di euro stanziati in totale. La ricostruzione del patrimonio culturale è iniziata nel 2012, per cui stiamo parlando di sette anni e non dieci.

Parallelamente a l’Aquila, che è sicuramente la città dove si concentrano la maggior parte delle opere da salvaguardare, ma è anche quella dove vi è una più alta concentrazione mediatica, è stato fatto qualcosa anche per le città vicine? Penso per esempio ad Onna, Paganica, Tempera e San Gregorio, tutti splendidi borghi purtroppo colpiti dal sisma tanto quanto il capoluogo.
Non nego che mentre all’Aquila i lavori sono andati avanti più velocemente e la situazione è migliore, nei comuni limitrofi siamo un po’ indietro, sia per quanto riguarda la ricostruzione pubblica che per quanto riguarda quella privata. Poi ovviamente c’è tutto il tema di ricostruzione del tessuto sociale, che prima c’era e adesso è venuto a mancare.

Gli attori che si occupano di ricostruzione sono diversi: c’è il governo, i comuni, la sovrintendenza. Si riesce a lavorare in maniera armonica tra più enti?
Da quello che vedo, fortunatamente si riesce a portare avanti tantissimi lavori, seppure tra le varie difficoltà. Quest’anno per esempio abbiamo recuperato edifici importanti per la comunità, tra chiese e poli culturali, alcuni frutto del contributo – che ammonta a circa 17 milioni di euro – di Paesi stranieri: Russia, Germania, Kazakistan e Francia. In più qualche altro milione, all’incirca 11, attraverso le donazioni private.

A proposito di questo tema, lei vede di buon occhio la partecipazione di sponsor privati? Mi spiego: un Aquila che procede speditamente nella ricostruzione, ma piena di brand, è auspicabile?
No, brand non ce ne sono. Questo riguarda solo le raccolte che sono state portate avanti da alcune trasmissioni televisive o da fondazioni e istituzioni che hanno promosso delle raccolte, che poi confluiscono nei fondi terremoto e vengono spesi secondo la normativa. Per cui non vedo questo pericolo, non ci sarà certo a L’Aquila esposizione di marchi privati.

Un’ultima domanda: qual è il piano per i prossimi anni?
Quest’anno stiamo puntando molto – al di là dei lavori che proseguiranno parallelamente e senza intoppi – su alcune iniziative culturali sia per valorizzare quello che già è stato fatto, sia per dare nuovo impulso a ciò che verrà fatto. Realizzeremo in particolare due iniziative del ministero che abbiamo già finalizzato in legge di bilancio: creeremo una rete di poli culturali del territorio, che sono stati già recuperati. Li metteremo insieme e creeremo dei percorsi di valorizzazione che permettano ai cittadini – attraverso per esempio dei biglietti unici o delle guide – di conoscere questo patrimonio che sta tornando alla luce. Inoltre realizzeremo un festival internazionale e multidisciplinare (arte, teatro, musica e letteratura) tra luglio e agosto, per fare in modo che attraverso la cultura si possa riflettere su quanto è stato fatto e valorizzare ulteriormente il territorio.