Il greenwashing sta rovinando le aziende, il 94% degli investitori non si fida dei bilanci di sostenibilità. “Ecco 10 consigli pratici”

Si allontanano sempre più, in Usa e anche in Europa, gli investimenti in fondi sostenibili. Perché? Troppo greenwashing tra le aziende: comunicazione proiettata ai temi green, ma vuota

Foto di Miriam Carraretto

Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Il 94% degli investitori non si fida dei bilanci di sostenibilità delle aziende. Arriva come un pugno nello stomaco il dato, allarmante, del rapporto Global Investor Survey stilato da PwC, che indaga i possibili impatti su fiducia e reputazione del business aziendale di una comunicazione poco trasparente rispetto ai criteri e alle attività svolte in ambito Esg. 

Non è un caso se la scarsa fiducia stia allontanando gli investimenti nei fondi sostenibili anche negli Usa, che nel corso del 2023 hanno subito una contrazione record di ben 13 miliardi di dollari, -5 miliardi di dollari solo nell’ultimo trimestre. Una tendenza al greenwashing piuttosto spudorata e vuota, insomma, sta generando mostri, e comunicativi e pratici.

“Il bilancio di sostenibilità è un processo che afferma i valori di un’azienda, il modo in cui gestisce e ritiene importanti i criteri Esg e comunica i reali impegni in tema di sostenibilità” spiega a QuiFinanza Ada Rosa Balzan, founder, presidente e Ceo di ARB S.B.P.A., società benefit per azioni leader nella creazione di progetti ad alto valore scientifico. Quindi qualcosa di estremamente delicato e profondamente connesso alla vera identità di una società, visto che si parla di responsabilità sociale.

Anche l’Unione europea ha deciso di stringere le maglie contro il greenwashing, redigendo una vera e propria black list che in una direttiva ad hoc elenca le pratiche aziendali scorrette che saranno considerate “washing” da Bruxelles.

Balzan, partiamo proprio dagli Stati Uniti, spesso cartina di tornasole delle tendenze dei mercati. Su investimenti nei fondi Esg e sostenibili qual è la situazione al momento?

Il 2023, come riportato anche sulle colonne del The New York Times, è stato l’anno peggiore per gli investimenti nei fondi sostenibili sul mercato americano, con un calo di ben 13 miliardi di dollari, di cui quasi la metà – 5 miliardi di dollari – è stato registrato solo nel corso dell’ultimo trimestre dell’anno. Inoltre, per il secondo trimestre consecutivo nella storia recente, le chiusure di fondi Esg sostenibili, ben 16, hanno superato negli Usa i lanci e le nuove aperture, pari a 7.

In Europa siamo messi meglio?

Da noi non va molto meglio. Nel quarto trimestre 2023, gli investimenti nei fondi di finanza sostenibile Sfdr hanno fatto registrare una contrazione pari a 2 miliardi di euro, secondo quanto sottolineato dal report Esma Trv Risk Monitor. Inoltre, nel 2023, in Europa si è registrata una contrazione del 41% nell’emissione delle obbligazioni societarie legate alla sostenibilità.

Ciò emerge con sempre più forza è la diffidenza degli analisti e degli investitori nei confronti delle informazioni contenute all’interno dei bilanci e dei report di sostenibilità delle aziende. Sempre più spesso noi consumatori ci troviamo a chiederci cosa sia greenwashing e cosa no, ad esempio. Non rischia di diventare un boomerang per le società, oltre che un problema etico e sociale?

La scarsa trasparenza da parte delle aziende nella redazione dei bilanci e dei report di sostenibilità sta mettendo in fuga gli investitori dagli investimenti nei fondi Esf. Il 94% degli investitori, infatti, secondo quanto svelato dal rapporto Global Investor Survey di PwC, non si fida dei rapporti di sostenibilità redatti dalle aziende e la stragrande maggioranza sospetta che questi ultimi siano a rischio greenwashing, contenendo informazioni non veritiere e non supportate da prove concrete circa il reale impegno delle organizzazioni sulle tematiche Esg e della sostenibilità. Più di 3 investitori su 4 (76%) desiderano, infatti, poter avere una migliore rendicontazione dei costi reali sostenuti dalle aziende per rispettare gli impegni di sostenibilità prima di poter valutare un investimento.

E come ci si sta muovendo?

La crescente diffidenza degli analisti nei confronti delle attività di reporting aziendale della sostenibilità ha portato a richiedere maggiore chiarezza e coerenza, con l’aspettativa che l’applicazione di regolamenti e standard internazionali più severi per la reportistica in ambito Esg possano avere un ruolo sempre più importante per un’organizzazione. Il reporting aziendale, infatti, deve continuare a evolversi in modo da fornire informazioni affidabili, coerenti e comparabili su cui investitori e altri stakeholder possano fare affidamento.

I bilanci di sostenibilità mascherati dietro al greenwashing stanno mettendo a serio rischio la fiducia e la reputazione delle organizzazioni. Quali sono secondo lei gli accorgimenti che possono adottare le aziende per redigere report veritieri e credibili?

Lo sviluppo e la stesura di un bilancio di sostenibilità non è una mera rendicontazione d’indicatori, ma è un processo che afferma, in primis, i valori dell’azienda, la sua governance e comunica in modo trasparente ciò che sta facendo, concretamente, in ambito Esg. Avere un bilancio di sostenibilità redatto secondo i più elevati standard scientifici internazionali e nel pieno rispetto dei criteri Esg e dei 17 principi delle Nazioni unite contenuti nell’Agenda 2030 (SDGs) aiuta quindi anche a migliorare la reputazione aziendale, favorendo l’attrazione dei giovani talenti.

E prima della redazione del bilancio di sostenibilità cosa si deve fare?

Occorre eseguire un check up serio e professionale e una mappatura dettagliata circa il perimetro, i possibili rischi e i focus chiave del report. Inoltre è fondamentale l’impiego di dati basati su un approccio scientifico di evidenza, misurabili con riferimenti e strumenti oggettivi internazionalmente riconosciuti.

Poi c’è il tema, essenziale, degli stakeholder e dell’opinione pubblica…

Sì, il loro coinvolgimento sulle tematiche chiave è fondamentale. Serve ingaggiarli con modalità diversificate e non standardizzate e scegliendo le immagini e le infografiche più adatte, così da rendere immediata per tutti la lettura dei dati tecnici. Infine, vietato omettere eventuali obiettivi fissati l’anno precedente ma non raggiunti, perché, essendo un documento pubblico, l’opinione pubblica e i competitor chiederanno l’eventuale perché della dimenticanza, con effetti diretti e negativi sulla reputazione aziendale.