Mancano poche ore all’esito del voto. Le elezioni presidenziali Usa 2024 potrebbero avere un impatto significativo sugli equilibri geopolitici globali, influenzando alleanze, dinamiche di potere e relazioni strategiche. Indipendentemente dal vincitore, gli Stati Uniti continueranno a svolgere un ruolo cruciale nel modellare l’ordine mondiale, ma la natura di questo ruolo — assertivo, isolazionista o collaborativo — definirà il tono dei futuri equilibri di potere globali. Attraverso alleanze più profonde, separazioni strategiche o partnership globali diversificate, la politica statunitense inciderà sulle dinamiche di potere in regioni chiave, influenzando il posizionamento di alleati e concorrenti in un mondo sempre più multipolare.
“Le potenziali evoluzioni nello scenario geopolitico in base ai risultati delle elezioni sono diverse e complesse” spiegano a QuiFinanza Edgar Bellow, Professore di Geopolitica e Management Internazionale presso la Neoma Business School, e Nathalie Janson, Professoressa associata di Economia presso il dipartimento internazionale di Finanza dello stesso istituto.
Partiamo dalle relazioni Usa-Unione europea.
Se vince Trump, e gli Stati Uniti adotteranno come probabile un approccio più isolazionista o selettivo nei loro impegni verso l’Europa e oltre, l’Ue potrebbe spingere per una maggiore autonomia strategica, puntando a politiche di sicurezza, difesa e affari esteri più indipendenti. Questo potrebbe includere una cooperazione difensiva intra-europea più forte, partnership ampliate con la Nato e possibili collaborazioni con Paesi al di fuori del tradizionale quadro dell’alleanza occidentale, come l’India e alcuni Paesi africani.
Guardando invece ai Brics, e cioè al blocco formato dai giganti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica? L’Europa ne uscirebbe più o meno forte?
L’Ue potrebbe puntare a una maggiore cooperazione con i Brics, che sono senza dubbio in cerca di rivincita, per diversificare le proprie relazioni economiche e diplomatiche. Questo potrebbe concretizzarsi in joint venture in tecnologia ed energie rinnovabili e in relazioni commerciali più profonde con Brasile e India, entrambi attori emergenti di rilievo a livello globale. Tuttavia, bilanciare questo approccio con politiche basate su valori, soprattutto riguardo a Cina e Russia, potrebbe rappresentare una grande sfida.
A proposito di Cina e più in generale di equilibrio, geopolitico, nell’Indo-Pacifico. Cosa succede se vince Trump?
Se dalle elezioni Usa 2024 uscirà vincitore Donald Trump, potrebbe assistere a un possibile aumento della competizione o un ‘reset’ diplomatico. Un’amministrazione più rigida come quella di The Donald potrebbe intensificare la competizione con la Cina, rafforzando patti difensivi come Aukus, con Australia e Regno Unito, o Quad, con Giappone, Australia e India, e aumentando la presenza militare nella zone dell’Indo-Pacifico.
Con Pechino si potrebbe innescare quello che in gergo si chiama ‘decoupling’ economico e tecnologico’, e cioè la rilocalizzazione della produzione delle imprese americane fuori dalla Cina in settori ritenuti strategici?
Assolutamente. La separazione commerciale e tecnologica tra Stati Uniti e Cina potrebbe accelerare con il crescere delle tensioni, portando a un controllo più severo delle esportazioni su Intelligenza artificiale, quantum computing e semiconduttori. Questo aumenterebbe la frammentazione economica e spingerebbe la Cina a rafforzare la propria autosufficienza, creando ecosistemi tecnologici distinti guidati da Usa e Cina stessa.
E se invece la spunta Harris?
Un’amministrazione meno conflittuale in stile dem con Kamala Harris potrebbe cercare una cooperazione limitata su commercio e clima, mantenendo una prudenza strategica. Entrambi gli approcci influenzerebbero l’equilibrio dell’Indo-Pacifico, spingendo i Paesi del Sudest asiatico a destreggiarsi tra le due potenze. Ma in maniera molto più soft.
Passiamo alla Russia e al futuro della sicurezza europea: quali scenari possibili possiamo immaginare?
L’approccio della prossima amministrazione Usa alla Nato e all’Ucraina sarà determinante per la nostra sicurezza europea. Un forte impegno Nato, come quello che garantirebbe Harris, probabilmente porterebbe a un sostegno continuato o aumentato per l’Ucraina, rassicurando gli alleati dell’Europa orientale.
Un atteggiamento più isolazionista invece?
La vittoria di Trump potrebbe indebolire la coesione dell’Alleanza Atlantica, spingendo i Paesi europei verso una maggiore autonomia difensiva, e rafforzando iniziative come la Politica di Sicurezza e Difesa Comune di Bruxelles.
E per quanto riguarda l’influenza russa, cosa cambierebbe per i piani di Putin?
Con una minore presenza americana in Europa o Medio Oriente, la Russia potrebbe cercare di espandere la propria influenza, soprattutto in Asia Centrale e tra gli Stati critici verso le politiche occidentali. Questo potrebbe consolidare il blocco “non allineato” in regioni come Medio Oriente e Africa, dove la Russia di Vladimir Putin ha approfondito le relazioni attraverso vendita di armi, cooperazione energetica e alleanze militari.