In lingua Pali equanimità si dice upekka, che significa “equilibrio“. Il nemico dell’equanimità è il bisogno di avere tutto sotto controllo. Quando le cose ci sfuggono sentiamo il disagio e facciamo di tutto per rimettere le cose a posto. Non c’è nulla di male in tutto ciò, se non il fatto che cerchiamo, spesso senza rendercene conto, di avere il controllo anche su cose che non possono esserlo. I figli ne sono un chiaro esempio, così come sul lavoro, non a caso la delega è uno dei temi più caldi nella gestione dei collaboratori.
L’equanimità ci chiede di lasciar andare la parte di noi che non vuole accettare che le cose vadano in quel modo. Quando la determinazione diventa ostinazione, è meglio fermarsi e darsi il permesso di non insistere con pensieri e azioni inquinanti. Nei conflitti è voler avere a tutti i costi l’ultima parola, nella delega è non permettere che le cose vengano fatte in modo diverso da quello che vogliamo, negli obiettivi è l’incapacità di fare spazio agli altri al posto nostro.
Chi possiede equanimità non si perde nella paura di perdere il controllo ma piuttosto sa mettere determinazione con equilibrio prendendo decisioni in accordo con i propri bisogni e quelli degli altri. Infatti, la corda troppo tesa (al centro solo i miei bisogni) si spezza, troppo molla (al centro solo i bisogni dell’altro) non suona.
Le persone che hanno equilibrio non rimuginano, tendono a semplificare, non si caricano emotivamente più del dovuto, pensano ai vantaggi a lungo termine e mettono tenacia solo dove serve davvero. Cominciando a capire tutto ciò, passiamo dalla lotta per controllare gli accadimenti della vita al semplice desiderio di relazione con essi. Quando definiamo le esperienze inaccettabili da provare o da conoscere, la nostra possibilità di crescita si fa piccola e limitata.
Quando invece desideriamo sperimentare ogni cosa, si rafforza la sicurezza in noi. Reagire in modo equilibrato significa ad esempio che possiamo provare il piacere senza provare brama e attaccamento ad esso, possiamo provare dolore senza condannarlo o odiarlo. Per la mindfulness, questa non-reattività è lo stato di equanimità e ci conduce verso la libertà in ogni momento. Il nemico dell’equanimità è l’indifferenza; questa è una forma sottile di avversione, che si fonda su un intimo ed astioso ritirarsi. Quando possiamo accettare un momento o un’esperienza com’è realmente, grazie alla calma, all’equilibrio e al senso di bastevolezza che da ciò ne consegue, l’equanimità può realmente sorgere.