Si sente parlare spesso di vini DOC e vini DOCG ma tali sigle, nella maggior parte dei casi, lasciano a dir poco interdetti i potenziali acquirenti. Ci si affida, dunque, ai consigli degli addetti, il che non è mai una cattiva idea. Sarebbe però il caso di introdursi alle diciture basiche, considerando quanto pregiati siano i vini italiani. È di fatto uno spreco esserne del tutto all’oscuro, perché vuol dire che, una volta da soli in fase di scelta, non si sarà in grado di distinguere uno dall’altro, quando magari sarebbe molto importante farlo. Di seguito, dunque, proponiamo un’introduzione al tema, così da fare chiarezza e aiutarvi a capire come fare per riconoscerli.
Vini, sigla DOC: cosa significa
Quando si va a caccia di un buon vino, ci si ritrova sempre a fare i conti con delle sigle. È il caso di DOC, che di certo tutti prima o poi hanno avuto modo di leggere su un’etichetta. Viene naturale però chiedersi: a cosa corrisponde. Si tratta ovviamente di un acronimo, com’è facile intruire. Sta per Denominazione di Origine Controllata. Si fa così riferimento a tutto quell’insieme, ricchissimo, di vini che vengono prodotti con uve raccolte in una determinata zona. Il marchio DOC che viene apposto sulle etichette di vino serve per individuare un prodotto di qualità con caratteristiche ben precise, fatto con materie prime di una zona specifica, seguendo un disciplinare di produzione approvato con un decreto ministeriale.
Prima di essere messo in commercio, un vino DOC viene analizzato per verificare che rispetti i requisiti previsti dal disciplinare. Di solito, un vino DOC ha mantenuto la denominazione IGT (Indicazione Geografica Tipica) per almeno 5 anni. Il vino DOC non garantisce però unicamente la provenienza del vitigno, sia chiaro. Offre certezze anche per quanto concerne l’assoluta qualità del prodotto. Guardando al solo mercato italiano, decisamente ricco, attualmente ci sono oltre 300 vini con classificazione DOC. Si registra inoltre un’elevata concentrazione regionale. La maggior parte di questi prodotti di pregio, infatti, è in Piemonte.
Vini, sigla DOCG: cosa significa
Quando un vino è stato almeno 10 anni tra i DOC, può passare alla denominazione DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), che conferisce ancora più prestigio all’etichetta. Non tutti i vini DOC diventano DOCG ma solo quelli che superano le analisi organolettiche e chimico-fisiche per certificare il rispetto dei requisiti previsti dal disciplinare. L’esame non viene effettuato solo sul vino in fase di produzione, ma viene ripetuto anche nella fase dell’imbottigliamento, dove un’apposita commissione procede anche all’assaggio, per una valutazione sensoriale. Se il vino non supera questi test, non può fregiarsi della DOCG sull’etichetta.
I vino DOC e DOCG hanno ulteriori classificazioni, un vino “classico” è quello prodotto in una zona DOC o DOCG con una storia prestigiosa, mentre un vino “riserva” è un vino che ha subito un processo di invecchiamento superiore a quello previsto. La categoria “superiore”, invece, indica un vino DOC o DOCG ottenuti da vitigni che hanno una resa per ettaro inferiore al 10% rispetto a quanto previsto dal disciplinare di riferimento.