La Cassazione cambia l’assegno di divorzio: conta anche la convivenza prematrimoniale

In tribunale viene preso in considerazione un nuovo modello di famiglia, aggiornando la legge sul divorzio del 1970

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

L’istituzione del divorzio non sarà più la stessa. Una sentenza della Cassazione è infatti destinata a fare storia. In estrema sintesi: il periodo precedente al matrimonio, in cui i due coniugi, pronti al divorzio, hanno convissuto, avrà un peso sull’assegno di divorzio. Si fa un passo avanti verso l’accettazione di un modello relazionale differente da quello ritenuto standard fino ad alcuni decenni fa.

Un nuovo modello di famiglia

La Corte di Cassazione riconosce un differente modello relazionale, ritenendolo un “fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società, cui si affianca un accresciuto riconoscimento dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali, di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali”.

Non si forma una famiglia soltanto dicendo “lo voglio” all’altare o in Comune. Laddove non scatta la laicità dello Stato, interviene il tribunale, a quanto pare. Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione matrimonialisti familiaristi italiani l’ha definita una “rivoluzione copernicana”. Ha spiegato come tutte le sezioni civili abbiano concordato su quello che è il valore della convivenza. Si opera, dunque, in compensazione delle mancanze della legge sul divorzio, che risale al 1970.

Con questa sentenza non verrà più ignorato, di fatto, il tempo trascorso durante la convivenza. Sarà invece riconosciuta la stessa valenza di quello legato al matrimonio. Ciò a patto di riuscire a individuare i “connotati di stabilità e continuità” nel primo caso.

In parole povere, una vera famiglia, che possa provare d’essere tale, lo è tanto con o senza un anello al dito. Scendendo nel dettaglio, in relazione a cosa debba essere dimostrabile, si parla di un “progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche”.

Cambia l’assegno di divorzio

Gian Ettore Gassani ha spiegato come il periodo preliminare al matrimonio, che vanta una media di tre anni ma che può raggiungere anche il traguardo del decennio, venisse considerato “terra di nessuno”. In molte cause, ha sottolineato, il giudice non ne teneva alcun conto.

Ora si aprono le porte per un differente assegno di divorzio, che tenga in considerazione la vita di coppia in toto, e non soltanto quella dopo una cerimonia. Si smetterà di ignorare l’evidenza e così: “Chi rinuncia alla realizzazione professionale e sociale per la coppia, che può dimostrare d’aver offerto un contributo importante, può chiedere che il giudice riconosce tali sacrifici in termini economici”.

In precedenza, la legge del 2016 aveva dato peso alle convivenze ma, dinanzi alla questione separazione, non era cambiato nulla. Una mancanza enorme, considerando come siano milioni le coppie che decidono di non sposarsi. Al Nord Italia tali cifre superano quasi quelle dei matrimoni

L’evoluzione del diritto di famiglia è fondamentale e sacrosanta, anche se dovrebbe giungere dal mondo politico, in una società ideale. Quella che viene fornita dalla Cassazione è una “toppa”. Si avrà però bisogno di un vero e proprio sistema, capace di garantire una tutela economica.

Potrebbe aiutare a comprendere meglio il discorso il caso specifico che ha portato a tutto questo. Una donna ha lamentato l’assenza di presa in considerazione del periodo di convivenza prematrimoniale nel calcolo dell’assegno di divorzio. Tale periodo è durato dal 1996 al 2003, fase durante la quale era nato il figlio della coppia.

Una convivenza decisamente rilevante, economicamente parlando. Lei aveva infatti deciso di lasciare il proprio lavoro, così da prendersi cura della famiglia. La legge però prevede come gli obblighi nascano dal matrimonio e non dalla convivenza, il che ha posto questo sacrificio al di fuori del range d’azione in Corte d’appello a Bologna.

Di fatto il giudice non ha ritenuto che lei avesse sacrificato aspirazioni personali per la sua famiglia. In Cassazione però si è andati oltre, superando quel range e raggiungendo il cuore della faccenda, guardando in faccia alla realtà. In quella fase prematrimoniale si era già composta una famiglia, il che ha portato a un riconoscimento adeguato dell’assegno, di natura tanto assistenziale quanto, e soprattutto, compensativa.