Caldaie a gas, stop ai controlli in casa dal 2026 con il nuovo decreto

La bozza del nuovo decreto del Ministero dell’Ambiente potrebbe eliminare le ispezioni fisiche per quasi tutte le caldaie a gas

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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Dal 2026 il sistema dei controlli sulle caldaie a gas in Italia potrebbe cambiare: niente più ispezioni fisiche nelle abitazioni, ma verifiche esclusivamente da remoto, basate su controlli documentali e amministrativi.

Al momento si tratta ancora di un’ipotesi, contenuta nella bozza di un decreto, ma il dibattito è già avviato.

Cosa prevede il decreto Caldaie sui controlli in presenza

La riforma predisposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è destinata a sostituire il Dpr 74 del 2013, che oggi disciplina le modalità di controllo e manutenzione degli impianti termici.

Se confermata, inciderebbe su circa 20 milioni di caldaie domestiche a gas presenti sul territorio nazionale, la maggior parte delle quali con potenza inferiore ai 70 kilowatt.

Il cuore della riforma è contenuto nell’articolo 8, comma 3, della bozza di Dpr.

La norma elimina le ispezioni in presenza per tutti gli impianti sotto i 70 kW, cioè praticamente la totalità delle caldaie installate nelle abitazioni private, negli uffici e nei piccoli edifici. Al loro posto resterebbero solo controlli documentali, effettuati a distanza dagli enti competenti attraverso i catasti degli impianti termici.

In parallelo, il testo fisserebbe come standard nazionale un unico controllo di efficienza energetica ogni quattro anni, lasciando alle Regioni la possibilità di introdurre verifiche più frequenti soltanto in presenza di motivazioni specifiche.

Una scelta che rischia di indebolire i sistemi di controllo più avanzati già attivi in alcune realtà territoriali.

Dal punto di vista del legislatore, la riforma avrebbe un obiettivo chiaro: ridurre gli oneri burocratici ed economici per le famiglie. I controlli periodici rappresentano infatti un costo percepito come fastidioso e spesso poco comprensibile, soprattutto in assenza di problemi evidenti agli impianti.

La possibilità di eliminare le ispezioni in presenza potrebbe tradursi in un risparmio diretto per milioni di utenti, oltre a una semplificazione delle procedure amministrative. In teoria, un sistema digitale efficiente consentirebbe di concentrare le verifiche sugli impianti realmente a rischio, migliorando l’allocazione delle risorse pubbliche.

Le criticità del decreto Caldaie: gap territoriale e digitale

Ma con i potenziali benefici emergono anche le criticità: la principale riguarda l’affidabilità dei controlli da remoto in un Paese caratterizzato da forti disomogeneità territoriali.

I catasti regionali e provinciali degli impianti termici, oggi, non funzionano in modo uniforme e spesso non dialogano tra loro né con altre banche dati, come quelle dei contratti di fornitura del gas, dell’anagrafe o dell’abitabilità degli immobili.

Secondo l’Unione Artigiani della provincia di Milano e di Monza Brianza, affidare la sicurezza delle abitazioni a verifiche esclusivamente documentali presuppone un’infrastruttura digitale che, allo stato attuale, non esiste.

Senza un sistema informativo unificato e interoperabile, il rischio è quello di controlli solo formali, incapaci di intercettare situazioni di reale pericolo.

Il nodo delle caldaie obsolete e degli impianti pericolosi

Il problema si amplifica se si considera l’età del parco impianti italiano. Su circa 20 milioni di caldaie domestiche a gas, almeno 7 milioni hanno più di 15 anni. Si tratta spesso di apparecchi meno efficienti, più inquinanti e potenzialmente più pericolosi, che richiederebbero controlli frequenti e accurati.

Alcune Regioni, come la Lombardia, hanno negli anni sviluppato sistemi di controllo particolarmente stringenti.

Nel territorio lombardo, ad esempio, ogni anno viene ispezionato circa il 5% degli impianti, con un’alternanza tra controlli di efficienza e operazioni di pulizia delle caldaie. Un modello che ha consentito di ridurre le emissioni, migliorare la sicurezza e contenere i consumi.

L’introduzione di uno standard nazionale meno rigoroso rischia di scoraggiare queste buone pratiche, livellando verso il basso l’efficacia dei controlli e riducendo l’autonomia delle amministrazioni locali più virtuose.

Le preoccupazioni non riguardano solo gli aspetti tecnici, ma anche le conseguenze sanitarie e ambientali. Secondo i dati del Comitato Italiano Gas, tra il 2019 e il 2023 gli incidenti legati al gas per usi civili sono stati 1.119, con 128 decessi e 1.784 feriti.