Alcoltest, bastano alito e testimonianze per provare l’ubriachezza

Quando l'alcoltest non è applicabile, la valutazione degli agenti sul posto può essere bastevole per comprovare lo stato di alterazione alla guida

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Il caso specifico di un automobilista di Brescia fa giurisprudenza con una storica sentenza della Cassazione. Per verificare lo stato di ebbrezza di un conducente, infatti, l’alcoltest non è uno strumento imprescindibile. Potrebbero bastare le testimonianze degli agenti a sancire lo stato del soggetto.

Alcoltest non obbligatorio

Al centro della vicenda c’è il caso di un automobilista che, nonostante fosse visibilmente ubriaco al volante, era stato in grado di ottenere che il test fosse giudicato nullo a causa di un errore procedurale degli agenti, che non gli avevano comunicato la possibilità di rivolgersi a un avvocato.

L’uomo è stato comunque condannato a causa del verbale redatto dalle forze dell’ordine, nel quale si stabiliva un tasso di alcool nel sangue superiore alla soglia limite di 1,5. Questo nonostante il test non costituisse una prova legale.

Una nuova sentenza della Corte di Cassazione riportata da Il Messaggero decreta che basterebbero degli elementi “obiettivi e sintomatici” per configurare la guida in stato di ebbrezza. Di fatto si dà credito alla valutazione degli agenti presenti sul posto. La loro testimonianza è reputata credibile e oggettiva e per i giudici è stato sufficiente.

Nel verbale si legge come la guida dell’automobilista non fosse lineare. All’interno dell’abitacolo, una volta effettuato il fermo, si percepiva un forte odore di alcool e l’uomo dietro al volante non era in grado di rispondere alle domande, hanno spiegato gli agenti. In uno scenario del genere, dunque, l’alcoltest diventa secondario e soprattutto accessorio.

Un caso straordinario

Per quanto questa sentenza faccia giurisprudenza, il caso resta straordinario e, dunque, tale valutazione non può risultare applicabile a ogni caso di sospetta guida in stato di abbrezza. Nelle motivazioni, infatti, i giudici precisano quanto segue:

“Con specifico riferimento al caso contestato, deve essere ribadito come questa Suprema Corte abbia avuto modo di precisare che, poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base a elementi sintomatici. Per tutte le ipotesi di reato previste dall’articolo 186 del Codice della strada e qualora vengano oltrepassate le soglie superiori la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione“.

In questo caso per congrua motivazione si intende la valutazione degli agenti. Viene però da chiedersi in quali casi tutto ciò non risulti applicabile. Di fatto, in caso di assenza di un esame alcolimetrico ritenuto valido e utilizzabile, sarà compito del giudice valutare di volta in volta, sulla base fondamentale degli “elementi obiettivi e sintomatici che, nel caso in esame, i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione manifesto dall’imputato alla vista degli operanti. Certamente riconducibile a un uso assai elevato di bevande alcoliche, sicuramente superiore alla soglia di 1.50”.

Quanto all’uomo, la Corte non ha riconosciuto l’ammissibilità dell’alcoltest, come da lui richiesto, ma ha respinto il ricorso dopo la sua condanna in Appello.

Il caso risale a luglio 2023, quando al soggetto erano stati comminati sei mesi di arresto, così come un’ammenda di 1.500 euro e la revoca della patente per aver causato un incidente mentre era ubriaco al volante.