Vivere in un container: comodo, economico ed eco-friendly

La scelta di abitare in un container è sempre più frequente, anche in Italia. Ma come funziona questa nuova soluzione abitativa, e quali sono i suoi vantaggi?

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Redazione

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Pubblicato: 6 Aprile 2018 13:50Aggiornato: 11 Maggio 2024 17:20

Non è certo una soluzione abitativa consueta, il container. E probabilmente non è neppure adatto a tutti. Eppure, ricavarci un’abitazione ha tutta una serie di benefici. Innanzitutto, il costo: un container non raggiunge certo le cifre di un appartamento tradizionale, figurarsi quelle di una casa indipendente. Inoltre, si può acquistare Amazon e costruire facilmente. Senza contare il suo valore eco-friendly.

Vivere in un container: una nuova prospettiva abitativa

Ma che significa, vivere in un container? Esattamente ciò che sembra. Significa arredare quelle “scatole” d’acciaio esattamente come si farebbe con una casa tradizionale, scegliendo tra modelli nuovi e usati e assemblando tra loro quante unità si vuole. La prima volta che si è parlato di trasformare un container in un’abitazione era il 1937. Tale Malcolm Purcell McLean, un trasportatore della Carolina del Nord, lanciò l’idea. Ma solo nel 1987 Philip Clark costruì la prima casa-container. 

Oggi, centinaia e centinaia sono le persone che, nel mondo, hanno scelto questa soluzione abitativa. Innanzitutto, per i suoi costi. Per acquistare un singolo container si spendono tra i 1000 e i 3500 euro. Una volta trasportato sul terreno, gli operai toglieranno tutti i pannelli ad eccezione di quello più esterno; dopodiché, ricaveranno porte e finestre dalle sue pareti. In realtà, con più container si possono realizzare abitazioni del tutto simili a delle ville, con prezzi tra gli 80.000 e i 100.000 euro. E con un aspetto davvero su misura: si possono imbiancare, rivestire, coibentare, dotare di enormi finestre e scenografiche verande.

Container living: una scelta eco-friendly e pratica- anche in Italia

Ma perché vivere in un container è una scelta sostenibile? Innanzitutto, per la materia prima in sé: ricavandoci un’abitazione, significa dare al container una seconda vita. Inoltre, se di norma vengono isolati con dei pannelli, alcuni proprietari, in fase di costruzione, scelgono di utilizzare anche uno spray isolante su entrambi i lati delle pareti, così da mantenere all’interno del container il caldo nei mesi più freddi (dimenticandosi così le salate bollette del gas di una casa tradizionale), e un piacevole fresco durante quelli più caldi.

Vivere in una casa container può essere una scelta allettante per molti, ma in Italia, questa opzione è accompagnata da una serie di questioni normative che ne limitano l’accessibilità e la diffusione. La rigidità delle leggi italiane in materia di edilizia e urbanistica richiede un approccio attento e da parte di coloro che desiderano vivere questa soluzione abitativa alternativa. Una delle principali sfide riguarda l’ottenimento dei permessi necessari. Contrariamente ad altri Paesi europei, dove le restrizioni sono meno stringenti, in Italia è richiesto un Permesso di Costruire e una Denuncia di Inizio Attività (DIA) presso il Comune competente. Questo processo può essere lungo e complesso, richiedendo una conoscenza approfondita della normativa locale e nazionale.

Un’altra questione critica riguarda la selezione del terreno. La normativa italiana impone che le case container siano costruite su terreni edificabili, escludendo terreni agricoli o con altre destinazioni d’uso. Questo vincolo limita le opzioni di ubicazione e può rappresentare un ostacolo significativo per coloro che cercano di realizzare il proprio sogno abitativo. Le dimensioni e le specifiche tecniche sono un’altra sfida da affrontare. La legge italiana stabilisce requisiti precisi per l’abitabilità dei locali, compresa un’altezza minima media che potrebbe essere difficile da soddisfare.