Urban Farming e Urban Gardening: l’agricoltura entra in città

Le città del futuro si sfameranno da sole: come e con che benefici? Le smart cities vogliono diventare a misura d’uomo, relazioni, e sempre più green

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Alice Pomiato

Content creator

Alice Pomiato è una Content Creator che racconta com'è possibile avere uno stile di vita più sostenibile, etico e consapevole.

Vivere in città non è per tutti, ma chi sceglie di farlo, lo sceglie per i suoi vantaggi: opportunità, servizi, una vita culturale attiva e vivace. Quello che spesso manca, è il contatto con la natura e i rapporti di vicinato. Le smart cities ovvero le città intelligenti, vogliono diventare a misura d’uomo, relazioni, e sempre più green.

Oggi, a vivere sulla Terra sono otto miliardi di persone e nel 2050 se ne conteranno quasi dieci miliardi. Il 55% di queste vive in aree urbane e metropolitane, un numero che salirà al 70% entro il 2050. Cambiamenti che influenzeranno inevitabilmente anche le problematiche legate alla qualità dell’alimentazione e alla sua disponibilità. Per questo motivo c’è la necessità di ripensare a nuovi modi di vivere la città, creando spazi verdi, orti urbani e valorizzazione di pratiche ed esperienze slow che rispettino l’ambiente e le persone.

Il verde urbano ha la capacità di contribuire alla mitigazione di molti dei fenomeni inquinanti che colpiscono i territori altamente urbanizzati, migliorando la qualità della vita di chi li abita; ha la capacità di abbassare la presenza di polveri sottili nell’aria, contrastare l’innalzamento delle temperature, aumentare la permeabilità del suolo, attenuare il rumore e garantire la presenza di varie specie animali e vegetali, oltre a svariate funzioni sociali. Il contesto urbano si sta rivelando sempre più una scuola di formazione per abitanti e istituzioni, suggerendo sperimentazioni di svariate forme del vivere comune. Il cibo sarà, in questo ambito di progettazione partecipata, uno dei fattori chiave.

Vicino a grandi centri urbani caratterizzati da alta densità demografica, oppure in contesti urbani o peri-urbani abbandonati, vengono sempre più recuperate e rigenerate aree destinate alla coltivazione e alla piantumazione. Esperimenti di ‘Urban Farming’e ‘Urban Gardening‘ ovvero orti agricoli privati e condivisi, che hanno conquistato spazio anche su tetti e balconi di case e uffici. Si chiama agricoltura urbana e ci sono vari modi di farla.

Urban Farming o Agricoltura Urbana: una nuova necessità

Che cosa significa fare Agricoltura verticale?

Il Vertical Farming o Sky Farming è una sistema di coltivazione che si sviluppa verso l’alto e non in orizzontale (come fa l’agricoltura tradizionale) e indica una vasta gamma di sistemi di coltivazioni diversi per dimensione, tecnologie, luoghi e scopi.

Il Vertical Farming fa parte della cosiddetta ‘agricoltura protetta’, che definisce una serie di pratiche colturali che permettono di coltivare specie vegetali su più livelli sovrapposti e che comprende anche la coltivazione in serra. In queste speciali ‘serre’ hi-tech, la temperatura, la luce, l’umidità e l’acqua sono controllate artificialmente ricreando un ecosistema che rende possibile la produzione di cibo anche in un ambiente chiuso. L’obiettivo è massimizzare il numero di piante a metro cubo, cioè il numero di piante che possono essere coltivate in volume.

Le vertical farms abbracciano il concetto di ‘agricoltura in ambiente controllato’ che mira ad ottimizzare la crescita delle piante e si basa su tecniche di coltivazione “fuori suolo”, come l’idroponica, l’acquaponica e l’aeroponica e con un minimo impiego di agrofarmaci. Utilizza sistemi tecnologici avanzati per controllare le condizioni di coltivazione al fine di ottimizzare l’uso delle risorse e la produttività delle piante. Acqua e nutrienti sono per lo più gestiti in un sistema di irrigazione a circuito chiuso che sfrutta l’acqua piovana. Sono riciclati e quindi il consumo di risorse è radicalmente ridotto rispetto alle coltivazioni tradizionali.

Quali sono le varietà vegetali che si prestano per la coltivazione in Vertical Farming? Principalmente insalata e pomodori (per la rapidità di crescita e le rese elevate in rapporto allo spazio) ma anche altre altre verdure orticole, verdure a foglia, ortaggi, piante aromatiche, funghi e germogli.

Pro e Contro del Vertical Farming

I vantaggi, oggettivamente, sono davvero tanti. Il settore del vertical farming è in crescita, ma non è pensabile sia il futuro dell’agricoltura: potrà però contribuire come settore di nicchia nei contesti urbani e peri-urbani.

Il Vertical Farming funziona in contesti dove scarseggiano terreni coltivabili e in aree che hanno un accesso limitato a prodotti alimentari freschi e a km zero. Può rispettare i crismi di agricoltura biologica, filiera corta e/o chilometro zero e in alcune varianti, può sfruttare il sistema del compostaggio.

Il Vertical Farming si rivela sostenibile in quanto a ridotto uso di acqua, consumo di suolo e utilizzo di agrofarmaci. Si elimina la pratica dell’aratura, della semina e della raccolta convenzionali con l’impiego di macchine agricole, proteggendo il suolo e riducendo le emissioni. Si riesce così a coltivare in tutte le stagioni e la produttività può aumentare, a seconda della varietà in questione.

Qualche esempio? Se produrre un chilo di lattuga in pieno campo richiede l’utilizzo di circa 200 litri di acqua, in una vertical farm ne bastano 1,5 (fino al 90% in meno); l’agricoltura verticale consente inoltre di produrre più raccolti (anche a ciclo continuo) a parità di area di coltivazione agricoltura orizzontale convenzionale. Un ettaro coltivato in vertical farming offre una produzione equivalente ad almeno 4-6 ettari all’aperto.

Essendo protetto, il Vertical Farming protegge i raccolti dalle perturbazioni meteorologiche, riducendo e quasi azzerando la perdita dei raccolti, ma anche la vulnerabilità a infezioni, parassiti e animali. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha implementato l’agricoltura idroponica nelle aree del mondo che soffrono di carenza di cibo. Sono in corso progetti per stabilire grandi fattorie idroponiche nei paesi in cui l’acqua scarseggia e si possono avere rese più controllate.

Un limite invece, è il consumo energetico: le coltivazioni verticali possono richiedere importanti quantità di energia elettrica, da cui dipendono innanzitutto per l’illuminazione LED e anche per le altre tecnologie necessarie al monitoraggio e agli interventi utili per la produzione e la cura. Va detto, però, che il confronto dei costi energetici non è così semplice perchè si deve tenere conto anche del costo del trasporto dei prodotti, che invece sono praticamente azzerati dalle Vertical Farm, perché di solito tali strutture sorgono in prossimità dei luoghi di consumo del prodotto.

Nelle coltivazioni idroponiche si tende a preferire la scelta di poche varietà di ortaggi selezionati, molto performanti e spesso ibridi. Se pensiamo che nel mondo esistono oltre 30.000 specie commestibili di piante terrestri e di queste soltanto 200 sono coltivate su larga scala, l’utilizzo delle serre verticali potrebbe contribuire ad un ulteriore impoverimento della biodiversità.

Valore sociale dell’agricoltura urbana

I benefici dell’agricoltura urbana sono economici ed ambientali, ma coltivare in modo sostenibile in un contesto urbano ha un’importanza sociale e solidale. Gli orti sociali, la cui cura non è affidata a professionisti o aziende ma a comuni cittadini e chiunque può iniziare a coltivare piante, frutta e ortaggi freschi e di stagione.

Prendersi cura di uno spazio verde condiviso è una pratica sociale in grado di favorire l’aggregazione e l’integrazione, il benessere psico-fisico, l’educazione ed il miglioramento (anche) di situazioni di disagio ed esclusione. Intere facciate di edifici possono diventare superfici coltivabili trasformandosi in urban gardens, rooftop gardens e urban farms e in questo modo, offrire la possibilità a chi non ha accesso a un proprio spazio verde di dedicarcisi.