Transizione green, è scontro Italia-UE tra vincoli europei e rischi industriali

L’Italia frena sulla transizione green mentre l’Europa accelera. Case Green, auto ed energia diventano terreno di tensione tra obiettivi climatici e costi economici

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

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La transizione green è uno dei terreni più delicati del confronto politico ed economico tra l’Italia e l’Unione Europea. Le differenze non riguardano solo la velocità con cui raggiungere gli obiettivi climatici, ma soprattutto la visione complessiva del percorso da seguire, i suoi costi e le sue ricadute su industria, cittadini e competitività.

Da un lato Bruxelles punta a un cambio di paradigma strutturale, dall’altro Roma invoca un approccio più graduale, che tenga conto delle specificità nazionali e delle debolezze del tessuto produttivo italiano.

L’Italia sotto la lente per la direttiva Case Green

Uno dei casi più emblematici riguarda la direttiva Case Green, che richiede agli Stati membri di eliminare progressivamente gli incentivi per l’installazione di caldaie autonome a combustibili fossili a partire dal 2025. La Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, accusata di non aver rispettato le scadenze e di mantenere forme dirette e indirette di sostegno economico alle caldaie a gas.

Si tratta di un episodio che va oltre il tecnicismo normativo e che rivela un nodo più profondo: l’Italia fatica ad allineare politiche energetiche e industriali alle tempistiche fissate da Bruxelles, a causa del peso del suo patrimonio edilizio obsoleto, della forte dipendenza dal gas e della difficoltà nel rimodulare rapidamente gli incentivi.

La linea del Governo

Mentre l’Europa insiste su una transizione rapida e uniforme, accompagnata da investimenti in nuove filiere tecnologiche e rinnovabili, l’Italia si muove con maggiore cautela. La posizione del governo riflette infatti la preoccupazione per l’impatto economico della transizione: gli interventi richiesti per l’efficientamento energetico delle abitazioni comportano costi elevati per famiglie e imprese, che senza adeguati strumenti di supporto rischiano di rimanere indietro.

La stessa gestione degli incentivi, come dimostra il caso del Superbonus 110%, evidenzia quanto sia difficile trovare un equilibrio tra sostenibilità ambientale, sostenibilità dei conti pubblici e sostegno reale alla trasformazione del patrimonio edilizio.

Al centro anche il settore auto

Una parte importante dello scontro riguarda anche il settore automobilistico, simbolo dell’industria europea e colonna portante dell’economia italiana. Le dichiarazioni di John Elkann, alla guida di Stellantis, che ha parlato apertamente del rischio di un declino dell’auto europea a causa di una transizione considerata troppo accelerata, hanno acceso ulteriormente il dibattito. Per Elkann, l’obiettivo non è frenare l’elettrico, ma “attuare un piano realistico”, perché

le norme attuali non sono adeguate allo scopo per cui sono state scritte: una transizione efficace e sostenibile dal punto di vista sociale ed economico. Noi e i nostri colleghi abbiamo intrattenuto un dialogo intenso con la Commissione europea durante tutto l’anno. Abbiamo presentato fatti reali per noi, per i nostri clienti e per l’intero ecosistema.

Come sono messe le regioni

La distanza tra Italia ed Europa emerge anche sul piano sociale e territoriale. Le regioni italiane non partono dallo stesso punto: alcune hanno infrastrutture più moderne e capacità di innovazione più forti, altre soffrono ritardi strutturali e dipendenze energetiche che rendono più difficile l’integrazione delle nuove tecnologie.

Per questo la velocità impostata dall’Europa rischia, secondo il governo italiano, di accentuare i divari interni ed esterni, a meno che non vengano introdotti correttivi e strumenti di accompagnamento più mirati.