Italia leader del riciclo: ecco dove si fa meglio

L’Italia è prima in Europa per riciclo. Le regioni del Nord le più virtuose. Mancano però impianti adeguati e ancora troppi rifiuti vengono esportati all’estero per essere smaltiti.

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 3 Dicembre 2022 22:00

L’Italia è prima in Europa per tasso di riciclo e seconda per quello di circolarità, cioè il tasso di materiale riciclato e reimmesso nell’economia. Purtroppo, però, esportiamo ancora troppi rifiuti, perché non c’è un sistema di impianti adeguati, soprattutto nel Mezzogiorno. Ci sono dunque luci e ombre per l’Italia che ricicla. Il PNRR porterà delle sfide importanti anche nel riciclo e quindi per raggiungere degli obiettivi fissati a livello europeo serve puntare su strumenti che permettano alla filiera nazionale del riciclo di fare il passo definitivo.

Italia prima in Europa per riciclo dei rifiuti

Questi sono gli elementi emersi nello studio annuale “L’Italia che Ricicla”, il Rapporto presentato da ASSOAMBIENTE – l’Associazione di categoria delle imprese che operano nel comparto del riciclo, recupero e smaltimento dei rifiuti. L’Italia si pone al primo posto a livello europeo per tasso di avvio al riciclo dei rifiuti, sia urbani che speciali, rispetto al totale gestito. Il dato è pari all’83,2% e si riferisce al 2020. Questo dato è assolutamente maggiore non solo alla media UE 39,2, ma anche in confronto ai Paesi più grandi dell’Ue. La Spagna, ad esempio, si ferma al 60,5%, la Francia al 54,4% e la Germania solamente al 44%.

Al primo posto anche per circolarità

Se si analizza il tasso di circolarità dei materiali, cioè quello che misura la quantità dii materiale riciclato e poi reimmesso nell’economia, l’Italia si colloca poco sotto il primato della Francia, con il 21,6%, ma sopra la Germania (13,4%) e la Spagna (11,2%). In generale rimane ben al di sopra della media europea che si attesta al 12,8%. Una tendenza in aumento, se si considera che questo dato si fermava al 12,6% solamente nel 2011.

Il primato italiano rimane anche se si analizza il dato del tasso di utilizzo di metalli ricavati dal riciclo, che indica l’apporto offerto dai metalli riciclati alla domanda complessiva. Il nostro Paese rappresenta il benchmark di riferimento europeo, con un dato del 47,2%, con la Francia (39,3%) e la Germania (27,3%) più indietro.

Dove si ricicla di più in Italia

Per capire quali sono le zone d’Italia dove si ricicla di più si possono analizzare i dati Istat. La quota di raccolta differenziata dei rifiuti urbani rispetto al 2019 è aumentata in tutte le regioni, esclusa la provincia autonoma di Trento (-0,9%) e la Valle D’Aosta (-0,6%). Malgrado il lieve calo, nella Provincia autonoma di Trento si ha la quota più alta di raccolta differenziata (76,7%) e una produzione di rifiuti urbani pro capite inferiore alla media nazionale (486,4 kg per abitante). A seguire il Veneto (76,1% di raccolta differenziata e 476,1 kg per abitante di rifiuti urbani), la Sardegna (74,5% di raccolta differenziata e 444,4 kg per abitante di rifiuti urbani prodotti) e la Lombardia (73,3 e 467,8).

Pochi impianti e mal distribuiti sul territorio

Dopo le luci, però, ci sono alcune ombre. C’è ancora molto da fare per far divenire l’industria del riciclo il perno di un piano di sviluppo sostenibile del Paese, fondato sull’economa circolare. Prendendo in esame l’impiantisca, la Germania con oltre 10mila impianti attivi è leader a livello europeo, l’Italia invece si posiziona al secondo posto, con 6.456 impianti di recupero, seguita da Spagna (4.007 impianti).

Un dato che potrebbe sembrare positivo, ma che è invece caratterizzato da un grande numero di impianti di media e piccola dimensione e collocati principalmente nel Centro-Nord, nello specifico nelle aree in cui il comparto manifatturiero è più attivo e in cui i materiali recuperati possono facilmente essere riutilizzati. Solo in Lombardia c’è il 22% degli impianti nazionali dedicata al recupero di materia. La Lombardia è la Regione che trasforma di più, con un totale di 31.018.381 tonnellate di rifiuti recuperati, al secondo posto il Veneto con 12.377.245 tonnellate e l’Emilia-Romagna con 10.010.270 tonnellate.

Le esportazioni toppo alte di rifiuti

Nel 2020 sono state esportate dall’Italia oltre 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti industriali e poco più di 581mila tonnellate di rifiuti urbani. In totale sono 4,2 milioni le tonnellate inviate oltre confine, dove vengono avviate al recupero. Questo dato prima o poi deve essere colmato, avviando politiche che promuovano gli investimenti in impianti, allo scopo di aumentare i volumi di rifiuti riciclabili recuperati in Italia. In questo modo si potrebbe far crescere la capacità del sistema produttivo di sopperire alla mancanza di materie prime e a produrre posti di lavoro verso la transizione ecologica. Le mancanze di non riguardano solo il riciclo, ma anche la gestione degli scarti che non possono essere riciclati.

Oltre alla carenza di impianti, il Rapporto indica che oltre ai nodi strutturali che da tempo bloccano la crescita italiana, si aggiunge la sfida che deriva dall’aumento dei costi dell’energia che le aziende del riciclo si trovano a fronteggiare.

Per Assoambiente servono riforme per far crescere il settore del riciclo

«Il riciclo dei rifiuti, oltre alla valenza centrale che riveste per la transizione ecologica», ha dichiarato Paolo Barberi – vice Presidente di Assoambiente, «risulta oggi ancor più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese, tradizionalmente povero di materie prime, particolarmente in questa fase di emergenza economica-energetica maturata nel post pandemia. Il salto di qualità per il settore, anche per il buon esito della parte di PNRR relativa alla gestione rifiuti, potrà arrivare solo con la piena implementazione delle riforme.

In tal senso, è fondamentale che venga adottata compiutamente e celermente la strumentazione economica prevista dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, per rendere competitivi i materiali riciclati rispetto alle materie prime vergini. Altro intervento di fondamentale importanza è l’adozione in tempi brevi delle norme tecniche che dovrebbero regolamentare il settore favorendo la creazione di un mercato stabile e trasparente, siano esse relative all’End of Waste, ai sottoprodotti, o ai Criteri Ambientali Minimi per le gare pubbliche. Infine, va rafforzata e resa effettiva la domanda pubblica di prodotti riciclati».