Fashion green, moda sostenibile e bio: i tessuti italiani ricavati dagli scarti di cibo

Alla Milano Fashion Week si parla di moda ecologica. In Italia crescono sempre di più le aziende che realizzano vestiti dal cibo: mais, mele, agrumi, funghi e caffè

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 1 Marzo 2025 17:12

Questo è il weekend della Milano Fashion Week 2025, e, mentre nella città meneghina i riflettori sono tutti accesi per i vip ospiti e i colossi della moda, da Versace a Gucci, da Etro a Prada, anche il tema della sostenibilità finalmente inizia a prendersi un suo spazio.

Se da un lato il rischio di scivolare in un eccentrico greenwashing è dietro l’angolo, dall’altro emerge un certo interesse verso i materiali impiegati, sempre più innovativi, riciclati, biodegradabili o comunque green. Ciò di cui sono fatti i vestiti è il fulcro dell’industria della moda, non solo perché rappresenta circa il 30% del costo del venduto, ma anche perché è responsabile di oltre il 90% delle emissioni complessive di CO2 del settore.

L’era della Food waste fashion, la moda da scarti alimentari

Lasciando qui da parte i grandi brand del fashion system, vogliamo concentrarci sulle innovazioni italiane più interessanti degli ultimi tempi proprio in fatto di materiali, in particolare andando a scoprire come il cibo, i suoi scarti, i suoi rifiuti o le sue sostanze possano dare vita a nuovi tessuti e a capi dalle performance incredibili, oltre che perfette per l’ambiente.

La food waste fashion rappresenta una delle più grandi rivoluzioni nel mondo dei tessuti, provenienti appunto dagli scarti alimentari, simbolo perfetto di economia circolare.

A Bergamo tessuto ricavato dal mais

C’è ad esempio un nuovo tessuto ricavato dal mais. Si chiama Vita Life ed è destinato a rivoluzionare lo sportswear ed il fashionwear.

Prodotto dall’azienda bergamasca Carvico, specializzata nella produzione di tecnotessuti elasticizzati indemagliabili, e soprattutto sostenibili, è composto al 70% da mais proveniente da colture non destinate al consumo alimentare umano e rinnovabili annualmente: è realizzato con Econyl, il filo di nylon 100% rigenerato da materiali di scarto pre e post consumer, a cui per la prima volta è aggiunto l’elastomero Lycra realizzato al 70% con materiali bio-derivati.

Scarti delle mele altoatesine per la pelle ecologica

Un altro tessuto, sempre Made in Italy, è quello ricavato dagli scarti delle mele. Si chiama AppleSkin ed è una finta pelle, ecologica, utilizzata per realizzare abbigliamento da sci green.

Creato dall’azienda OneMore di Egne (Bolzano), il tessuto in similpelle è ricavato dagli scarti industriali delle mele dell’Alto Adige, e poi possiede una parte di filo di nylon generato con rifiuti provenienti dagli oceani e dalle discariche, mentre le imbottiture arrivano dal riciclo di bottiglie in Pet.

Agrumi di Sicilia da una startup al femminile

Dagli agrumi di Sicilia invece deriva Tencel, la prima fibra tessile artificiale di origine naturale al mondo ad essere estratta da scarti della produzione degli agrumi.

Molto simile alla seta, usata da Salvatore Ferragamo per le sue collezioni donna d’alta moda e da H&M per la sua Conscious Collection, è il “cuore verde” dell’azienda Orange Fiber. Moda circolare made in Catania, nata da una startup tutta al femminile guidata da Enrica Arena.

Simil pelle dai funghi

Come alternativa anti fashion system alla pelle c’è anche un nuovo tessuto ricavato dai funghi: si chiama Muskin ed è stato ideato dall’azienda toscana Grado Zero, diventata centro di ricerca Pangaia.

Si tratta di una pelle vegana simile alla pelle scamosciata, creata con i funghi subtropicali Phellinus Ellipsoideus, ma trovati appunto anche in Centro Italia.

Filati dai fondi di caffè e dalle banane

Sempre in Toscana, troviamo il Black Coffee, filato naturale prodotto dai fondi di caffè, che garantisce un eccellente controllo degli odori, assorbendoli in maniera più efficace rispetto ad altre fibre.

E il Banano, fibra biodegradabile e antibatterica ricavata dallo scarto della raccolta delle banane, entrambe ideate dall’azienda Tessile Eco Bio.