Direttiva Città 30, FIAB: “Inapplicabile e in contrasto con Codice della Strada e indicazioni Ue”

L'analisi approfondita della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta alla Direttiva presentata dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

La FIAB, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, ha diffuso un’analisi approfondita dello schema di Direttiva presentato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mit) sulle limitazioni della Città 30.

Secondo gli esperti della FIAB, la proposta presentata dal Mit ignora l’evoluzione della normativa in tema di sicurezza stradale, è irragionevole e contrasta con il Codice della Strada, con il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e con le Direttive Comunitarie che ne costituiscono il fondamento.

In particolare, la FIAB evidenzia tre elementi fondamentali che rendono la proposta inapplicabile:

  • Il contrasto con le norme sovraordinate
  • La velocità, un fattore sottovalutato che non viene messo in relazione al tasso di mortalità
  • Una visione obsoleta del concetto di limite

Città 30, un minuto perduto, una vita salvata

Edoardo Galatola, il Responsabile Sicurezza della FIAB, ha chiarito che l’introduzione della Città 30 potrebbe significare la perdita di un minuto in un tragitto urbano, o al massimo due nel corso di una giornata, considerando sia l’andata che il ritorno. “Quanto tempo dedichiamo alla ricerca di un parcheggio? Un solo minuto del nostro tempo non vale un morto in meno?” si chiede Galatola. “L’assunto del decreto è proprio questo: un minuto perso non vale un morto in meno. È come se si affermasse che la sicurezza sul lavoro non è una priorità, perché non si deve compromettere la produttività. Nessun giudice assolverebbe chi applica una filosofia simile. E i morti sul lavoro rappresentano solo un terzo dei tremila morti annui sulla strada”.

L’analisi di FIAB vuole quindi portare l’attenzione sul contenuto della Direttiva che risulta non solo irragionevole ma anche, probabilmente, perseguibile penalmente.

Città 30: il parere di FIAB sulla direttiva del Ministro dei Trasporti

Galatola ha commentato la “Direttiva sulla disciplina dei limiti di velocità nell’ambito urbano” pubblicata il 24 gennaio 2024 dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Si tratta di un documento che non è ancora entrato in vigore, ma che sarà discusso dal Ministro con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.

Il decreto in questione, va precisato, non si applica alle città che hanno già abbracciato la filosofia delle Città 30, come ad esempio Bologna e molte altre che l’hanno preceduta e seguiranno. “In queste città – spiega il Responsabile Sicurezza della FIAB – non viene mai adottato un limite generalizzato di 30 km/h, ma si bilancia tra strade a cui si applica il limite più basso e strade il cui limite rimane a 50 km/h. Il Ministro Matteo Salvini sembra non considerare che dall’anno 1995 in Italia sono state legittimamente realizzate le Zone 30, aree urbane con un limite di velocità di 30 km/h inserite in un contesto di strade con limite di 50 km/h”.

Decreto sulle Città 30: contrasti e incongruenze con le normative esistenti

Secondo la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, il decreto pecca di totale irragionevolezza e contrasta con il Codice della Strada, con il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e con le stesse Direttive Comunitarie che ne costituiscono il fondamento.

Il provvedimento, che equipara la sicurezza delle persone alla velocità di spostamento, va in contrasto con l’articolo 1 del Codice stesso, il quale indica chiaramente, al comma 1, la sua finalità primaria: “Sicurezza, tutela della salute delle persone, tutela dell’ambiente nella circolazione stradale, rientrano tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato”. Tale principio è ribadito al comma 2, sottolineando i principi della sicurezza stradale e della mobilità sostenibile. La fluidità della circolazione, sottolineata nell’articolo, non implica l’esistenza di una velocità minima da raggiungere.

Il Comma 3 dell’articolo 1 ricorda che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti definisce il Piano nazionale per la sicurezza stradale al fine di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali in relazione agli obiettivi della Commissione Europea.

Il Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale 2030, vigente e approvato dal CIPESS, stabilisce chiaramente che dove possono verificarsi impatti tra veicoli e pedoni, la velocità dovrebbe essere limitata a 30 km/h (pag. 22). In ambito urbano, in seguito a una revisione della gerarchia delle strade, si propone una chiara individuazione della viabilità a 50 km/h e delle zone a 30 km/h (pag. 79). Questo piano, quindi, non può essere sconfessato e contraddetto dal decreto in questione.

Sicurezza stradale nell’Ue: una prospettiva completa

Il Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale (PNSS) si allinea alle risoluzioni comunitarie, come evidenziato dalla “Risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2021 sul quadro strategico dell’UE per la sicurezza stradale 2021-2030”. Questa risoluzione affronta l’obiettivo ambizioso di “zero vittime” partendo da considerazioni cruciali, spesso trascurate.

Punti Chiave:

A.  considerando che ogni anno circa 22.700 persone perdono ancora la vita sulle strade dell’UE e circa 120.000 rimangono gravemente ferite; che negli ultimi 10 anni oltre 11.800 bambini e ragazzi di età inferiore ai 17 anni sono stati uccisi in incidenti stradali nell’UE; che negli ultimi anni i progressi compiuti per ridurre il tasso di mortalità stradale si sono arrestati e, di conseguenza, l’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime della strada tra il 2010 e il 2020 non è stato raggiunto; che le cifre di cui sopra rappresentano un prezzo umano e sociale inaccettabile per i cittadini dell’UE e che i costi esterni degli incidenti stradali nell’UE rappresentano circa il 2 % del suo PIL annuo;

B.  considerando che l’UE si trova ad affrontare nuove tendenze e sfide nell’automazione che potrebbero avere un impatto enorme sulla sicurezza stradale; che è necessario far fronte al crescente fenomeno delle distrazioni dovute a dispositivi mobili; che, nel prossimo futuro, la presenza simultanea di veicoli con una vasta gamma di funzionalità automatizzate/connesse e di veicoli tradizionali in condizioni di traffico misto comporterà un nuovo rischio, soprattutto per gli utenti della strada vulnerabili come motociclisti, ciclisti e pedoni;

C.  considerando che i progressi tecnologici, la connettività, l’automazione e l’economia collaborativa offrono nuove opportunità per la sicurezza stradale e per affrontare la congestione, in particolare nelle aree urbane; che lo sviluppo delle sinergie tra le misure di sicurezza e le misure per la sostenibilità e il proseguimento del trasferimento modale verso modalità di trasporto pubblico e la mobilità attiva potrebbero portare a una riduzione delle emissioni di CO2, migliorare la qualità dell’aria e contribuire a sviluppare stili di vita più attivi e sani;

D.  considerando che i passeggeri di automobili che hanno ottenuto 5 stelle nel test Euro NCAP hanno un rischio inferiore del 68 % di subire lesioni mortali e un rischio inferiore del 23 % di subire lesioni gravi rispetto ai passeggeri di automobili a 2 stelle;

E.  considerando che la percentuale di vittime tra gli utenti vulnerabili della strada è in aumento, dal momento che gli automobilisti sono stati i principali beneficiari del miglioramento della sicurezza dei veicoli e di altre misure di sicurezza stradale; che il peso, la potenza e la velocità massima delle autovetture nuove vendute nell’UE stanno aumentando, il che comporta rischi maggiori per la sicurezza stradale; che la sicurezza dei motociclisti, dei ciclisti e dei pedoni deve essere affrontata con urgenza;

F.  considerando che ai motoveicoli a due ruote è imputabile il 17 % del totale delle vittime della strada, pur rappresentando soltanto il 2 % del totale di chilometri percorsi; che esistono grandi disparità tra i paesi; che l’UE dovrebbe attribuire priorità a ulteriori azioni per rafforzare la sicurezza di tali veicoli nel prossimo decennio;

G.  considerando che, secondo uno studio della Commissione, soltanto l’8 % dei decessi avviene sulle autostrade, il 37 % nelle zone urbane e il 54 % sulle strade extraurbane; che i nuovi investimenti e la corretta manutenzione delle infrastrutture esistenti per tutto il loro ciclo di vita sono fondamentali per la sicurezza stradale;

H.  considerando che non tutte le vittime di incidenti sono denunciate, il che distorce le statistiche disponibili; che è necessario sviluppare metodi di prova efficaci per determinare il numero effettivo delle vittime di incidenti stradali;

I.  considerando che garantire e far rispettare il comportamento sicuro degli utenti della strada, ad esempio viaggiare alla velocità giusta, utilizzare dispositivi di protezione come cinture di sicurezza e caschi, non guidare sotto l’effetto di alcol o sostanze stupefacenti e guidare, andare in moto o bicicletta e camminare senza distrazioni, è fondamentale per prevenire e ridurre gli incidenti stradali mortali;

J.  considerando che nella mobilità e nella sicurezza stradale vi sono disparità di genere, di età e di natura sociale;

K.  considerando che il conseguimento dei nuovi obiettivi dell’UE in materia di sicurezza stradale richiede sforzi più intensi e cooperativi per elaborare forti politiche europee di sicurezza stradale con le parti interessate, sostegno alla ricerca e all’innovazione, al fine di predisporre soluzioni politiche basate su dati solidi e su analisi di impatto nonché su un maggior numero di misure esecutive più mirate a livello nazionale e una cooperazione efficace in materia di applicazione transfrontaliera delle sanzioni;

L.  considerando che tra il 40 e il 60 % di tutti gli incidenti mortali legati al lavoro sono incidenti stradali che si verificano durante l’orario di lavoro o negli spostamenti casa-lavoro; che la stanchezza dei conducenti è un fenomeno comune sulle strade dell’UE;

M.  considerando che l’attuazione dei piani nazionali per la sicurezza stradale e del nuovo quadro strategico dell’UE per la sicurezza stradale richiedono risorse finanziarie stabili e sufficienti sia da parte degli Stati membri che del bilancio dell’UE;

Limiti di velocità urbani per la sicurezza stradale: la delibera 37

La delibera n. 37, considerando l’importanza cruciale della velocità nelle dinamiche degli incidenti stradali, propone una serie di raccomandazioni per migliorare la sicurezza stradale in ambito urbano. Tra i punti chiave troviamo:

  1. L’eccesso di velocità è un fattore determinante nel 30% degli incidenti mortali e in molti altri casi. Si invita la Commissione a sviluppare raccomandazioni per l’implementazione di limiti di velocità sicuri, seguendo l’approccio del “sistema sicuro”.
  2. Si propone l’adozione di limiti massimi di 30 km/ora nelle zone residenziali e in quelle con elevato traffico di ciclisti e pedoni. Tuttavia, si prevede la possibilità di limiti più elevati sulle arterie principali, garantendo adeguata protezione agli utenti vulnerabili della strada.
  3. Gli Stati membri sono esortati a priorizzare gli investimenti nel controllo della velocità e nella comunicazione sull’importanza della gestione della velocità.
  4. Si raccomanda l’applicazione di sanzioni dissuasive per il superamento dei limiti di velocità, inclusi sistemi di penalità a punti, e la valutazione di programmi di sensibilizzazione per i trasgressori ricorrenti.

Perché le città dovrebbero limitare la velocità a 30 km/h

Nelle città, il 73% degli incidenti e il 44% delle vittime (contro il 32% in Europa) evidenziano la peculiare situazione dell’ambito urbano, come sottolineato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2021. Il progresso tecnologico ha radicalmente cambiato il contesto rispetto a quando è stato scritto l’art. 142 comma 1. Oggi, l’80% delle vittime in ambito urbano sono utenti vulnerabili (pedoni, ciclisti e motociclisti), con una significativa riduzione della mortalità a velocità inferiori. L’adozione del limite di 30 km/h nelle città ha dimostrato un impatto positivo, dimezzando il numero di morti stradali secondo uno studio a Londra 1986-2006, con un potenziale risparmio di 5 miliardi di euro annui in Italia.

Tuttavia, sostenere l’inamovibilità del limite di velocità di 50 km/h, come previsto dall’art. 142 comma 1, sembra in contrasto con l’evoluzione dell’incidentalità urbana e con la crescente pressione comunitaria per raggiungere l’obiettivo di “zero vittime”. Anche la disposizione dell’art. 141, comma 6, che impone di non costituire intralcio alla circolazione, potrebbe risultare eccessiva, considerando la velocità media nelle città al di sotto dei 30 km/h.

È importante riconoscere che l’imposizione di limiti di velocità più bassi può migliorare la sicurezza stradale e l’ordinata regolazione del traffico, riducendo ingorghi e code. Un esempio può essere tratto dalla gestione delle safety car in autostrada, dove la riduzione della velocità massima contribuisce a una maggiore fluidità del traffico. Considerare soluzioni flessibili e adattabili alle dinamiche urbane attuali può essere essenziale per un sistema di circolazione sicuro ed efficiente.

Bilanciare sicurezza e tempi di viaggio: le evidenze delle città a 30 km/h

Infine, secondo FIAB, affermare che l’imposizione di limiti di velocità ridotti potrebbe causare intralcio alla circolazione è in contrasto con le evidenze sperimentali riscontrate in diverse città, tra cui Bologna, Bruxelles, Parigi e Barcellona, che hanno adottato un panel bilanciato di strade a 50 e 30 km/h. Su un percorso di 5 km, si osservano incrementi di tempo di percorrenza compresi tra i 10 secondi e i 2 minuti, differenza tra l’orario di punta e situazioni di traffico scorrevole. L’introduzione della Città 30 può comportare la perdita di un solo minuto in un tragitto urbano, massimo due considerando andata e ritorno durante una giornata. Questo, confrontato con il tempo dedicato alla ricerca di parcheggio, solleva la questione di quanto valga un minuto del proprio tempo in confronto a incidenti o vittime stradali.

Secondo la Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, l’assunto del decreto è chiaro: un minuto perso non vale un morto in meno. Questo principio è analogo a sostenere che la sicurezza sul lavoro non è una priorità, poiché non si deve compromettere la produttività. Tuttavia, applicare una filosofia simile nel contesto lavorativo verrebbe giudicato inaccettabile. Va notato che i morti sul lavoro rappresentano solo un terzo dei tremila morti annuali sulle strade.

FIAB conclude sostenendo che, il decreto, oltre ad essere irragionevole, solleva la questione della sua possibile perseguibilità penale.

Bologna Città 30: Lepore conferma, monitoraggio e confronto con il ministero

Intanto, il sindaco sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha annunciato che il progetto “Città 30” continua, confermando la validità delle ordinanze dopo la direttiva del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Lepore ha sottolineato che le incomprensioni riguardo al provvedimento, emerse nei giorni scorsi, sono probabilmente dovute a visioni diverse sulla mobilità e la mobilità sostenibile, ma non giustificano alcun passo indietro.

Oltre a Bologna, dove il limite di 30 chilometri orari interessa il 70% delle strade, anche altre città italiane stanno adottando la stessa strategia. Bergamo mira a raggiungere l’80% delle strade entro l’anno, e ci sono già modelli simili a Olbia, Treviso, Ancona e Palermo.

Lepore ha sottolineato l’impegno nel monitorare l’andamento del progetto, valutare l’impatto e apportare eventuali correzioni basate sui dati scientifici e sul feedback dei cittadini nei prossimi mesi. Tutte le decisioni assunte saranno condivise con il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.