Il 2023 avrebbe dovuto essere l’anno di svolta per le politiche ambientali dell’Italia, ma così non è stato

Anno con segno negativo per l'ambiente italiano, il governo ha infatti adottato una serie di provvedimenti che non hanno tutelato l'ambiente e le sue risorse

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il 2023 avrebbe dovuto rappresentare una svolta significativa per le politiche ambientali in Italia. Questa prospettiva era supportata dalla riforma della Costituzione, approvata nel febbraio 2022, che ha modificato gli articoli 9 e 41, inserendo l’ambiente e la sua tutela tra i principi fondamentali della nostra Carta. Questo passaggio è stato giustamente definito “epocale” e “storico”, ottenendo un consenso bipartisan, ad eccezione delle astensioni in vari momenti da parte di Fratelli d’Italia. Tuttavia, fino ad ora, questa modifica costituzionale non ha trovato applicazioni tangibili né nell’azione del governo né nell’attività legislativa del Parlamento.

Nonostante la riforma costituzionale abbia elevato l’ambiente a un pilastro fondamentale della nostra struttura istituzionale, il governo ha manifestato un evidente disinteresse nei confronti della tutela ambientale. Nel corso dell’ultimo anno, sembra essersi verificata una significativa regressione sia in termini di quantità che di qualità nella protezione della natura nel nostro Paese.

Ambiente: un anno di delusioni dopo la riforma costituzionale

A inizio legislatura, il WWF definì questo periodo come “essenziale”, sottolineando l’urgenza di adottare scelte concrete verso la sostenibilità per raggiungere gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità entro il 2030. Tuttavia, il percorso intrapreso è stato contrassegnato da passi indietro sia a livello normativo che culturale.

Le affermazioni e le prese di posizione negazioniste sul cambiamento climatico, insieme agli attacchi al mondo dell’ambientalismo da parte di alcuni membri dell’esecutivo e della maggioranza politica, accentuano le preoccupazioni. Un elemento aggiuntivo di allarme è rappresentato dalla poco conosciuta corsa verso l’Autonomia differenziata, la quale rischia di frammentare e rendere non omogenea la tutela del nostro Capitale Naturale, patrimonio di tutti i cittadini. Questo patrimonio, vincolato anche dalla recente riforma costituzionale in funzione “delle generazioni future”, sta subendo una minaccia crescente.

Italia: ritardi e passi indietro nella transizione ecologica

Il 2023 è stato dichiarato il più caldo mai registrato, con eventi climatici estremi che hanno colpito l’Italia,  ma il nostro Paese sembra non assumere un ruolo attivo nella transizione ecologica e nell’economia del futuro. Nonostante la necessità di abbandonare i combustibili fossili, il ministro Pichetto Fratin persiste nel promuovere il nucleare e i “biocarburanti”. Nel frattempo, il governo sembra incline a seguire le strategie dilatorie delle compagnie Oil&Gas partecipate anziché affrontare concretamente la loro riconversione.

La bozza di aggiornamento del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) continua a favorire il gas naturale, i biocombustibili e persino l’energia nucleare, rivelando una totale incoerenza con gli obiettivi e le tempistiche della transizione energetica ed ecologica. La mancanza di una legge per il clima, fondamentale per ancorare la sfida della crisi climatica nella legislazione, è evidente, nonostante il testo proposto dal WWF e dalle principali associazioni ambientaliste abbia ricevuto un’accoglienza positiva dall’Intergruppo parlamentare sul cambiamento climatico.

Ora spetta al Parlamento e al Governo agire di conseguenza, approvando un PNIEC che risponda alle osservazioni della Commissione Europea e funga da catalizzatore per la transizione, garantendo la partecipazione piena della società civile. In attesa dell’adozione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, del decreto sulle Aree idonee per le rinnovabili e dei decreti attuativi delle Comunità energetiche, nonché del Testo unico sulle Rinnovabili.

Bilancio negativo nella lotta alla perdita di biodiversità

Nella lotta alla perdita di biodiversità, sia il Governo che il Parlamento hanno deluso grandemente. Numerosi atti e provvedimenti adottati sembrano andare contro la fauna e la natura in generale, mentre il Ministro dell’Ambiente appare sempre più emarginato rispetto al Ministro dell’Agricoltura.

La Legge Finanziaria del 2022 ha incluso l’emendamento “caccia selvaggia“, consentendo lo sparo indiscriminato in parchi, aree protette e città durante tutto l’anno, senza alcuna logica apparente. Il ricostituito Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale, pur qualificato come sede tecnico-scientifica, sembra essere condizionato dalla lobby dei cacciatori, con un solo rappresentante di ISPRA su 17 membri.

Il Governo ha deluso anche a livello europeo, votando due volte contro l’approvazione della Nature Restoration Law, che prevede il ripristino del 20% degli ecosistemi entro il 2030. La tragica vicenda di Amarena, l’orso bruno marsicano ucciso in Abruzzo, ha evidenziato la necessità di informare sul valore della fauna selvatica e del nostro patrimonio di biodiversità, nonché di rafforzare le pene per chi commette reati simili.

L’Italia si avvia al 2024 senza una Strategia operativa per la conservazione della biodiversità 2020–2030, mettendo a rischio il fallimento degli obiettivi di arrestare la drammatica perdita di biodiversità che coinvolge il Paese e l’intero Pianeta. A complicare ulteriormente la situazione, si registra uno stallo totale nell’individuazione delle aree destinate alla protezione, che dovrebbero coprire il 30% del territorio entro il 2030.

Il governo italiano fa passi indietro sulle infrastrutture sostenibili

È riemersa la controversa proposta del Ponte sullo Stretto, un’opera dalle spese eccessivamente elevate e non giustificate (14,6 miliardi di euro, quasi un punto di PIL), senza una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e di cui non è ancora stata dimostrata la fattibilità costruttiva. Nel frattempo, il trasporto pubblico subisce ulteriori penalizzazioni, e l’Italia rimane indietro sugli investimenti necessari per contrastare il dissesto idrogeologico e la cementificazione del suolo.

La mancata proroga del Superbonus 110% nel 2024 ha eliminato un importante strumento per garantire interventi di efficientamento energetico, mentre il tema degli imballaggi monouso rivela una scelta contraria agli obiettivi europei di riduzione dell’usa-e-getta.

Italia: un freno alla sostenibilità alimentare

L’Italia ha vietato la produzione e l’immissione sul mercato della “carne colturale“, generando interferenze con le competenze dell’Unione Europea e bloccando la ricerca in questo settore. Questa decisione è stata fortemente influenzata dall’opposizione del mondo agricolo, in particolare da Coldiretti, che si è anche opposto a strategie di conservazione della natura a livello europeo, come la Restoration Law e il Regolamento Europeo per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.

Il rinnovo concordato per ulteriori 10 anni dell’utilizzo del Glifosato, uno dei pesticidi più diffusi e discussi, è stato notevole. Inoltre, il 2023 si è chiuso senza l’approvazione del Piano Pesticidi, scaduto nel 2019, permettendo così che una delle peggiori minacce alla biodiversità, l’uso di chimica nociva in agricoltura, proceda indisturbata.

L’Italia e il mare: tra trivelle, infrazioni e mancate protezioni

Il provvedimento “sblocca-trivelle” ha rilanciato la presenza e l’attività delle piattaforme offshore per l’estrazione degli idrocarburi, abbattendo vincoli normativi che proteggono l’ambiente, le popolazioni costiere e l’economia del mare.

I decreti attuativi della Legge Salvamare sono ancora assenti, rendendo questa legge una scatola vuota. L’Italia è in procedura di infrazione per la mancata implementazione del PGSM, con il WWF Italia, LIPU, Greenpeace e Marevivo che hanno inviato richieste senza ottenere risposte. Le proposte di PGSM non hanno adeguatamente considerato i cambiamenti climatici né individuato aree idonee per gli impianti di energia rinnovabile offshore. Questo ritardo comporta danni ambientali e socioeconomici, inclusa la mancata protezione del 30% dei mari richiesta dalla Strategia Europea per la Biodiversità al 2030.

L’Italia è in procedura di infrazione anche per la mancata definizione delle misure di conservazione di Siti Natura 2000 marini. Nonostante ciò, il Paese non ha presentato alla Commissione Europea gli impegni e la roadmap per raggiungere il 30% di mare protetto, che avrebbero dovuto essere annunciati entro il 2022.

L’implementazione del Piano del Mare, strategico per lo sviluppo delle attività marittime, deve essere seguita con attenzione per assicurare che la crescita Blu auspicata non danneggi le risorse marine già duramente colpite.