Tutti i versamenti e i prelievi effettuati sul conto corrente di un professionista o di un’azienda incidono sul reddito. Questo è in sintesi il sunto di due recenti ordinanze emanate dalla Corte di Cassazione in data 30 luglio 2024 – per essere precisi la numero 21220 e la numero 21214 – con la quale i giudici sono tornati a ribadire la propria posizione circa un tema molto importante e delicato allo stesso tempo: la presunzione bancaria, prevista dall’articolo 32, primo comma, n. 2, Dpr n. 600/1973. La novità dei due documenti è che le disposizioni valgono non solo per i redditi d’impresa, ma anche per quelli da lavoro autonomo. Ma entriamo un po’ nel dettaglio.
Indice
Conto corrente, attenzione ai versamenti
I lavoratori autonomi e le aziende devono prestare la massima attenzione ai versamenti e ai prelievi che effettuano sul proprio conto corrente. Il rischio è quello di scontrarsi con la cosiddetta presunzione bancaria.
Su questo argomento la Corte Costituzionale si era già espressa attraverso la sentenza n. 228/2014, attraverso la quale era stato sostanzialmente ritenuto illegittimo l’articolo di legge connesso con la presunzione bancaria, tanto da arrivare ad eliminare dal testo il termine compensi. I giudici avevano ritenuto che le presunzioni legali non dovessero essere completamente ritenute inapplicabili nel corso delle indagini finanziarie atte a determinare il reddito percepito dai lavoratori autonomi.
Soffermandosi nel dettaglio, i giudici, ad ogni modo, si sono espressi unicamente sulla non applicabilità della presunzione bancaria solo e soltanto sui prelievi effettuati dal conto corrente. E non, quindi, anche sui versamenti. Questa presa di posizione si può evincere anche andando a dare un’occhiata alla sentenza n. 228/2014, nella quale è possibile leggere che la violazione dell’articolo 53 della Costituzione è costituita dal fatto che:
Per il reddito da lavoro autonomo non varrebbero le correlazioni logico presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito d’impresa e il prelevamento sarebbe un fatto oggettivamente estraneo all’attività di produzione del reddito professionale, idoneo a costituire un mero indice generale di spesa.
L’interpretazione delle disposizioni di legge
Quanto abbiamo visto fino a questo momento, sostanzialmente, trova conferma nella prassi giurisprudenziale, che all’interno dell’articolo 32 trova una due differenti presunzioni:
- la prima è relativa ai versamenti, che sono sottoposti agli accertamenti fiscali e per i quali il contribuente deve dimostrare di averli considerati nella determinazione del reddito imponibile. In caso contrario deve dimostrare il motivo per il quale non abbiano rilevanza tributaria;
- la seconda è relativa ai prelievi: non devono essere considerati dei ricavi nel caso in cui il contribuente non indichi il soggetto beneficiario. O nel caso in cui non dovessero risultare dalle scritture contabili.
Fatte le succitate premesse, in più occasioni i giudici di varie Corti hanno ritenuto che l’illegittimità della norma in questione dovesse riferirsi sia ai versamenti che ai prelievi. Una presa di posizione che veniva fatta basandosi sull’assunto che nella formulazione, che risulta essere in questo momento in vigore, non è più presente il termine compensi.
Facendo leva su questa mancanza, un contribuente ha deciso di ricorrere in Cassazione, ritenendo che gli avvisi di accertamento oggetto delle due ordinanze di luglio fossero totalmente e completamente illegittime.
Conto corrente, vale la presunzione bancaria
I giudici di legittimità sono giunti, però, ad una conclusione completamente diversa. Andandosi a conformare con quanto deciso in precedenza dalla Corte di Cassazione – vedasi in questo caso la pronuncia n. 38691/2001 – ha precisato che non è cambiato nulla in merito alla presunzione bancaria prevista dall’articolo 32 del Dpr n. 600/1973.
Questo significa, in altre parole, che per i versamenti, che vengono effettuati in conto corrente di un professionista o di un lavoratore autonomo, debbano essere considerati in tutto e per tutto nella quantificazione del reddito. Il contribuente, inoltre, è tenuto a fornire eventuali prove contrarie alla relativa presunzione bancaria.
Secondo i giudici della Corte di Cassazione questa interpretazione trae spunto direttamente dall’articolo 32 citato in precedenza, almeno nella parte riferibile ai versamenti: nella parte originaria, infatti, viene utilizzato il termine reddito. Per quanto riguarda i prelevamenti veniva utilizzata la dicotomia ricavi/compensi: la cancellazione del termine compensi, quindi, non può che essere riferita alla sola presunzione dei prelievi.
Cosa comporta tutto questo? Ai fini pratici l’amministrazione finanziaria ha pieno diritto ad utilizzare i prelevamenti, che non siano riconducibili ad alcun beneficiario o non registrati nelle scritture contabili, per dimostrare l’inattendibilità delle scritture medesime. O anche solo per utilizzarle come elemento indiziario utile per dimostrare presunzioni semplici, comprovanti l’utilizzo da parte del libero professionista o dell’azienda delle somme prelevate per acquisti inerenti alla produzione del reddito.
Gestione del conto corrente, a cosa stare attenti
In altre parole il conto corrente, oltre ad essere un valido alleato del contribuente, lo è anche dell’Agenzia delle Entrate, che lo può utilizzare per verificare il reale reddito di un’impresa, di un lavoratore autonomo o di un libero professionista.
A finire sotto i riflettori, quindi, non ci sono solo i versamenti, che devono sempre corrispondere ad una fattura, ad uno scontrino o qualsiasi altro documento contabile. Ma anche i prelievi, che possono costituire un elemento per dimostrare che le scritture contabili e la documentazione contabile del contribuente non è attendibile.
I prelievi effettuati da un conto corrente, anche quando sono effettuati da un professionista o da un lavoratore autonomo, danno origine alla presunzione bancaria: possono essere utilizzati per delle operazioni in contanti che potrebbero permettere la produzione di reddito.
In altre parole, laddove è possibile è sempre meglio effettuare i pagamenti con carta di credito, bancomat o bonifico. E, se fosse necessario, avere un conto corrente per le spese personali.
In sintesi
Le operazioni effettuate in un conto corrente finiscono sempre sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate. A differenza di quanto si potesse pensare, anche quando si effettuano dei prelievi, che potrebbero essere utilizzati per produrre nuovo reddito.