Cos’è la “tassa rosa” e perché i prodotti femminili costano di più

C'è un divario di prezzo tra gli stessi prodotti destinati al pubblico maschile e tra quelli destinati alle donne, che costituisce la cosiddetta "tassa rosa"

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 27 Marzo 2019 13:10Aggiornato: 1 Aprile 2024 13:04

Penalizzate non solo sul posto di lavoro, dove a parità di responsabilità hanno degli stipendi più bassi, ma anche quando fanno la spesa. Le donne devono pagare di più alcuni beni di consumo. Si crea quella che è stata battezzata come tassa rosa, che va a discriminare sistematicamente tutte le donne. E che viene attuata, in estrema sintesi, con l’aumento del prezzo di determinati prodotti. Vogliamo fare un esempio: le lamette per la depilazione femminile, pur essendo identiche a quelle dei rasoi che utilizzano gli uomini per radersi la barba, arrivano a costare il 20% in più.

La tassa rosa non è, purtroppo, una novità degli ultimi mesi. Ma è conosciuta da fin tropo tempo.

Cos’è e come funziona la cosiddetta “tassa rosa”

Uno studio dimostra come le donne debbano spendere più degli uomini per gli stessi beni di consumo. Inoltre solo in Italia vige una tassa che pagano solo le donne.

Quasi sempre prodotti che hanno lo stesso materiale o la stessa qualità hanno infatti un prezzo differente. Come descritto da Report nel 2019, trasmissione televisiva d’inchiesta in onda sulla Rai, il divario è dato dal consumatore che utilizzerà quel determinato prodotto. Scarpe, profumi, deodoranti o prodotti per il corpo sono solo alcuni degli esempi classici che costringono le donne a pagare molto di più rispetto a quanto speso dagli uomini.

In media i profumi costano il 14% in più per le donne, i deodoranti invece si arriva al 50%, mentre per i prodotti per il corpo addirittura il 100%. Anche le scarpe da ginnastica in genere costano più per le donne che per gli uomini. Secondo una stima il prezzo aumenta del 10% se è destinato ad un pubblico femminile.

Si chiama “tassa rosa” e ne ha studiato l’impatto il portalo web “Idealo” che ha smascherato il sovrapprezzo. L’analisi ha coinvolto 30 mila negozi online ed è stato dimostrato che spesso e volentieri le donne devono pagare molto di più per lo stesso prodotto. Tutto questo dipende dalla capacità del pubblico femminile di valutare meglio i dettagli. Un merito viene quindi trasformato in punto debole.  L’Italia, insieme alla Spagna, è il Paese in Europa con la tassa rosa più alta di tutti. Per i profumi la differenza è di 9 euro ogni 100 ml, contro i 6 euro dell’Inghilterra e i 7 euro della Germania. La forte domanda su prodotti che danno una certa identità alla donna viene sfruttata a dovere dalle aziende. Così se si esalta la femminilità è più facile psicologicamente “convincere” ad acquistare ad un prezzo superiore.

In Italia poi c’è anche una tassa extra che tutti gli altri governi europei hanno abbassato. Si tratta del 22% di Iva che bisogna pagare per assorbenti e igiene femminile di base. Questi prodotti vengono identificati ancora come beni di lusso come gli apparecchi elettronici, superalcolici e pacchetti vacanze. Si tratta di una perdita di 50-70 milioni di euro di perdita per il gettito dello Stato, ma nonostante i tanti emendamenti presentati, anche nell’ultima Legge di Bilancio, non si è mai giunto ad una soluzione. Alle Canarie invece questa tassa è stata totalmente abolita. Un esempio da seguire anche per tutta l’Europa. Le Canarie ha piena autonomia fiscale e ha deciso di inserire gli assorbenti e igiene femminile di base come prodotti indispensabile.

Tassa rosa: un problema non solo italiano

La tassa rosa non è un problema unicamente italiano. Il Dipartimento degli Affari dei Consumatori di New York City, nel dicembre 2015, ha svolto una ricerca focalizzandosi sulle differenze di prezzo tra i prodotti pensati per il pubblico maschile e quelli pensati per il pubblico femminile. Ne è emerso un quadro sconcertante.

Dall’analisi effettuata è emerso che esiste un vero e proprio gap di prezzo, che viene creato proprio dalla tassa rosa, che è a tutti gli effetti un’imposta fantasma. Un esempio che è stato portato riguarda i giochi destinati alle bambine – che costerebbero il 7% il più rispetto a quelli dei maschi – e i prodotti per la cura della persona. In questa categoria i prodotti femminili sono arrivati a costare il 13% in più rispetto a quelli per il pubblico maschile.