Pensionati residenti all’estero, a quali controlli fiscali sono sottoposti

Spostare la residenza all'estero per risparmiare le tasse e riceve una pensione più alta è conveniente, in caso di ottimi accordi tra Stati. Ma bisogna stare attenti all'Agenzia delle Entrate

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 16 Febbraio 2025 09:35

Trasferirsi all’estero per godersi la pensione, in un luogo da fiaba con il sole tutto l’anno, è il sogno che accomuna molte persone. Forti di una pressione fiscale più benevola rispetto a quella italiana – che permette di ottenere un assegno previdenziale netto più alto – sono in molti a essersi trasferiti in Grecia, Tunisia o a Cipro (solo per fare alcuni esempi), per riuscire a risparmiare sulle tasse da versare ogni anno.

La scelta di trasferirsi all’estero è lecita, non vi è nulla di illegale nel trovare casa oltre confine e continuare a percepire la pensione. Tale decisione è però sottoposta a dei controlli ferrei da parte dell’Agenzia delle Entrate, che vuole evitare dei trasferimenti fittizi di residenza fiscale. I controlli che vengono effettuati hanno uno scopo ben preciso: accertarsi se un determinato soggetto sia ancora residente in Italia.

In pensione all’estero, quali accertamenti si rischiano

Gli accertamenti che l’Agenzia delle Entrate avvia sui pensionati residenti all’estero hanno un obiettivo ben preciso: verificare che non vengano effettuati dei trasferimenti di residenza fiscale fittizi. Questi hanno come unico scopo quello di ottenere delle agevolazioni fiscali. I controlli servono per capire se un determinato soggetto, che percepisce la pensione, si sia trasferito effettivamente all’estero e vi abbia spostato effettivamente il centro degli interessi vitali.

Ma quali sono i controlli che l’Agenzia delle Entrate effettua? L’Amministrazione finanziaria punta a scovare particolari situazioni, che possiamo sintetizzare come segue:

  • una residenza fiscale non effettiva. Il soggetto che percepisce la pensione è residente all’estero solo formalmente – perché magari è iscritto all’Aire -, ma trascorre la maggior parte dell’anno in Italia;
  • continua a mantenere dei legami economici o familiari rilevanti nel nostro Paese. Possedere delle proprietà immobiliari, un conto corrente o una qualsiasi attività d’impresa nel nostro paese costituiscono dei legami economici con l’Italia;
  • accede ai servizi sanitari italiani. La richiesta di una tessera sanitaria in Italia o l’aver beneficiato di una serie di cure nel nostro Paese sono un campanello d’allarme per l’AdE;
  • flussi bancari sospetti. Sotto la lente d’ingrandimento ci finiscono prelievi e bonifici dall’estero attraverso i quali si palesa una presenza stabile in Italia.

In quale modo l’AdE effettua le verifiche

Per effettuare gli accertamenti sui soggetti che percepiscono una pensione, l’Agenzia delle Entrate incrocia una serie di informazioni provenienti da diverse banche dati, tra le quali ricordiamo:

  • l’anagrafe tributaria;
  • l’Aire;
  • i pagamenti elettronici;
  • i movimenti bancari;
  • i transiti aeroportuali;
  • i dati sui voli;
  • le frequenze di spese effettuate con la carta di credito o il bancomat in Italia.

Come avviene l’accertamento

Gli accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate possono essere sintetizzati in alcuni punti ben precisi:

  • viene effettuata una segnalazione, con un’analisi preliminare: a seguito dell’incrocio di una serie di dati provenienti da Inps, banche o enti esteri, l’AdE inizia ad analizzare il profilo di un determinato contribuente;
  • vengono richieste delle informazioni: a questo punto gli uffici preposti inviano un questionario al soggetto sotto indagine o un invito a comparire per giustificare la residenza fiscale all’estero;
  • viene effettuata una verifica documentale: si controllano bollette, affitti, le transazioni bancarie e le eventuali spese sanitarie;
  • si conclude l’accertamento: nel caso in cui il pensionato non fosse riuscito a dimostrare la propria residenza all’estero, viene tassato come se fosse sempre stato in Italia. Ma non solo: gli potrebbero essere comminate delle sanzioni e richiesti gli eventuali interessi.

Le conseguenze di una contestazione

Percepire la pensione all’estero e non essere riusciti a dimostrare di non essere residenti in Italia può diventare problematico, sotto il profilo economico. Al soggetto che si trovasse in questa situazione viene richiesto il recupero delle imposte non versate, per un periodo che può arrivare fino ad 8 anni.

Ma non solo: viene irrogata una sanzione amministrativa per l’omessa dichiarazione, che può arrivare al 120% dell’imposta dovuta e non versata. oltre all’obbligo di pagare gli interessi di mora. Non bisogna dimenticare, inoltre, che potrebbero esserci anche le sanzioni legate al monitoraggio fiscale di attività patrimoniali e finanziarie di fonte estera non dichiarate: l’ammontare della multa oscilla tra il 3% e il 15% del valore dell’attività non dichiarata. Le percentuali sono raddoppiate nel caso in cui gli investimenti siano stati effettuati nei Paesi che sono nella Black List.

Come dimostrare la residenza all’estero

Il pensionato che volesse dimostrare la sua residenza all’estero deve produrre la seguente documentazione:

  • un contratto d’affitto o la documentazione che attesti la proprietà di un immobile all’estero;
  • le ricevute delle utenze, le spese sanitarie sostenute o gli eventuali acquisti: servono per dimostrare la presenza all’estero;
  • gli estratti conti bancari;
  • i documenti di viaggio, le ricevute degli alberghi e quant’altro serva a dimostrare di essere stato in Italia meno di 183 giorni.

I benefici della pensione all’estero

È davvero conveniente percepire la pensione all’estero? La risposta non è univoca, perché la tassazione dipende dagli accordi bilaterali contro la doppia imposizione che l’Italia ha stipulato con un determinato paese. Questi accordi si basano sul Modello OCSE di Convenzione fiscale, il quale distingue nettate tra:

  • pensioni private;
  • pensioni pubbliche.

Siamo davanti a una distinzione fondamentale per capire la convenienza di una scelta di vita.

Le pensioni che derivano da degli impieghi privati vengono tassate esclusivamente nel Paese di residenza del pensionato, sempre che la convenzione non preveda qualcosa di diverso. In questa tipologia di pensione rientrano quelle gestite dall’Inps, purché il lavoratore sia stato impiegato in un’azienda privata o sia stato un autonomo.

Le pensioni pubbliche, invece, sono tassabili esclusivamente nello Stato che le eroga, sempre che il beneficiario non sia cittadino e residente fiscale nel Paese estero e non sia cittadino dello Stato che eroga la pensione. Un ex dipendente pubblico, salvo le eccezioni previste nella convenzione bilaterale, sarà sempre tassato in Italia anche se si trasferisce all’estero.

Nell’elenco delle pensioni pubbliche troviamo:

  • pensioni di ex dipendenti statali (insegnanti, poliziotti, magistrati);
  • pensioni di ex militari;
  • pensioni di ex dipendenti di enti pubblici italiani.