Posso chiedere il risarcimento per un infortunio in palestra?

Si può ottenere il risarcimento per un infortunio in palestra? Sì, se il danno dipende da attrezzi difettosi o locali non sicuri. E la liberatoria firmata all’ingresso non basta a esonerare il gestore.

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

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Una distorsione al ginocchio durante un corso di gruppo, un bilanciere che cade per un difetto del supporto, uno scivolone negli spogliatoi appena lavati. L’infortunio in palestra non è un’eventualità rara e dietro a ciascun incidente si apre una questione delicata di responsabilità civile.

Quando risponde il centro sportivo per un infortunio in palestra

La responsabilità del gestore di una palestra si fonda sull’art. 2051 c.c., che stabilisce:

Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”

E’ una responsabilità oggettiva, quindi per il danneggiato è sufficiente dimostrare il nesso tra il danno e la cosa in custodia, senza dover provare la colpa del gestore. La palestra risponde ex art. 2051 c.c. se il danno deriva da una cosa in custodia, come attrezzi, pavimenti o spogliatoi; per liberarsi deve dimostrare un caso fortuito, cioè un evento imprevedibile e inevitabile. È il gestore a dover garantire la sicurezza delle strutture e degli impianti messi a disposizione.

A tale norma si affianca l’art. 2049 c.c.:

I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei domestici e dei commessi nell’esercizio delle incombenze cui sono adibiti.”

Pertanto, il gestore risponde anche degli errori o delle omissioni dei propri istruttori e dipendenti. In questo senso, la Cassazione ha precisato che chi gestisce un impianto sportivo deve garantire condizioni di sicurezza adeguate e risponde dei danni occorsi agli utenti sia per difetti delle strutture sia per condotte negligenti del personale (Cass. sent. n. 858/2008).

Cosa rientra nella “cosa in custodia”

La nozione di “cosa in custodia” comprende ogni elemento che la palestra mette a disposizione del cliente. Non si tratta solo dei macchinari usati per l’allenamento, ma anche dei locali e delle infrastrutture che consentono lo svolgimento dell’attività sportiva.

Un attrezzo difettoso che si rompe durante l’uso, un pavimento reso scivoloso dall’acqua senza che vi sia segnalazione di pericolo, uno spogliatoio con impianti elettrici o idraulici non sicuri: sono tutte ipotesi riconducibili nell’alveo dell’art. 2051 c.c. In questi casi, la responsabilità grava sul centro, salvo che il gestore provi il caso fortuito. Ad esempio, il comportamento abnorme e del tutto imprevedibile dell’utente che, non rispettando alcuna regola di prudenza, si procura da solo il danno.

Se il danno è causato da un altro cliente?

Può accadere che l’infortunio non dipenda da un difetto della palestra, ma dal comportamento di un altro utente. In questi casi si applica l’art. 2043 c.c., che impone a chi ha causato il danno di risponderne personalmente. Tuttavia, il centro sportivo non è del tutto estraneo, se l’evento si verifica per carenze di organizzazione o mancata vigilanza (una lezione sovraffollata o l’assenza di regole minime di sicurezza), la responsabilità può estendersi anche al gestore.

Il ruolo dell’istruttore e del personal trainer

L’attività dell’istruttore non si limita a impartire nozioni tecniche, ma comporta un obbligo di vigilanza sull’andamento dell’allenamento e sulla sicurezza dell’ambiente. La Cassazione ha chiarito che chi assume la guida tecnica di un’attività sportiva è tenuto non solo a indicare gli esercizi, ma anche a controllare che vengano svolti in condizioni sicure, intervenendo quando l’allievo usa in modo scorretto un attrezzo o si espone a rischi evidenti (Cass. pen. sent. n. 31734/2014). Se l’istruttore impartisce indicazioni scorrette o omette la vigilanza sull’uso di un macchinario, la responsabilità si estende al centro ai sensi dell’art. 2049 c.c.

Ciò significa che:

Se l’infortunio è causato da un errore dell’istruttore, ad esempio indicazioni scorrette nell’uso di un macchinario, mancata vigilanza su esercizi rischiosi o assenza di assistenza in sala l’utente può agire nei confronti del centro sportivo.”

Nel caso dei corsi di gruppo, l’istruttore non può seguire ogni partecipante passo per passo, ma è comunque obbligato a predisporre misure idonee a ridurre i rischi: posizionare correttamente gli attrezzi, fornire indicazioni chiare a tutta la classe, interrompere l’attività in presenza di pericoli immediati. Diverso è il caso del personal training. Qui l’istruttore ha un obbligo di controllo ben più penetrante, l’allievo paga per ricevere assistenza personalizzata e si affida alle indicazioni del trainer. Un mancato intervento in questo contesto costituisce una violazione diretta del dovere di vigilanza.

La liberatoria firmata all’iscrizione è sempre valida

Al momento dell’iscrizione in palestra spesso viene proposta una liberatoria con cui l’utente dichiara di sollevare il gestore da ogni responsabilità in caso di infortunio. Tuttavia, queste clausole, non hanno un valore assoluto.

Infatti, l’art. 1229 c.c. stabilisce che:

È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.”

Ne consegue che la liberatoria può avere efficacia solo nei casi di colpa lieve, cioè quando il danno è legato a piccoli rischi insiti nell’attività sportiva. Non può invece coprire situazioni in cui la palestra abbia omesso la manutenzione delle strutture, lasciato in uso attrezzi difettosi o non abbia adottato le misure minime di sicurezza. In tali ipotesi, la clausola è nulla e l’utente conserva pieno diritto al risarcimento.

Esonero per colpa lieve e nullità per colpa grave

La colpa lieve riguarda i rischi minori e prevedibili, connaturati all’attività sportiva. Ad esempio, una lieve distorsione dovuta all’uso corretto di un attrezzo, pur in condizioni regolari di sicurezza. Diverso è il caso della colpa grave o del dolo, che l’art. 1229 c.c. considera non derogabili. Se la palestra consente l’uso di un macchinario non revisionato, omette la segnalazione di un pavimento bagnato o ignora difetti strutturali già noti, la clausola di esonero è priva di valore. La giurisprudenza è costante nell’affermare che non è possibile sottrarsi alla responsabilità quando il danno deriva da negligenza grave, perché la tutela dell’integrità fisica dell’utente prevale sull’autonomia contrattuale. Conforme anche la giurisprudenza di merito, che ha annullato clausole volte a esonerare integralmente la palestra, ritenendole vessatorie e contrarie a norme imperative. Per questo, anche in presenza di una liberatoria firmata, l’utente che si infortuna a causa della mancata manutenzione di un macchinario o di locali non sicuri mantiene intatto il diritto a chiedere il risarcimento.

Quali prove servono per ottenere il risarcimento

In caso di infortunio in palestra, il danno da solo non basta, deve essere dimostrato con prove idonee. L’art. 2051 c.c. impone all’utente che agisce per il risarcimento di provare l’esistenza del danno e il nesso causale con la cosa in custodia.

I referti ospedalieri o del pronto soccorso costituiscono la base documentale per attestare l’entità e la natura della lesione. A questi è utile affiancare foto che ritraggano il luogo esatto in cui l’incidente è avvenuto: il pavimento reso scivoloso, l’attrezzo difettoso, l’assenza di segnaletica o barriere di sicurezza. Inoltre, possono avere peso le testimonianze di altri utenti presenti in sala o del personale stesso. I nominativi dei testimoni vanno raccolti subito, perché il ricordo degli eventi tende a sbiadire col tempo. È consigliabile anche conservare le comunicazioni inviate alla palestra dopo l’incidente: email, PEC, segnalazioni scritte, che contribuiscono a fissare il contesto fattuale.

Se il comportamento dell’utente ha contribuito all’infortunio, il risarcimento può essere ridotto in proporzione al grado di colpa concorrente, secondo quanto previsto dall’art. 1227 c.c.”

Assicurazione della palestra e risarcimento dei danni

Molte palestre stipulano polizze di responsabilità civile per tutelarsi dagli infortuni che possono colpire i clienti. Tuttavia, la presenza di una copertura assicurativa non attribuisce in automatico all’utente il diritto di rivolgersi direttamente alla compagnia.

L’art. 1917 c.c. dispone che:

L’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare a un terzo, in conseguenza della responsabilità dedotta in contratto.”

Nelle polizze RC stipulate dalle palestre il cliente non può agire direttamente contro la compagnia: l’assicuratore tiene indenne l’assicurato. L’azione diretta è ammessa solo in casi particolari, come la RC auto (art. 144 Cod. Ass.). In sostanza, l’utente deve sempre rivolgere la richiesta di risarcimento al centro sportivo; sarà quest’ultimo ad attivare la copertura assicurativa, nei limiti di massimale e franchigia previsti dal contratto.

In quanto tempo si prescrive il diritto al risarcimento?

Il diritto al risarcimento per un infortunio in palestra non è illimitato: l’art. 2947 c.c. stabilisce che si prescrive in 5 anni dal giorno dell’evento. Ciò significa che l’azione deve essere esercitata entro quel termine, altrimenti il diritto si estingue. La prescrizione può però essere interrotta da atti formali, come una diffida scritta o una PEC al centro sportivo, in tal caso il tempo già trascorso si azzera e inizia a decorrere nuovamente.