Portare via il cane al partner dopo una rottura è possibile?

Portare via il cane al partner dopo una rottura non è consentito senza accordo o intervento del giudice. Occorre dimostrare proprietà, prove della cura e del rapporto quotidiano, altrimenti rischia conseguenze legali.

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

Avvocato civilista con passione per la scrittura, rende il diritto accessibile attraverso pubblicazioni mirate e consulenze chiare e personalizzate.

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Se l’amore finisce oltre ai i ricordi o le abitudini quotidiane, spesso resta in sospeso anche il destino di affetti innocenti: gli animali domestici. Sempre più coppie, al momento della separazione, affrontano un dubbio carico di emozioni: “Chi terrà il cane?”. Parimenti ad altri interessi anche la sorte del nostro amico a quattro zampe può trasformarsi in un terreno di battaglia legale ed emotiva.

Chi ha diritto a tenere il cane dopo una separazione?

La legge non prevede ancora una disciplina ad hoc sull’affidamento degli animali in caso di separazione, sia tra coniugi che tra conviventi. Tuttavia, il tema ha ricevuto una crescente attenzione da parte dei tribunali, che hanno riconosciuto il valore affettivo e la centralità dell’animale nel nucleo familiare.

Di fatto, il diritto di affidamento del cane dopo una separazione viene valutato caso per caso, applicando principi di diritto comune, la normativa sul possesso e la tutela degli animali domestici.”

L’animale domestico è formalmente un bene mobile (art. 812 c.c.), ma la l. n. 189/2004 ha riconosciuto agli animali una tutela particolare come esseri senzienti. Anche le recenti pronunce di merito – anche grazie all’evoluzione culturale e normativa- l. n. 220/2012 e la riforma dell’art.1138 c.c. sugli animali in condominio – hanno iniziato a valorizzare il legame affettivo tra animale e proprietario o custode abituale.

Non è raro che il giudice disponga un affidamento che tenga conto dell’interesse prevalente dell’animale e delle abitudini di vita consolidate, proprio come accade per i figli minori.”

In mancanza di un accordo tra le parti, la decisione su chi resta con il cane dopo una rottura si fonda su elementi concreti: chi se ne è preso cura quotidianamente, chi lo ha iscritto all’anagrafe canina obbligatoria per legge (D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320), chi provvede alle spese veterinarie e di mantenimento.

Nelle coppie non sposate la situazione è più complessa, perché manca la disciplina delle separazioni dei coniugi. Il giudice può valutare sia la proprietà formale dell’animale sia il rapporto affettivo instaurato con ciascuna parte, anche in relazione alla stabilità e al benessere del cane stesso.

La giurisprudenza più sensibile al tema ha iniziato a parlare di vero e proprio “diritto di visita” anche in favore dell’ex partner non affidatario, riconoscendo che l’animale domestico non può essere considerato solo un oggetto, ma parte della famiglia.

Affidamento del cane tra ex conviventi: quali criteri valuta il giudice?

In assenza di una normativa, la giurisprudenza ha costruito una serie di criteri per orientare il giudice nella decisione su chi debba tenere l’animale domestico dopo la rottura della convivenza.

Il primo criterio che il giudice valuta è la proprietà formale del cane: chi risulta iscritto all’anagrafe canina e a nome di chi sono le ricevute delle spese veterinarie o dei microchip? Tuttavia, il dato formale non è mai sufficiente, perché l’affidamento del cane tra ex conviventi deve tener conto anche del rapporto affettivo che si è instaurato con ciascun partner e della quotidianità dell’animale. Per questo, il giudice prende in considerazione le prove concrete della convivenza con l’animale domestico e di chi si sia effettivamente occupato del suo benessere.

Tra i criteri usati rientrano la capacità di garantire stabilità e continuità delle abitudini di vita del cane, la presenza di un ambiente idoneo nella nuova abitazione, e la disponibilità di tempo e risorse da dedicare all’animale. È importante anche la dimostrazione della volontà di entrambi di continuare a occuparsi dell’animale: in alcuni provvedimenti, il giudice ha favorito accordi stragiudiziali che regolano la gestione condivisa o i “turni” di affidamento, proprio per tutelare il benessere del cane.

In casi più complessi, anche se formalmente il cane è registrato a nome di uno solo dei conviventi, se l’altro riesce a dimostrare un forte legame affettivo e una cura costante, il giudice può decidere in modo diverso da quanto risulta dai documenti.

Posso portare via il cane al mio ex partner? Cosa rischia chi prende l’animale senza consenso

Dal punto di vista giuridico, sottrarre l’animale domestico senza un accordo o una decisione del giudice equivale a una vera e propria violazione della proprietà, anche quando si è stati entrambi affettivamente legati al cane. In Italia, infatti, il cane è considerato un bene mobile e chi lo prende senza permesso rischia conseguenze legali rilevanti.

Chi si appropria del cane senza il consenso dell’altro ex partner può essere denunciato per sottrazione di animale domestico.”

Le autorità potrebbero configurare tale condotta come esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 c.p.), oppure, nei casi più gravi, come furto (art. 624 c.p.), specie se l’animale è formalmente intestato all’altro e viene sottratto in modo illecito. Non bisogna sottovalutare che, in assenza di un provvedimento del giudice che regoli l’affidamento, nessuno può “farsi giustizia da solo”. Le conseguenze per chi prende il cane senza permesso possono includere sia il dovere di restituzione immediata dell’animale sia una responsabilità civile.

Affido condiviso del cane: come funziona e quando conviene

L’affido condiviso del cane si basa su un accordo, preferibilmente scritto, che stabilisce modalità e tempi di permanenza del cane presso ciascun ex partner, molto simile a quanto accade per l’affidamento dei figli minori. L’accordo può essere raggiunto tra le parti o formalizzato dinanzi al giudice, soprattutto se il rapporto tra gli ex è conflittuale.

L’affido condiviso degli animali prevede una gestione a turni: il cane trascorre periodi alterni presso ciascun proprietario o affidatario, secondo una pianificazione che tenga conto sia delle esigenze dell’animale sia delle disponibilità dei padroni. Si può scrivere un accordo di affidamento dell’animale che disciplini anche la suddivisione delle spese veterinarie, la scelta del veterinario di fiducia, la gestione dei viaggi o delle vacanze.

I vantaggi dell’affido condiviso sono evidenti se entrambi gli ex partner desiderano mantenere un legame con l’animale. Tuttavia, l’affido condiviso non è sempre la scelta più indicata: può diventare fonte di stress per il cane se la separazione degli spazi o dei ritmi di vita non viene gestita con equilibrio, o se il rapporto tra gli ex partner è caratterizzato da forti conflittualità.

Il giudice, quando chiamato a decidere, tende a privilegiare accordi che garantiscano la stabilità e il benessere dell’animale.

Documenti e prove per ottenere l’affidamento del cane in caso di conflitto

Quando la separazione tra ex partner sfocia in un conflitto per l’affidamento del cane, la differenza la fanno i documenti e le prove che attestano il reale rapporto quotidiano con l’animale. Ai fini dell’affidamento, rileva la prova della proprietà formale: il certificato di iscrizione all’anagrafe canina, intestato a uno dei due, costituisce un primo elemento rilevante. Per rafforzare la propria posizione, occorre presentare ricevute di spese veterinarie, scontrini per alimenti, polizze assicurative, fotografie che documentino la presenza costante con il cane, chat o email in cui si organizzavano le cure dell’animale, e testimonianze di vicini o amici che possano confermare la quotidianità del rapporto. In molti casi, sono determinanti anche i documenti di microchippatura, i libretti sanitari e tutte le prove di partecipazione alle attività con il cane, come corsi di addestramento o eventi.