Home sharing, come gestire l’attività dal punto di vista legale e fiscale

In Italia ha molto successo l'attività di home sharing, che consiste nel dare in affitto un immobile per brevi periodi. Ecco come gestirla fiscalmente

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Uno degli strumenti utilizzati per effettuare gli investimenti immobiliari è l’home sharing. Attraverso questo strumento viene data in affitto una seconda casa – generalmente al mare, in montagna o in una città d’arte – a dei turisti. Nel corso degli ultimi anni l’home sharing si è diffuso a tal punto da aver cambiato la fisionomia di molte città, arrivando a ridurre il numero delle abitazioni messe a disposizione degli abitanti di una città per metterle a disposizione dei turisti.

Ma cerchiamo di capire meglio come funzioni l’home sharing e come deve essere gestito sotto il profilo fiscale.

In cosa consiste

L’home sharing è uno strumento che permette di ottenere una fonte di reddito da un immobile dandolo in locazione ai turisti. Sotto il profilo strettamente amministrativo e fiscale viene sfrutta la normativa degli affitti brevi, previsti dall’articolo 4 del Decreto Legge n.50/17. Questa normativa permette al proprietario dell’immobile di darlo in locazione ad uso abitativo. Da un punto di vista strettamente economico, l’operazione risulta essere vantaggiosa, perché all’interno del bene vi è un elevato turn over, riducendo al minimo i rischi di insolvenza. Anche l’ospite può beneficiare di una serie di vantaggi, che spesso e volentieri non si limitano a quelli offerti da altri tipi di strutture abitative.

L’home sharing è un modello di business molto ben avviato in Italia, tanto da aver dato il via ad una serie di attività collaterali. Sono nati, solo per fare degli esempi:

  • dei portali online, che permettono di effettuare le prenotazioni e fungono da veri e propri intermediari tra i turisti e i proprietari. Il più famoso è sicuramente Airbnb;
  • degli intermediari – definiti host o property manager – che affiancano turisti e proprietari in tutte le fasi: dalla prenotazione fino all’entrata dell’ospite nella struttura. E li accompagnano nel corso del successivo rilascio dell’immobile.

Grazie all’home sharing l’immobile messo a reddito può generare un importante flusso economico per il proprietario. Quindi è importante comprendere correttamente come gestire le vari fase dell’operazione, per non incorrere in problemi con il fisco.

Il ruolo del proprietario nell’operazione

Il proprietario di un immobile può svolgere direttamente l’attività di home sharing. Ha la possibilità di gestire in maniera diretta tutta la procedura. Il primo passo è quello di pubblicare gli annunci sui portali di prenotazione; gli ultimi sono la gestione dei check-in e check-out degli ospiti all’interno dell’abitazione. In alternativa è possibile delegare a terzi la gestione del business: in questo caso entra in gioco una figura specializza. Un professionista chiamato host o property manager.

Essenzialmente è l’intermediario immobiliare, che deve trattarsi di un agente dotato di relativo patentino. Gli agenti immobiliari, infatti, sono gli unici professionisti che possono intervenire nella vendita e nelle locazioni degli immobili.

Quale normativa fiscale deve essere applicata

La normativa fiscale che si deve applicare all’home sharing è quella relativa alle locazioni turistiche, che sono state regolamentate per la prima volta attraverso il Decreto Legge n. 50/2017. Attraverso questo provvedimento il legislatore ha fornito un’indicazione precisa e dettagliata delle locazioni brevi turistiche. Possono essere definite come home sharing i contratti che hanno i seguenti requisiti:

  • abbiano come oggetto esclusivo gli immobili abitativi. Non vengono prese in considerazione le pertinenze;
  • la durata deve essere inferiore a 30 giorni e non sono soggetti alla registrazione presso l’Agenzia delle Entrate;
  • devono essere stipulati da persone fisiche.

All’interno del contratto di home sharing è necessario disciplinare anche le prestazioni dei servizi accessori, tra le quali rientrano la fornitura della biancheria per la camera ed il servizio di pulizia finale dei locali.

Perché è importante il contratto

Un aspetto da tenere a mente è il contratto: quelli di locazione immobiliare devono sempre essere redatti per iscritto. Nel caso in cui la durata sia inferiore a 30 giorni, non vige l’obbligo di registrarli presso l’Agenzia delle Entrate. È necessario precisare che la mancanza dell’obbligo di registrazione non si trasforma, in automatico, nella possibilità di sottoscrivere un contratto verbale, anche se nella realtà dei fatti sono in pochi ad assolvere questo obbligo in questo modo. La legge, comunque, prevede che il contratto sia per iscritto, anche se non è necessario registrarlo.

Ma cosa dovrebbe contenere il contratto? Sarebbe opportuno indicare le regole di permanenza, in modo da evitare contestazioni o eventuali controversie legali. Può capitare, ad esempio, che l’inquilino non lasci l’alloggio nei tempi stabiliti. O che procuri dei danni all’immobile.

Gli adempimenti fiscali

Quando si svolge un’attività di home sharing è necessario pagare le tasse sui canoni di locazione che sono stati percepiti. Quando si percepiscono dei canoni da locazione è sempre obbligatorio indicarli nella dichiarazione dei redditi, indipendentemente che si presenti il Modello 730 o il Modello redditi Pf.

Sono due i regimi di tassazione a cui sono sottoposti i canoni di locazione:

  • la tassazione Irpef, secondo la propria aliquota;
  • la cedolare secca.

Tassazione Irpef

Nel caso in cui il contribuente dovesse optare per la tassazione Irpef, il reddito di locazione deve essere indicato all’interno del quadro Rb del Modello Redditi Pf, nel quale entrano i cosiddetti redditi fondiari.

Se il proprietario dovesse aver effettuato più canoni di locazione, al suo interno devono essere indicati tutti i redditi percepiti. Si può beneficiare di una deduzione del 5% del reddito a titolo forfettario per le spese sostenute.

Cedolare secca

La cedolare secca può essere applicata alle locazioni brevi turistiche. Anche in questo caso deve essere indicata nella dichiarazione dei redditi. Per scegliere questa opzione è necessario indicarla nel quadro Rb, in corrispondenza del rigo che indica l’immobile locato.

In questo caso viene applicata un’aliquota sostitutiva dell’Irpef, pari al 21% nel caso di locazione di un solo immobile che sale al 26% nel caso in cui gli immobili dovessero essere fino a quattro. Quando si concedono in locazione più di quattro immobili viene considerata attività svolta a livello professionale, ed è necessario aprire la partita Iva.