Alcuni reati tributari sono strettamente connessi tra di loro. Un caso in questo senso è costituito dall’imputazione fittizia di redditi e dalla dichiarazione fraudolenta: la prima, almeno nella maggior parte dei casi, costituisce la condotta sulla quale si basa la seconda. In questo contesto diventa interessante quanto previsto dalla Corte di Cassazione la quale, con la sentenza n. 37939/25, ha precisato che l’imputazione dei redditi in modo fittizio ad un soggetto diverso da quello che effettivamente li matura non può essere considerato un abuso fiscale ai sensi dell’ex articolo 10-bis della Legge n. 212/2000, ma al massimo può essere configurata come dichiarazione fraudolenta che si è concretizzata attraverso altri artifici, come previsto dall’articolo 3 del Dlgs n. 74/2000.
Ma perché è importante soffermarsi su questa decisione della Corte di Cassazione? Perché una decisione in questo senso permette di delineare quali debbano essere le condotte corrette da tenere con la gestione dei redditi e in quali casi fuoriescono completamente dall’area della semplice pianificazione fiscale aggressiva per diventare dei veri e propri reati di rilevanza penale (almeno sul fronte tributario).
Indice
Imputazione fittizia di redditi (o interposizione fittizia)
Per comprendere appieno quanto deciso dalla Cassazione è importante capire quale sia lo scopo dell’imputazione fittizia di redditi, anche conosciuta come interposizione fittizia.
È, in estrema sintesi, l’operazione attraverso cui un determinato contribuente titolare effettivo dei redditi li attribuisce (solo in apparenza) a un soggetto diverso, che ne diventa il titolare apparente o prestanome.
Gli scopi di questa operazione sono molto semplici:
- eludere la normativa fiscale, riuscendo a beneficiare di un regime impositivo più favorevole, andando a sfruttare la minore aliquota del prestanome (solo per fare un esempio);
- sottrarre beni o redditi a misure di prevenzione patrimoniale o a delle esecuzioni.
Come vedremo successivamente, secondo la Corte di Cassazione questo comportamento non determina in sé e per sé un abuso del diritto, ma può rientrare in un più ampio contesto di frode fiscale e integrare, a ogni modo, gli estremi di un reato.
Dichiarazione fraudolenta
Prevista dal Dlgs n. 74/2000, la dichiarazione fraudolenta è un vero e proprio reato penale e si viene a configurare nel momento in cui un contribuente, per evadere le imposte sui redditi o l’Iva, decide di presentare una dichiarazione mendace.
Esistono due strade per raggiungere questo scopo:
- possono essere utilizzate delle fatture o degli altri documenti per effettuare delle operazioni inesistenti (da un punto di vista pratico questa situazione si viene a realizzare nel momento in cui il contribuente dichiara elementi passivi fittizi, come spese inesistenti, avvalendosi di una serie di documenti falsi);
- attraverso altri artifici (in questo caso siamo davanti a una dichiarazione infedele ottenuta a seguito di una serie di condotte fraudolente complesse ed organizzate).
Vi abbiamo già parlato in passato della dichiarazione infedele.
Il legame tra i due concetti: cosa dice la legge
L’imputazione fittizia di redditi, spesso e volentieri, rientra nella fattispecie della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Attraverso l’interposizione fittizia il titolare effettivo occulta i propri redditi attribuendoli ad altri e in un secondo momento presenta una dichiarazione dei redditi che non rispecchia la sua reale capacità contributiva.
Per riuscire a comprendere appieno quale sia la portata della sentenza della Cassazione è bene richiamare velocemente la normativa di settore.
Interposizione fittizia
A stabilire cosa sia l’interposizione fittizia è l’articolo 37, comma 3, del Dpr n. 600/73, che stabilisce quanto segue:
Sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona.
Siamo davanti a una norma antielusiva, il cui scopo è quello di permettere all’amministrazione finanziaria di riattribuire i redditi al soggetto che li ha maturati effettivamente. In questo modo viene disconosciuta l’interposizione fittizia di persone fisiche o giuridiche.
Abuso di diritto
Vengono definite come abuso del diritto fiscale – che è stato introdotto e riformulato dal Dlgs n. 128/15 – le operazioni prive di sostanza economica, anche se hanno rispettato, almeno formalmente, le norme. Il loro scopo è quello di realizzare dei vantaggi fiscali indebiti.
Al comma 12 viene stabilito che:
L’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando le violazioni di specifiche disposizioni tributarie.
Altro principio fondamentale viene stabilito dal comma 13:
Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie.
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici
Su questo argomento particolarmente importante è l’articolo 3 del Dlgs n. 74/2000, che sostanzialmente punisce chi:
Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 4, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria.
Il contribuente infedele centra questi obiettivi indicando all’interno della dichiarazione dei redditi degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi nel momento in cui l’imposta evasa risulta essere superiore a 30.000 euro.
La sentenza della Corte di Cassazione
In questo contesto molto più ampio si va ad inserire la sentenza n. 37939/2025 della Corte di Cassazione, attraverso cui viene introdotta una netta distinzione tra l’imputazione fittizia dei redditi e l’abuso di diritto.
La sentenza ha stabilito alcuni principi chiave.
I giudici della Suprema Corte hanno stabilito che l’imputazione fittizia di redditi a un soggetto diverso rispetto a quello che li ha realmente realizzati non rientra nell’alveo dell’abuso di diritto così come previsto dall’articolo 10-bis della Legge n. 212/2000.
Per quanto riguarda la dichiarazione fraudolenta, nel momento in cui è finalizzata all’evasione fiscale, integra il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.