Scoperto nuovo maxi giacimento di gas: dove e cosa cambia

Un pozzo da 70 miliardi di metri cubi a due passi da casa nostra. L'occasione per slegarci dalla dipendenza russa è ghiotta, ma gli ostacoli non mancano. Turchia in primis

Pubblicato: 24 Agosto 2022 19:07

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Sono ormai mesi che l’Italia e l’Europa lavorano per superare la dipendenza energetica dalle forniture russe. Nonostante gli accordi raggiunti con altri Paesi produttori, la situazione appare ancora complessa. Una svolta potrebbe però arrivare da un annuncio diramato da Eni: la scoperta di un maxi giacimento di gas naturale al largo di Cipro, il più grande del Mediterraneo e uno dei maggiori al mondo.

La novità potrebbe mutare gli equilibri geopolitici ed energetici del Vecchio Continente e dell’intera area del Mediterraneo. Restano però diversi nodi da sciogliere, che vanno dalle infrastrutture alle rivendicazioni della Turchia. E col premier Mario Draghi che intanto annuncia piani per il risparmio di gas a intensità crescente e invoca ancora una volta un tetto al prezzo dell’energia che viene importata in Europa.

Quanto vale il nuovo giacimento nel Mediterraneo

Dopo la scoperta dei giacimenti di Zohr e Nohr in Egitto del 2015 e il Calypso-1 in loco, ora tocca al pozzo Cronos-1, individuato nel cosiddetto blocco 6 a circa 160 chilometri dall’isola di Cipro, a una profondità di 2.287 metri. Le prime stime indicano la presenza di circa 2,5 Tcf (trilioni di piedi cubi, pari a circa 70 miliardi di metri cubi) di gas in posto, “con un significativo potenziale aggiuntivo” ancora da valutare. La qualità della risorsa sono state definite, a un primo esame, “da buona a eccellente”.

L’interesse di Eni

In una nota Eni spiega come la scoperta “crei le condizioni per portare a sviluppo ulteriori potenziali volumi di gas nella regione”, specificando come il blocco sia operato da Eni Cyprus con una quota del 50% in partnership con TotalEnergies.

Eni è presenta a Cipro dal 2013 e negli anni è riuscita ad aggiudicarsi diverse concessioni, tanto che l’area è stata divisa in blocchi. Il colosso italiano opera nei blocchi 2, 3, 6, 8 e 9 e detiene partecipazioni nei blocchi 7 e 11 operati da TotalEnergies.

L’importanza della scoperta e dell’area

A restituire l’importanza della scoperta e dell’area in cui avvenuta contribuiscono anche le parole del vicepresidente di TotalEnergies, Kevin McLachlan, il quale sottolinea da parte sua l’individuazione di risorse a bassi costi tecnici e a basse emissioni di carbonio. Un contributo significativo “alla sicurezza energetica, inclusa la fornitura di ulteriori fonti di approvvigionamento di gas naturale all’Europa”.

La questione del pozzo Cronos-1 ridisegna gli equilibri dell’intera area, coinvolgendo anche Qatar, Israele ed Egitto. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il settore dell’energia è diventato ancora più centrale nelle dispute internazionali. I Paesi che affacciano sul mare nostrum hanno tutto l’interesse nel raggiungere una pax energetica basata sulla sicurezza delle infrastrutture e sulla reale possibilità di diversificare l’approvvigionamento russo. C’è però anche chi potrebbe non vederla in questo modo, in primis la Turchia.

Il ruolo (e l’ostacolo) della Turchia

Tra l’Italia e l’approvvigionamento di gas da Cipro si staglia dunque una presenza ingombrante: la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Le acque davanti all’isola di Cipro sono oggetto di disputa territoriale con Ankara, in particolare all’interno della zona economica esclusiva al confine con l’ex colonia veneziana. Proprio dove è stato scoperto il nuovo giacimento. “Anche la nostra piattaforma continentale lo attraversa. Non permettiamo di entrare nella nostra piattaforma continentale in questo modo”, si è affrettato a sottolineare il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu.

Dopo le “acrobazie” diplomatiche di sospensione tra il blocco occidentale-ucraino e quello russo, la Turchia vuole accrescere il suo peso geopolitico a livello globale anche per quanto riguarda l’energia. Una strategia già inaugurata con la scoperta, sicuramente meno incisiva, di piccoli giacimenti di gas nel Mar Nero. E che, dopo la scoperta del super pozzo cipriota, è proseguita con la messa in discussione di trattati internazionali come quello di Losanna, che nel 1923 ha definito i confini nel Mar Egeo tra la Turchia e le potenze coinvolte nella Prima Guerra Mondiale. Un caso che alimenta le tensioni con Cipro, anche per quanto riguarda la riunificazione dell’isola.

Cosa vuole (davvero) Erdogan

“Abbiamo fatto le necessarie notifiche alle Nazioni Unite e all’Unione Europea su questo tema”, ha aggiunto Cavusoglu. Per il quale la soluzione nel Mediterraneo orientale è “una condivisione equa delle entrate”. Dall’altro lato Cipro si sente un po’ più al sicuro, visti gli enormi interessi dei player occidentali nel godere del nuovo flusso energetico. Un’escalation “modello Ucraina” nell’area avrebbe però un effetto devastante, considerata anche la presenza stabile nella parte nord di Cipro di migliaia di militari e di mezzi turchi.

Dal 1974 la Turchia occupa i territori di quella che riconosce unilateralmente come Repubblica di Cipro del Nord e, in virtù di questo stato di cose, reclama diritto a partecipare alla partita degli idrocarburi. Uno degli intenti primari di Erdogan è quello di stroncare sul nascere la concorrenza di competitor come Egitto e Israele, interessati alla realizzazione di un gasdotto che passi da Cipro e da lì si allacci alla Grecia e all’Europa.

Cosa ha detto Draghi

Qualche centinaio di chilometri più a Nord, sulle coste dell’Adriatico, l’Italia fa sentire la sua voce istituzionale. E lo fa tramite il premier dimissionario Mario Draghi, intervenuto al Meeting di Rimini per parlare (anche) di energia.

Il punto principe è, ancora una volta, un tetto al prezzo del gas russo che importiamo. Alcuni Paesi, osserva il Presidente del Consiglio, “continuano ad opporsi a questa idea perché temono che Mosca possa interrompere le forniture”. I frequenti blocchi dei flussi energetici russi registrati in questi mesi “hanno dimostrato i limite di questa posizione”. E oltre all’incertezza, “i prezzi sono esorbitanti” (il caro energia spaventa le imprese: ecco chi rischia di più). La proposta di un price cap sul gas sarà presentata anche al prossimo Consiglio europeo, “ma non so quale esito avrà, visto che posizioni sono molte diverse”, sottolinea Draghi. Si valuterà inoltre su come slegare il costo dell’energia elettrica da quello del gas: “Non ha più senso oggi”.

Il premier ha poi parlato anche del tanto temuto razionamento delle forniture, facendo il punto sulla situazione del nostro Paese. “A differenza di altri Paesi europei, i flussi di gas russo verso l’Italia sono sempre meno significativi e una loro eventuale interruzione avrebbe un impatto minore di quanto avrebbe avuto in passato”. Il livello di riempimento degli stoccaggi ha ormai toccato l’80%, in linea con l’obiettivo di raggiungere il 90% entro ottobre. Il Governo ha predisposto “i necessari piani di risparmio del gas, con intensità crescente a seconda della quantità che potrebbe venire eventualmente mancare”, annuncia ancora Draghi.