Una svolta per l’approvvigionamento dell’energia del futuro, un piano per rendere quante più persone più autonome possibili nella produzione e nel consumo dell’energia elettrica che mai, come nell’ultimo anno, è costata così tanto. Memore dell’esperienza del 2022, con la chiusura dei rubinetti energetici dalla Russia a causa della guerra scoppiata in Ucraina, il Governo si muove in anticipo mettendo sul tavolo un piano pronto a coinvolgere e incentivare le comunità energetiche in Italia. Il progetto, pensato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, è stato inviato all’Unione Europea con una proposta di decreti che ora dovrà attendere il via libera della Commissione Ue per la possibile entrata in vigore.
Cos’è una comunità energetica
Per chi se lo stesse chiedendo, si parla di comunità energetiche quando si fa riferimento a gruppi di persone, imprese, cooperative, enti locali, associazioni, enti religiosi che si uniscono per dare vita all’autoproduzione e al conseguente autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta dunque della produzione e consumo di energia da fonti come fotovoltaico, eolico, idroelettrico e biomasse.
Creare o unirsi a delle comunità energetiche ha parecchi vantaggi, come per esempio il risparmio in bolletta, se si pensa al risvolto economico, mentre se lo sguardo si allarga numerosi sono gli altri pro, come la riduzione di inquinamento ed emissioni e la sicurezza ed indipendenza energetica del Paese (qui vi abbiamo parlato dei risultati da record delle rinnovabili).
Il piano del Governo e gli obiettivi presentati all’Ue
In Italia esistono già numerose comunità energetiche, ma l’obiettivo del Governo sarebbe quello di aumentare la loro presenza sul territorio. Per incentivare la crescita di un modello virtuoso, l’esecutivo ha avanzato una proposta all’Ue con un chiaro obiettivo: far nascere quanto prima 15.000 comunità energetiche nel Bel Paese. Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, ha infatti sottolineato che lo scopo è quello di dare all’Italia energia rinnovabile, puntando con forza alla decarbonizzazione entro il 2030 e, soprattutto, all’autonomia energetica.
Il progetto presentato all’Unione Europea comprende quindi due misure distinte: un intervento generale di incentivazione per chi si associa nelle comunità energetiche con una premialità per l’autoconsumo e uno stanziamento del Pnrr di 2,2 miliardi per il finanziamento a fondo perduto fino al 40% dei costi di realizzazione di un nuovo impianto o di potenziamento di un impianto esistente nel territorio di Comuni fino a 5.000 abitanti (avete mai sentito parlare di agrofotovoltaico? Ve ne abbiamo parlato qui).
Con il provvedimento si punta quindi a un duplice obiettivo: incrementare la produzione da rinnovabili e consentire un sostanziale risparmio nei costi dell’energia grazie a un taglio importante al caro-bollette per famiglie e imprese. Chi vorrà associarsi in una comunità energetica potrà quindi ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili, con una potenza finanziabile pari a 5 gigawatt complessivi.
Per quanto riguarda la tariffa spettante, vengono indicate diverse fasce di incentivi, tutte basate sulla potenza degli impianti:
- impianti di potenza fino a 600 kilowatt, la tariffa è composto da un fisso di 60 euro per megawattora più una parte variabile che non può superare i 100 euro per MWh;
- impianti di potenza compresa tra 200 kW e 600 kW, il fisso è di 70 euro più un premio che non può andare oltre i 110 euro per MW;
- impianti sotto o pari ai 200 kilowatt, il fisso è di 80 euro più una tariffa premio non superiore ai 120 euro per megawattora
È poi previsto un fattore di correzione a seconda della zona geografica che varia dai 4 euro per megawattora in più per le Regioni del Centro (Lazio, Marche, Toscana, Umbria e Abruzzo) ai 10 euro per MWh in più per quelle del Nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombadia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto).