Dopo il taglio delle forniture a Polonia e Bulgaria (qui vi spieghiamo cosa vuole Putin) la “guerra del gas” lanciata dalla Russia in campo economico, parallelamente a quella militare in Ucraina, sembra entrare nel vivo. Putin insiste sul pagamento in rubli per i flussi energetici erogati da Gazprom agli Stati, obbligatorio dal 1° aprile, inasprendo il clima generale delle trattative sugli esiti del conflitto.
Sale soprattutto la tensione con l’Unione europea, la quale definisce il pagamento del gas in rubli una “violazione delle sanzioni contro la Russia”. Il fronte comunitario non sembra però compatto sulla linea imposta da Bruxelles. Alcuni Paesi hanno infatti deciso di rispettare il diktat di Putin.
Chi paga il gas in rubli e cosa fa l’Italia?
Secondo Bloomberg, dieci Stati dell’Unione europea avrebbero deciso di aprire il conto con la Russia. Altri quattro avrebbero invece già completato i pagamenti seguendo il nuovo procedimento. Tra questi figurano anche la Slovacchia e l’Ungheria, come confermato anche dal ministro degli Esteri Péter Szijjártó. Secondo Budapest, “l’approvvigionamento dell’energia è materia di sicurezza nazionale e il governo ha il dovere di garantire la sicurezza ai cittadini”. Nei giorni scorsi si era parlato anche dell’Austria, ma poi è arrivata la smentita da parte del cancelliere Karl Nehammer.
I Paesi europei preoccupati che la Russia blocchi i rifornimenti, stanno valutando di aprire i cosiddetti “conti K” presso Gazprombank, banca privata attraverso cui avviene gran parte delle transazioni legate al gas tra Europa e Russia. Sarà poi l’istituto a convertire i pagamenti dalle valute estere in rubli, scaricando il costo di cambio sulle aziende.
Tra i Paesi che avrebbero aperto il conto ci sarebbe anche l’Italia. I pagamenti che Eni dovrà effettuare a favore di Gazprom sono in scadenza per metà maggio. Ma cosa dicono i contratti di fornitura? Sicuramente che le fatture dovrebbero essere saldate in euro. E allora perché il nostro Paese dovrebbe aprire un conto K? Eni non ha commentato le indiscrezioni su questo punto e avrebbe inoltre avviato una verifica sulle modalità per portare a termine i pagamenti.
Russia contro Europa
La scelta da parte di alcuni Paesi di aprire un secondo conto “russo” è stata giudicata “non lecita” dall’Ue, la quale dichiara di “non poter accettare che le aziende siano obbligate ad aprire un secondo conto” e che il pagamento sia considerato “completato soltanto quando viene convertito in rubli”. Quella del gas sembra insomma una vera e propria “guerra economica” tra Russia ed Europa.
Da un lato il Cremlino avverte che il trattamento di Polonia e Bulgaria sarà riservato a chiunque si rifiuterà di pagare Gazprom in rubli. Dall’altro i funzionari Ue si scagliano contro le compagnie energetiche che ottemperano al diktat di Putin di aprire un secondo conto in rubli con Gazprombank. Secondo Bruxelles, esse commettono una violazione delle sanzioni contro la Russia. In poche parole, Bruxelles fa sapere che “se le aziende pagano in euro, non violano le sanzioni”.
C’è però anche un altro aspetto da considerare. Al momento Gazprombank non è inserita nella lista delle istituzioni colpite dalle sanzioni Ue e sul gas russo non è in vigore nessun embargo. I soldi che paghiamo ogni giorno a Putin per il gas russo sono tantissimi.
Una possibile soluzione
Fonti europee hanno indicato anche una possibile soluzione per superare lo stallo. Le aziende europee potrebbero aprire un conto corrente in euro con Gazprombank a Mosca, quindi in territorio russo. In questo modo si rispetterebbero i contratti esistenti, e cioè stipulati prima del decreto varato dal Cremlino.