G7 2024 a Stresa, dal caso Cina al prestito per l’Ucraina: i temi del primo giorno

I temi caldissimi del G7 a Stresa: grande divisione sull'atteggiamento da tenere nei confronti della sovraproduzione cinese, che sta inondando i mercati

Pubblicato: 24 Maggio 2024 19:21

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Venerdì 24 e sabato 24 maggio 2024 si svolge il G7 di Stresa, sul Lago Maggiore. Cruciale appuntamento economico internazionale, che prevede una riunione dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrale dei Paesi del G7. Numerosi i temi da discutere ed ecco cos’è accaduto durante il primo giorno.

Il caso Cina

Importante presa di posizione del Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, che ha sollevato con decisione il “caso Cina”. Auspica una risposta comune a livello di G7, che per il momento manca. Non si intravede all’orizzonte un fronte comune che intenda analizzare e arginare il processo che vede i mercati globali presi d’assalto da prodotti a basso costo made in China.

“Si tratta di produzioni sussidiate dallo Stato cinese, che arrivano sui mercati internazionali in settori decisivi per le nostre economie”. Se in linea teorica tutti i ministri delle finanze del G7 sono concorsi sul rischio rappresentato da tale situazione, sul fronte pratico non esiste, ad oggi, una linea d’azione condivisa e pronta all’attuazione.

Anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è concorde sulla necessità di una linea condivisa. Ciò eviterebbe inoltre di scatenare una competizione interna ai Paesi del G7. Se uno o più Stati dovessero attuare dei dazi ai prodotti cinesi in autonomia, questi finirebbero col riversarsi in misura ancor maggiore all’interno di altri confini.

Mancato accordo

È però importante scendere maggiormente nel dettaglio, spiegando in che modo tutto ciò faccia parte di un chiaro piano politico. La Cina ha sussidiato le proprie imprese attraverso denaro pubblico. Tutto ciò ha avuto come diretta conseguenza, ben prevedibile, una sovracapacità produttiva.

I beni generati sono decisamente più del necessario rispetto a quelle che sono le esigenze dei consumatori. Il tutto viene dunque riproposto in massa sui mercati globali. La concorrenza è spietata, dal momento che i prezzi sono estremamente bassi. Il motivo è da rintracciare proprio nell’operato dello Stato, che interviene con sovvenzioni che consentono ai produttori di ottenere un margine accettabile, senza gravare sugli acquirenti.

È tutto così chiaro ma allora perché si fatica a intervenire? Gli equilibri internazionali, soprattutto quelli finanziari, sono decisamente fragili e non tutto è bianco o nero. La Cina è un importante partner commerciale e nessuno intende fare il primo passo verso uno scontro, senza avere le spalle coperte da una certa e forte alleanza.

Ecco le parole di Giorgetti: “Quello della overcapacity cinese è un tema sul tavolo. Bisogna trovare corrette regole per bilanciare la sicurezza e il libero commercio in una fase nuova della globalizzazione”.

Si è parlato di dazi, dopo la decisione degli Stati Uniti: “Se la overcapacity cinese non può riversarsi sugli USA, inevitabilmente si riversa su altri mercati. Quello che non può e non deve accadere. Ne stiamo discutendo. È una competizione addirittura all’interno del G7 e sarebbe sconveniente”.

Se è vero che la necessità è comune, l’idea d’azione non lo è affatto. I punti di vista espressi non potrebbero essere più differenti. L’idea che si ha è che ogni Paese procederà per conto proprio, fingendo di ignorare le conseguenze. Il Segretario al Tesoro USA, Janet Yellen, ha spiegato giovedì 23 maggio come per lei sia fondamentale creare un muro di opposizioni (differenti tra loro e decise dai singolo Stati) nei confronti della Cina. Un messaggio chiaro da inviare al governo di Pechino, contro il quale però nessuno intende aprire un conflitto commerciale.

Ogni Paese per sé, dunque, facendo attenzione a non pestare i piedi del gigante. Le Maire è chiaro su questo punto: “Bisogna assolutamente evitare una guerra commerciale con la Cina. Non è nell’interesse degli Stati Uniti, dell’Europa e della stessa Cina. Non risparmierò sforzi, però, per difendere i nostri interessi”.

Ciò che conta è guardare al proprio orto, come dimostra l’approccio ancora più cauto di Christian Lindner, ministro tedesco. Scontrarsi con Pechino non è pensabile, e forse neanche tentare di alzare un muro come suggerito. Il motivo? “Le guerre commerciali non si possono vincere. Producono unicamente perdenti”. Il fronte comune di Gentiloni non potrebbe essere più distante.

Tassa minima globale

Altro tema molto vivo in questo periodo è quello della tassa minima globale, o come viene chiamata in ambito internazionale global minimum tax. Si tratta di un tema molto caro alla Francia, ma non solo. Citiamo questo Paese nello specifico perché si è espresso con forza il ministro Le Maire.

Ha spiegato di portare avanti una battaglia da 7 anni, al fine di riformare il sistema di tassazione internazionale. L’obiettivo è quello di prendere una decisione che porti a una tassazione minima delle persone più ricche al mondo. Uno standard che superi i confini, di fatto, uguale per tutti.

Le discussioni sono in atto ma la distanza appare evidente e molto ampia: “Su questo punto non ci siamo ancora. Non risparmierò però alcuno sforzo per arrivarci. Non è accettabile che i più ricchi riescano a sfuggire alla tassazione e tutti debbano pagare la loro quota”.

Prestito all’Ucraina

Sguardo rivolto anche al conflitto in Ucraina, che ad oggi non vede una soluzione all’orizzonte. Le parole e le azioni di Putin continuano ad allarmare l’Europa e non solo, mentre gli Stati Uniti propongono da tempo un prestito o un bond (garantito dagli extra profitti dei beni russi sequestrati) in favore di Zelensky e del suo Paese.

Su questo fronte la posizione americana è netta ma, al tempo stesso, meno gravosa. La maggior parte degli asset russi sono infatti in territorio europeo. Sotto questo aspetto il vecchio continente è spaccato, temendo risvolti legali sul fronte del diritto internazionale.

Gentiloni ha spiegato come sul tema si stia lavorando. La sfida è rappresentata dal “separare legalmente gli extraprofitti dai beni russi. Non si parla, dunque, di confisca di beni di uno Stato sovrano, ma soltanto dei profitti che quei beni producono”.