Effetto euro in Croazia: prezzi impazziti a 10 giorni dall’avvio

Il Governo di Zagabria accusa i commercianti di speculare sul passaggio all'euro aumentando i prezzi oltre i tassi di conversione

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

La Croazia entra nell’eurozona e viene travolta dai prezzi impazziti. A distanza di 23 anni rispetto all’Italia, l’1 gennaio Zagabria ha adottato l’euro rimanendo però spiazzata dagli aumenti spropositati provocati dalla conversione nella nuova valuta, ma non solo. Nel giro di pochi giorni i costi di prodotti e servizi di uso quotidiano sono schizzati alle stelle scatenando le proteste dei cittadini. Il Governo guidato dal premier Andrej Plenkovic è stato costretto a intervenire, denunciando la natura speculativa dei rialzi e annunciando l’ipotesi di una “lista nera” degli esercizi commerciali che hanno approfittato dell’ingresso nella moneta unica per alzare i prezzi.

Effetto euro in Croazia: gli aumenti incontrollati

Il passaggio all’euro è un punto di svolta per il Paese balcanico, ultimo ad entrare nell’Ue nel 2013,  che sempre dall’inizio del 2023 è entrato a far parte anche della zona Schengen per la libera circolazione di persone e merci.

La maggior parte degli aumenti hanno superato di molto i tassi di conversione nel passaggio dalla vecchia moneta croata, il kune, all’euro, con rincari dal 5 fino al 20 per cento rispetto a quanto segnavano le etichette appena il 31 dicembre.

Con un tasso del 13,9% annuale, la Croazia non è esente dall’ondata inflattiva che ha investito il mondo, ma come ha dichiarato il ministro dell’Economia, Davor Filipovic, “nel fine settimana dal 31 dicembre al 1 gennaio non è successo nulla che abbia causato un tale aumento dei prezzi”.

In diverse catene di supermercati del Paese balcanico buona parte dei prodotti alimentari di base, come pane, burro e cioccolata, avevano subito rincari dal 5 al 20%.

Dalle analisi effettuate dal Governo di Zagabria gli aumenti hanno riguardato anche il settore della ristorazione dall’1 al 10% e quello dei servizi, con incrementi rilevati tra il 10 e l’80%.

Effetto euro in Croazia: gli interventi del Governo

È stato lo stesso premier Andrej Plenković tra i primi ad accusare “una parte dei commercianti e imprenditori di approfittare della transizione dalle kune croate all’euro con questo comportamento irresponsabile”.

Il primo ministro ha promesso che il Governo “non esiterà ad adoperare” gli strumenti a sua disposizione per riportare la situazione alla normalità. L’esecutivo croato ipotizza l’adozione di misure dedicate entro il 12 gennaio, come aumenti di tasse e imposte mirati, abolizioni di sussidi per gas ed energia, ma soprattutto valuta di riportare i listini dei prezzi di centinaia di articoli a quelli praticati l’1 dicembre o l’1 novembre.

“Tutti coloro che hanno aumentato ingiustificatamente i prezzi devono riportarli al prezzo del 31 dicembre. Non vi è alcun motivo giustificato per un tale aumento dei prezzi”, ha spiegato il ministro dell’Economia Filipovic, “se certe cose non tornano in ordine entro venerdì, ci sono diverse mosse che possiamo fare“.

“Stiamo sicuramente considerando l’opzione di una ‘lista della vergogna’ e di rendere pubblici i nomi di coloro che lavorano per danneggiare i nostri cittadini e aumentare l’inflazione“, ha avvisato il responsabile del Tesoro.

“Proprio come abbiamo limitato i prezzi per nove prodotti a settembre, possiamo farlo per 55, 100 o 200 prodotti”, ha spiegato una fonte del Governo croato al quotidiano croato Jutarnji List.

Dichiarazioni che non sono state accolte positivamente dalla categoria degli esercenti che, tramite le parole della presidente dell’Associazione dei negozianti, Ana Kneževic, ha respinto al mittente le accuse, negando categoricamente che ci siano stati “arrotondamenti” generali. “È deplorevole che ci siano stati singoli abusi – ha dichiarato – Non dimentichiamoci però che l’inflazione in Europa viaggia già al ritmo del 13% e che nel caso dei beni alimentari tocca picchi del 19%”.