Auto cinesi in Italia, ministro Urso detta le condizioni con un chiaro diktat

Il Governo prosegue con l'apertura ai produttori di auto cinesi in Italia, ma il ministro Urso lancia un chiaro messaggio dettando le condizioni necessarie

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso prosegue nell’apertura ai produttori di auto cinesi in Italia, ma a determinate condizioni. La guida del Mimit, infatti, dall’inaugurazione della Casa del ‘Made in Italy’ a Catania lancia un chiaro messaggio a chi dal mercato asiatico è intenzionato ad approdare nel Bel Paese come nuovo costruttore sul territorio, ma le richieste avanzate dal ministro sono chiare e ferme, con l’Italia che non ha intenzione di essere un mero polo di appoggio o vendita.

Urso detta le condizioni per le auto cinesi

Un nuovo costruttore in Italia sì, ma che sia un plus per l’industria automobilistica italiana e non solo un polo d’assemblaggio. Lo chiede il ministro Adolfo Urso, che parlando all’inaugurazione della Casa del ‘Made in Italy’ a Catania ha lanciato delle condizioni affinché da Roma vengano aperte le porte a costruttori cinesi in arrivo in Italia.

La guida del Mimit, che nelle ultime settimane si era detto pronto ad accogliere un nuovo produttore asiatico in Italia per avere più costruttori sul territorio, ha infatti reso noti i paletti da parte del Governo per l’arrivo delle auto cinesi. A poche ore dalle parole di Tavares sulla richiesta di intervento per competere con la Cina, la risposta di Urso non si è fatta attendere.

“Siamo aperti alle case automobilistiche cinesi che hanno una tecnologia all’avanguardia nel settore della transizione energetica. Che vengano a produrre nel nostro Paese, ma a due condizioni: devono produrre in Italia con componenti italiani e non assemblare” ha detto.

Il ministro, infatti, ha chiesto che tutte le parti “intelligenti” dell’auto debbano essere realizzate in Italia “sotto il controllo della Golden power italiana per essere definite sotto tutti i punti di vista auto italiane“.

Dalla Cina: “In Italia è difficile”

E intanto i costruttori cinesi si rimboccano le maniche per trovare sistemazione in Italia. Ma sembra tutt’altro che facile. Come evidenziato da Andrea Bartolomeo, country manager e vice presidente di Saic Motor Italy, gruppo cinese che sul mercato italiano è noto per il marchio MG, trovare la fabbrica e l’intesa giusta quando si tratta col Governo è molto difficile.

Non c’è una fabbrica pronta a essere rimessa subito in moto, nessuna come si dice in gergo plug&play” ha evidenziato, sottolineando quella che è la strategia dei gruppi cinesi che sarebbero pronti a sbarcare in Italia: trovare fabbriche di auto dismesse da riaprire e far ripartire subito con produzioni ingenti. In seconda battuta i produttori sono intenzionati a costruire nuove strutture, facendo seguito all’eventuale boom di domanda del mercato. Ma senza il primo passo non può arrivare il secondo.

Ma qual è il problema delle fabbriche italiane? Di siti da reindustrializzare ce ne sarebbero, ma non secondo gli standard elevati della Cina. E intanto i produttori si guardano attorno, con l’Italia che è consapevole di essere in competizione con Germania, Spagna e Ungheria che già hanno stretto accordi importanti con la stessa Saic e con Dongfeng, Casa che di recente ha trovato in Paolo Berlusconi una spalla per la vendita delle vetture asiatiche in terra nostrana.