Dopo l’approvazione del Senato la scorsa settimana, giovedì la Camera ha anch’essa dato il via libera al decreto-legge denominato “Asset“, che è stato successivamente convertito in legge. Questo provvedimento comprende una serie di misure molto variegate, tra cui la controversa tassa sugli “extraprofitti” delle istituzioni bancarie. Questa tassa riguarda i profitti aggiuntivi generati grazie all’incremento dei tassi di interesse su mutui e prestiti avvenuto nell’ultimo anno, un aumento che è stato in parte influenzato dagli aumenti dei tassi di interesse deliberati dalla Banca Centrale Europea al fine di contenere l’inflazione.
Tuttavia, dal momento dell’approvazione in parlamento, questa misura è stata notevolmente attenuata rispetto alle intenzioni iniziali del governo. Sono stati modificati i criteri utilizzati per calcolare l’ammontare della tassa, e le banche hanno addirittura la possibilità di evitare il pagamento in determinate circostanze.
La tassa si sgonfia: com’era la legge e com’è adesso
Inizialmente, la proposta prevedeva che le istituzioni bancarie sarebbero state tenute a versare una tassa pari al 40% della differenza tra il margine di interesse ottenuto nel 2023 e quello del 2021. Il margine di interesse rappresenta la differenza tra i tassi di interesse che la banca riceve dai suoi clienti, come quelli applicati sui mutui per privati o prestiti alle imprese, e quelli che la banca stessa paga per i fondi presi in prestito, come i tassi sui depositi o i conti correnti. Questa tassa, comunque, doveva rispettare un limite massimo per evitare un eccessivo onere sulle finanze delle banche, che non avrebbe potuto superare lo 0,1% dell’attivo totale del bilancio bancario. L’attivo rappresenta l’insieme di tutti gli asset posseduti dalla banca, tra cui crediti, titoli finanziari, immobili e altre risorse.
Con la conversione in legge, sono stati apportati dei cambiamenti significativi ai parametri della tassa sugli “extraprofitti” delle banche. La tassa rimane fissata al 40% del margine di interesse, ma l’importo massimo è ora limitato allo 0,26% dell’attivo della banca, considerando una deduzione basata sul valore dei titoli di Stato posseduti dalla stessa banca. Poiché molte banche italiane detengono quantità significative di titoli di Stato, è probabile che l’ammontare massimo della tassa si ridurrà notevolmente.
Inoltre, la legge concede alle banche la possibilità di evitare il pagamento della tassa a condizione che effettuino investimenti pari a due volte e mezzo l’importo che avrebbero dovuto versare per rafforzare il loro bilancio.
Un altro aspetto importante è che la legge impedisce alle banche di scaricare i costi aggiuntivi derivanti dalla tassa sui clienti. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, comunemente nota come Antitrust, avrà il compito di sorvegliare questa disposizione. Anche se non è ancora chiaro come l’Antitrust possa attuare questa vigilanza, questa disposizione mira a affrontare una delle principali preoccupazioni legate alla tassa, ossia il timore che potesse portare a un aumento dei costi per i clienti delle banche, ad esempio attraverso l’applicazione di commissioni più elevate sui conti correnti.
Conseguenza delle modifiche
Con le modifiche apportate ai parametri della tassa sugli “extraprofitti” delle banche, è probabile che l’ammontare del gettito fiscale generato dalla tassa sia notevolmente inferiore rispetto all’obiettivo iniziale di 3 miliardi di euro. La nuova struttura della tassa, con il limite massimo basato sull’attivo bancario e la possibilità per le banche di evitare il pagamento attraverso investimenti, riduce significativamente il potenziale di entrate per lo Stato.
Questo rappresenta una sfida per il governo, che aveva pianificato di utilizzare i proventi previsti dalla tassa per finanziare alcune priorità, come il fondo per i mutui sulla prima casa e la riduzione delle tasse sul lavoro. Con l’obiettivo di 3 miliardi di euro che ora sembra poco realistico, il governo potrebbe dover cercare alternative per reperire fondi necessari per finanziare la legge di bilancio per l’anno successivo, soprattutto se ci sono limitate risorse finanziarie disponibili. Questa situazione potrebbe comportare ulteriori discussioni e decisioni politiche per stabilire come affrontare la sfida del finanziamento delle spese pubbliche.
La tassa sugli “extraprofitti” delle banche aveva un significato politico importante oltre alla sua funzione di reperire risorse. L’aumento dei costi dei mutui aveva un impatto significativo sulla vita delle persone, e il governo aveva promosso ampiamente questa misura come un’azione di equità sociale contro i “margini ingiusti” delle banche. Inoltre, era stata presentata come un modo per raccogliere fondi destinati ad aiutare le persone che stavano affrontando difficoltà a causa dell’aumento delle rate del mutuo. Tuttavia, con le modifiche apportate alla tassa, gran parte di queste intenzioni sembrano essere state attenuate.
È importante notare che la tassa aveva suscitato molte critiche da parte di osservatori italiani e internazionali, del mondo finanziario, dell’opposizione politica e persino da una parte della maggioranza di governo. Le critiche erano principalmente legate sia ai potenziali rischi per il sistema finanziario che alla maniera in cui la tassa era stata introdotta.
Questi dibattiti e le critiche evidenziano la complessità delle decisioni fiscali e finanziarie, soprattutto quando coinvolgono settori economici importanti come il sistema bancario. La tassa sulle “extraprofitti” delle banche rappresenta un esempio di come le politiche fiscali possano avere implicazioni sociali, economiche e politiche complesse e spesso richiedano un equilibrio tra obiettivi diversi e interessi contrastanti.
Com’è nata questa tassa
La tassa sugli “extraprofitti” delle banche è stata introdotta in modo sorprendente in una conferenza stampa dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, in una situazione un po’ affrettata e senza la presenza del ministro dell’Economia per fornire dettagli. Questa comunicazione improvvisa ha creato incertezza e preoccupazione tra gli investitori e i mercati finanziari, contribuendo ai forti cali dei titoli delle banche italiane in borsa il giorno successivo. Inoltre, le informazioni dettagliate sulla tassa erano scarse.
Un aspetto importante da notare è che le principali associazioni bancarie non erano state consultate in anticipo, e hanno espresso preoccupazioni sulle modalità di comunicazione della misura e sulla sua stesura.
La controversia sul coinvolgimento degli alleati di governo, in particolare Forza Italia, ha aggiunto ulteriori tensioni. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aveva dichiarato di aver preso la decisione in modo indipendente, rifiutando un coinvolgimento diretto da parte degli altri membri del governo. Questo aveva creato tensioni all’interno della maggioranza di governo, con il leader di Forza Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che aveva manifestato il suo disappunto per non essere stato coinvolto nella decisione. Tajani aveva anche suggerito che il provvedimento sarebbe stato attenuato una volta arrivato in parlamento.
Questi dettagli mettono in luce le dinamiche complesse e le sfide politiche associate all’introduzione di misure fiscali di ampia portata, specialmente quando coinvolgono settori economici sensibili come il sistema bancario.