Commissione europea, indagine su Shein e Temu: dubbi sulle piattaforme cinesi

L'occhio severo di Bruxelles è riverso sulle piattaforme di e-commerce cinesi: profondi dubbi sulla loro condotta

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Venerdì 28 giugno non è stata di certo una giornata facile per Shein e Temu. I due ben noti siti di e-commerce, infatti, si sono ritrovati ufficialmente posti nel mirino della Commissione europea. Il motivo? Le società dovranno dimostrare in maniera esauriente d’aver seguito le precedenti indicazioni fornite. Ciò vuol dire essersi adeguate totalmente alla normativa prevista dal Digital Services Act (Dsa). Si parla dunque della legge europea che procede a garantire sicurezza e trasparenza di tutti i servizi digitali operanti nei confini del vecchio continente. È in vigore dall’agosto 2023 ed è tempo per la Commissione di fare controlli a tappeto.

Dubbi su Shein e Temu

Generalmente parlando, quando si fa riferimento a Shein e Temu è facile ritrovarsi a parlare di dure polemiche. Nel primo caso, ad esempio, l’azienda sembrava quasi a un passo dal tracollo quando sono state svelate le condizioni di lavoro interne dei suoi dipendenti. Poco però è stato fatto in merito e, al netto di tante giuste proteste abbracciate sul web, quella in sostegno di chi viene sfruttato in quell’ambiente ha interessato pochi e per poco tempo. Gli acquisti proseguono infatti a gonfie vele, così come nel caso di Temu.

Ciò nonostante l’e-commerce, lanciato in Italia non da molto, abbia fatto registrare più di qualche problema in termini di sicurezza dei dati. Sappiamo infatti che la piattaforma è stata sviluppata da PDD Holdings, società cinese registrata nelle Isole Cayman. Ben nota per la gestione di Pinduoduo, altra piattaforma celebre ma destinata unicamente al mercato cinese. È da qui che nascono i sospetti su Pinduoduo, che nel 2023 è stata sospesa dal Play Store di Android perché contenente porzioni di codice in grado di compiere azioni non dichiarate nella documentazione ufficiale. Analisi condotte da esperti di sicurezza informatica per conto della Cnn avevano osservato come l’app fosse stata progettata per far partire un meccanismo di “privilege escalation”. Di fatto, dopo l’installazione, proseguiva a scalare permessi, fino ad acquisire dati senza l’autorizzazione degli utenti.

Commissione europea sugli e-commerce cinesi

La Commissione europea intende concentrarsi principalmente su una verifica relativa ad alcuni meccanismi specifici. Si parla di garanzia agli utenti in merito alla possibilità di segnalare la vendita di prodotti illegali sui loro store online.

Temu e Shein dovranno dimostrare, inoltre, che le loro interfacce non presentino quelli che vengono definiti “dark pattern”. Si tratta di grafiche ben studiare per indurre l’utente a compiere azioni potenzialmente rischiose per i propri dati, in maniera inavvertita e non volontaria.

È stato indicato come limite temporale massimo il prossimo 12 luglio. Una volta ricevuto l’insieme dei documenti, la Commissione europea procederà ad avviare un’indagine formale nei loro confronti, qualora lo reputasse necessario.

Esultano gli ambientalisti, che in fondo sperano che i progetti Shein e Temu falliscano del tutto. Il modello di business che portano avanti, infatti, è ritenuto totalmente insostenibile dal punto di vista del rispetto dell’ambiente. Si sta vendendo la salute del pianeta, oltre a vestiti e oggetti d’uso comune a basso costo.