Aumentano gli italiani che vanno a vivere all’estero, in cerca di lavoro e benessere

L'emigrazione italiana riprende con forza post-pandemia: 6,1 milioni all’estero, trend in crescita, natalità in calo e incentivi al rientro ridotti

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 10 Novembre 2024 17:00

Il flusso di italiani verso l’estero, in crescita costante dopo la pausa forzata della pandemia, mostra un quadro di rilievo nel 19esimo Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes: dal 2006, il numero degli iscritti all’Aire è raddoppiato, superando nel 2024 i 6,1 milioni. L’Italia che cresce sembra essere quella oltre confine.

Dal 2020, il Paese ha registrato una riduzione di circa 652 mila residenti, mentre le partenze sono aumentate dell’11,8%, riportando il trend migratorio ai ritmi pre-pandemici. Con oltre 6 milioni di italiani che vivono all’estero, la popolazione residente è scesa a circa 59 milioni (dati Istat).

Nell’Unione Europea, che conta 448,8 milioni di abitanti, l’Italia si posiziona terza per popolazione, ma si distingue per un’età media di 48,4 anni, superiore alla media Ue di 44,5 anni, e per un tasso di natalità tra i più bassi (1,24 figli per donna). Questa tendenza all’invecchiamento senza un ricambio generazionale lascia un’impronta sull’economia e sul futuro, suggerendo che non sia un paese per giovani.

Chi sceglie di emigrare

L’esodo tocca tutta l’Italia, ma il Sud subisce l’impatto maggiore: il 45,8% dei nuovi iscritti all’Aire proviene dal Mezzogiorno, con la Sicilia al primo posto, contante 826 mila emigrati. Anche regioni come Lombardia e Veneto mostrano dati rilevanti, rispettivamente con 641 mila e 563 mila espatriati, seguite dal Centro con il 15,7% del totale. Questo movimento di popolazione aggrava la situazione di aree già in sofferenza, dove spopolamento e difficoltà economiche si intensificano.

Chi è originario del Sud segue spesso un percorso in due tappe: prima si sposta verso il Nord e poi varca i confini. Ogni anno, circa un milione di italiani si muove all’interno del Paese per lavoro, studio e salute, alimentando un pendolarismo che evidenzia le forti disparità tra territori. Le aree interne, svuotate, perdono popolazione e risorse, scivolando verso una crescente emarginazione.

Le ragioni sono immaginabili. Opportunità di lavoro, studio, ricongiungimenti familiari, e il desiderio diffuso di una prospettiva più stabile. Negli ultimi anni è aumentato il numero di over 40 che scelgono di trasferirsi (o per passare la pensione), mentre si riduce la percentuale di chi ha meno di 30 anni. Tra i nuovi iscritti all’Aire nel 2023, il 47% appartiene alla fascia tra i 30 e i 40 anni; di questi, il 54,8% è composto da uomini e quasi il 67% non è sposato.

Incentivi al rientro: un’illusione?

Per chi considera il ritorno in Italia, il quadro del 2024 appare meno vantaggioso. Le agevolazioni statali sono state ridotte, penalizzando in particolare i giovani e le famiglie. Le nuove condizioni rendono più difficile rientrare, specie per coloro che trovano all’estero stipendi e prospettive migliori. Secondo le proiezioni del gruppo Controesodo, l’eliminazione degli incentivi per i lavoratori privati potrebbe causare un calo dei rientri.

Natalità in caduta libera e blocco della mobilità sociale

Delfina Licata, curatrice del rapporto, spiega che la nuova ondata migratoria coinvolge soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni, pari al 45% delle partenze per espatrio. Anche gli anziani riprendono a partire: molti vanno per fare i nonni all’estero, altri per scappare da un Paese che non offre più soddisfazioni. Ma l’insoddisfazione non si limita agli anziani: con la natalità in caduta, specialmente nelle aree interne, il Paese sembra aver perso il ritmo per crescere.

Il lavoro resta una motivazione centrale per chi se ne va, ma la scelta non è più solo economica. Chi parte lo fa cercando un’esistenza più appagante, spesso favorita da politiche sociali e di supporto alle famiglie che in Italia scarseggiano. In altri Paesi, prospettive di benessere e supporto ai genitori spingono molti italiani a tentare la fortuna altrove, dove la genitorialità è una scelta sostenibile e incoraggiata.

La bassa natalità italiana non è solo una questione culturale ma economica: salari bassi, lavoro precario e affitti alle stelle tengono bloccate le famiglie. Oltre ai costi di vita insostenibili, l’assenza di politiche di welfare spinge i giovani a rimandare o rinunciare del tutto alla genitorialità. Quando le condizioni migliorano, i tassi di fertilità aumentano, ma il quadro è sempre più complesso con un “degiovanimento” costante e sempre meno donne in età riproduttiva.

I “nuovi” italiani e la sfida dell’integrazione economica e culturale

In Italia, la cittadinanza diventa un diritto conteso: non solo per chi è nato nel Paese, ma anche per chi sceglie di trasferirsi qui. Sono gli italiani di origine straniera a rappresentare oggi una risorsa preziosa per la nostra società. Spesso però, dopo aver ottenuto la cittadinanza, scelgono di ripartire: nel solo 2022, quasi 19.000 “nuovi” italiani sono emigrati di nuovo.

Sul fronte dei diritti, il Rapporto Migrantes denuncia una cittadinanza “a cerchi concentrici”: al centro i cittadini comunitari, seguiti da non comunitari con diritti regolati da accordi specifici, fino ad arrivare a rifugiati e richiedenti asilo, e infine agli irregolari. Questa “cittadinanza stratificata” crea una società frammentata, con disuguaglianze che spesso sfuggono al dibattito pubblico.

In Parlamento, Migrantes ha inoltre evidenziato problematiche pratiche per le famiglie di immigrati: attese interminabili per i permessi di soggiorno e l’esclusione delle madri richiedenti asilo dai bonus natalità. Sono realtà che raccontano un’Italia alle prese con una cittadinanza sempre più complessa e che necessita di percorsi di inclusione concreti per chi sceglie di restare o di tornare.

Le mete preferite degli italiani che scelgono di trasferirsi all’estero: la classifica

Secondo i dati del Rapporto Italiani nel Mondo 2024, la maggior parte degli italiani che lascia il Paese si dirige verso l’Europa. Il 54,2% degli iscritti all’Aire, oltre 3,3 milioni di persone, vive in Europa, di cui la maggior parte (circa 2,5 milioni) risiede in Paesi dell’Unione Europea. Le mete più comuni all’interno dell’Ue includono Regno Unito (457.859 residenti), Germania (822.243 residenti), Svizzera, Francia e Spagna.

Negli ultimi anni la comunità italiana in Spagna ha registrato una crescita significativa. Secondo i dati dell’Aire, al 13 dicembre 2023, gli italiani residenti in Spagna erano circa 290.000, con un incremento del 9,4% rispetto all’anno precedente.

Anche l’America è una destinazione rilevante, scelta dal 40,6% degli espatriati italiani (circa 2,4 milioni), con una prevalenza per l’America centrale e meridionale, dove si trovano quasi 2 milioni di italiani. Il Sud America, in particolare, attrae molti connazionali grazie ai legami storici e culturali con comunità italiane consolidate, oltre che alla ricerca di migliori condizioni di vita.

Le altre destinazioni sono meno frequentate: Oceania ospita circa il 2,7% dei migranti italiani (oltre 167 mila persone), seguita da Asia (1,3%, con più di 78 mila italiani) e Africa (1,1%, circa 70 mila persone).