Dopo anni di restrizioni, Monte dei Paschi di Siena torna a respirare: la Banca Centrale Europea (Bce) ha eliminato i blocchi che ingabbiavano la gestione dei dividendi. Introdotti nel 2017 durante un salvataggio d’emergenza, quei limiti erano un peso che oggi non c’è più. E si potrebbe prospettare un futuro di collaborazione con altri istituti.
Montepaschi ritrova il timone
Quest’anno la banca ha riaperto i rubinetti, distribuendo 0,25 euro per azione, ma con regole severe. Ora il Tesoro è sceso a una quota del capitale sotto il 12%, e l’istituto guidato da Luigi Lovaglio e Nicola Maione può muoversi liberamente.
Finalmente Montepaschi ha di nuovo in mano il volante delle sue decisioni. Il vento è cambiato e con esso anche le prospettive della banca più antica del mondo.
Perché la Bce aveva imposto limiti a Montepaschi
Nel 2017 Monte dei Paschi di Siena si trovava in gravi difficoltà finanziarie e ha ricevuto un aiuto dallo Stato italiano per evitare il collasso. In cambio di questo intervento, la Banca Centrale Europea ha imposto regole rigide sulla distribuzione dei dividendi. Questo serviva a garantire che la banca accumulasse abbastanza risorse per rafforzarsi e affrontare eventuali nuove perdite senza mettere a rischio i soldi dei contribuenti. In pratica, Montepaschi poteva distribuire utili solo se i suoi bilanci fossero stati abbastanza solidi da soddisfare standard molto rigidi.
La promozione allo Srep
“Esame superato”. Questa è la sintesi della Bce sullo stato di salute delle banche europee, confermata dallo Srep 2024, il check-up annuale che mette ai raggi X la stabilità delle finanze. Questo processo è pensato per verificare se gli istituti hanno abbastanza capitale per coprire eventuali rischi e mantenere la fiducia dei mercati.
Quest’anno, il bilancio è estremamente positivo per le banche italiane. Complice il boom degli utili, molte hanno accresciuto le riserve di capitale oltre il livello richiesto, dimostrando una solidità che rafforza il loro ruolo nel panorama europeo.
Montepaschi è un esempio di questa forza: con un CET1 del 18,4% (un indicatore che misura la capacità di una banca di fronteggiare eventuali problemi finanziari) ha ampiamente superato la soglia minima dell’8,78% fissata dalla Bce. Questo risultato non solo mette al sicuro l’istituto, ma gli offre spazio per manovre strategiche e investimenti futuri.
La solidità patrimoniale del Monte dei Paschi non è un’opinione: il CET1, indicatore che misura la stabilità finanziaria, ha toccato quota 18,4%, mentre il total capital ratio è al 21,7%. Questi risultati dimostrano che l’istituto è ben attrezzato per affrontare il futuro con maggiore serenità e aggressività strategica.
La sfida del settore bancario
Non è solo Montepaschi a fare faville. UniCredit, con un CET1 al 16,13%, mostra una forma smagliante, rispetto al minimo richiesto del 10,27%. Anche Intesa Sanpaolo si difende, con un dato al 13,9% rispetto al 9,89% richiesto.
Banco Bpm ha invece un CET1 al 15,48%: il settore bancario italiano è in fermento. Popolare di Sondrio non è da meno, con numeri altrettanto solidi. Le dinamiche del settore bancario italiano suggeriscono che potremmo assistere a fusioni o collaborazioni strategiche tra gli istituti, segnando una fase di riorganizzazione e rafforzamento del mercato.