Oggi la medicina territoriale è in evidente crisi di identità e chi ha bisogno delle cure cd. primarie deve fronteggiare un contesto, in cui è sempre più difficile trovare giovani studenti disposti ad investire nel loro futuro professionale, seguendo la strada che porta a diventare medici di medicina generale – Mmg. Infatti, tra burocrazia onnipresente, borse di studio carenti e scarse soddisfazioni economiche, non sono pochi a preferire una scuola di specializzazione ad es. in chirurgia generale, perché si può contare su borse di studio più consistenti ed avere maggiori ambizioni di carriera.
Se lo scenario non è dei più rosei, ci si interroga oggi su quali prospettive possa offrire il recente accordo tra Legacoop e il maggior sindacato dei medici di famiglia operante nel paese, ossia Fimmg.
L’intesa mira a rinnovare la medicina territoriale e a garantire un servizio di qualità da parte dei medici di famiglia, ma sarà davvero così? Cosa cambia per questa categoria di dottori così importante per il buon funzionamento della sanità a livello locale? Dopo qualche premessa sul contesto di riferimento, vedremo insieme i maggiori contenuti dell’accordo sottoscritto lo scorso maggio, ma coglieremo anche l’occasione per accennare alle critiche che hanno messo in dubbio la sua effettiva bontà ed utilità. I dettagli.
Indice
L’accordo sulla medicina territoriale e le parti firmatarie
Il testo accennato poco sopra è un protocollo di intesa, che lascia ben intendere quali siano i binari su cui i soggetti che l’hanno sottoscritto, intendono muoversi nel prossimo futuro. Dal titolo “Impegno comune per un progetto di sviluppo della Sanità a livello territoriale“, l’accordo – come accennato sopra – ha questi protagonisti:
- Fimmg (Federazione italiana Medici di Medicina Generale), ossia il sindacato maggioritario dei medici di medicina generale – Mmg e deputato alla contrattazione degli accordi collettivi in ambito nazionale, regionale ed aziendale;
- Legacoop Nazionale, ossia il soggetto che rappresenta le cooperative articolate su base territoriale ed in una varietà di settori, tra cui quello delle professioni sanitarie attraverso Sanicoop.
Nel protocollo d’intesa si legge chiaramente che un ruolo chiave è attribuito in particolare a Sanicoop, un soggetto che ha tra i suoi scopi statutari la promozione dell’impresa cooperativa tra professionisti Mmg e la valorizzazione della professione degli stessi. In particolare Legacoop tramite Sanicoop associa più del 50% delle circa 150 cooperative mediche operanti in tutto il paese.
In apertura del testo in oggetto viene altresì offerto l’inquadramento del medico di medicina generale – Mmg, ossia quello di libero professionista convenzionato con il Ssn. Egli è una figura che possiede:
autonomia organizzativa per la “gestione dei mezzi di produzione” necessari al conseguimento degli standard e degli obiettivi dei vari livelli di contrattazione.
Tale inquadramento del medico di famiglia (scopri qui dove è più difficile cambiarlo) che, come si legge nel testo dell’accordo, è fermamente sostenuto da Fimmg e Legacoop, ha determinato alcune interessanti osservazioni e critiche. Esse infatti alimentano il dibattito circa l’effettiva utilità e bontà del protocollo d’intesa in oggetto.
Le ragioni dell’intesa
Al di là degli aspetti tecnici, organizzativi e gestionali, questo accordo per l’applicazione di un progetto di sviluppo della sanità territoriale, rappresenta la cristallizzazione di una sinergia tra interessi distinti, ma tra loro collegati e complementari.
Da un lato infatti il sindacato medico si preoccupa dei suoi iscritti, cercando di farli guadagnare di più, e dall’altro l’impresa cooperativa ambisce ad inserirsi stabilmente nel mercato sanitario nella sua interezza, traendo un profitto dallo sfruttamento delle occasioni che esso offre e in uno scenario in cui le Regioni sono finora apparse poco protagoniste.
Non a caso nel testo dell’accordo Legacoop – Fimmg si trova scritto quanto segue:
Le parti si rendono disponibili a contribuire, nelle sedi opportune, alla definizione e alla implementazione di normative ed accordi utili alla definizione dell’assetto normativo ed organizzativo della medicina generale e, più in generale, della sanità del territorio in coerenza con il presente documento.
E, come spiega Maurizio Pozzi, Presidente Sanicoop e Segretario Provinciale Fimmg Siena, almeno nelle intenzioni il patto in oggetto:
permetterà ai medici di fare sistema fra loro per ottimizzare le risorse a disposizione, senza alcun aggravio per le casse pubbliche.
In altre parole, tale sinergia dimostra il bisogno da parte di Fimmg e di Legacoop di partecipare attivamente – con i loro specifici interessi – ad un processo di cambiamento della medicina territoriale.
Cosa cambia per i medici di famiglia?
I medici di famiglia sono e restano il primo punto di contatto per i pazienti all’interno del Ssn, assicurando l’accesso tempestivo e continuo alle cure mediche. Di fatto rappresentano una sorta di ‘filtro’ tra il singolo individuo e l’articolazione degli ospedali e dei pronto soccorso, utile all’ottimizzazione dell’uso delle risorse sanitarie e alla riduzione della pressione sui reparti. Tali medici, inoltre, collaborano con specialisti, ospedali e altri servizi sanitari per assicurare che i pazienti ricevano sempre cure appropriate e integrate, facilitando e coordinando il flusso di informazioni.
Le forme di associazionismo rappresentate dalle cooperative mediche di servizio, in luogo dello Stato e in modo sussidiario, andrebbero a coprire i costi dei fattori produttivi dei servizi – si legge nell’accordo Legacoop – Fimmg – mentre il medico, associato e organizzato in rete, verrebbe pagato oltre che dallo Stato, per mezzo di convenzioni anche dalle cooperative – grazie a nuove ‘indennità’. Per questa via sarebbe altresì superato il classico modello dello studio medico singolo.
Secondo l’accordo in oggetto, con un effettivo risparmio di costi e senza alcuna spesa aggiuntiva per lo Stato, a disposizione dei Mmg soci di cooperative potranno esservi tutti gli elementi necessari per l’esercizio della professione, ossia sedi, utenze, personale di supporto segretariale ed infermieristico, rete informatiche, strumentazione diagnostica, mezzi di trasporto, piattaforme e device per telemedicina, assicurazioni ecc.
Oltre al riferimento all’implementazione delle linee di investimento del Pnrr, nell’accordo si deduce che non si tratterà di attività che le cooperative svolgeranno senza tornaconto economico o profitto. Se infatti, da un lato, Legacoop ha investito e investirà nei servizi sanitari territoriali, dall’altro potrà contare sui ricavi legati ai costi di adesione e di iscrizione dei medici alle cooperative mediche di servizio.
Le critiche al protocollo d’intesa
In questo contesto, l’inquadramento del medico di medicina generale come libero professionista convenzionato con il Ssn, supportato da quelle che nel testo dell’accordo sono definite ‘cooperative mediche di servizio’, e obbligatoriamente aderente alle cd. Aggregazioni Funzionali Territoriali – Aft, non ha riscosso finora unanime approvazione.
Ad onor del vero, infatti, recentemente non sono mancate le critiche e, in particolare, quelle di cui si trova traccia nel noto sito web Quotidiano Sanità. Secondo coloro che non appoggiano tale accordo, infatti, nel sistema pubblico devono – o dovrebbero – lavorare dipendenti pubblici, assunti dal Ssn tramite concorso pubblico. Questa dovrebbe essere la ‘linea dominante’. Mentre in questo caso, in un contesto in cui le Regioni sono apparse nel complesso poco attive, Legacoop si sarebbe inserito per operare come uno dei maggiori protagonisti del processo di privatizzazione della sanità pubblica (scopri qui quanto spende lo stato per gli ospedali).
Per coloro che osteggiano tale protocollo d’intesa, le modalità operative e contrattuali – libera professione o lavoro subordinato – dovrebbero essere oggetto di una scelta libera, permettendo a chi desidera diventare dipendente del Ssn, al pari degli altri colleghi specialisti, di poterlo fare. In tali circostanze, invece, l’individuazione del medico di medicina generale come libero professionista appare, in qualche modo, decisa a priori e dall’alto dalle parti firmatarie del citato accordo, quasi che allo Stato subentri un soggetto cooperativo accreditato e privatistico che – in sostanza – funziona come se fosse il destinatario di un appalto o una clinica convenzionata.