Cannabis light resta illegale, stop a tabaccai e tassa al 40%: FdI ci ripensa

Un emendamento della maggioranza alla Manovra introduce un nuovo regolamento per la cannabis light che la equipara di fatto alle sigarette: abrogato il decreto sicurezza

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

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Tra gli oltre 400 emendamenti segnalati per modificare il testo della Manovra per il 2026, Fratelli d’Italia ne aveva inserito uno che regola la vendita della cannabis light. I prodotti che rientrano in questa categoria sarebbero stati di fatto equiparati ai tabacchi lavorati, quelli delle sigarette, sotto diversi aspetti.

Dopo alcune polemiche, però, il partito di Giorgia Meloni ha annunciato che ritirerà l’emendamento. La norma era passata in secondo piano rispetto alle altre di cui si sta discutendo in Manovra. Una volta emersa, però, l’opposizione ha accusato l’Esecutivo di ipocrisia e il Governo ha preferito evitare che l’emendamento arrivasse al voto.

Fratelli d’Italia ritira l’emendamento sulla cannabis light

Nella serata del 4 dicembre Fratelli d’Italia ha annunciato che avrebbe ritirato un emendamento alla Manovra, firmato da un suo senatore, Matteo Gelmetti, che avrebbe di fatto reso legale, tassata e venduta nei tabaccai la cosiddetta cannabis light. Questi prodotti hanno solitamente o un contenuto molto basso di principio attivo della cannabis, il Thc, oppure contengono Cbd, un altro principio attivo della canapa che non ha effetti psicotropi.

La cannabis light era stata resa illegale dal decreto sicurezza dello scorso aprile, dopo quasi 10 anni di sviluppo della filiera in Italia grazie all’incertezza di una norma del 2016, che lasciava spazio a interpretazioni. L’emendamento avrebbe chiarito questa incertezza e abrogato il decreto sicurezza. Una volta saputo della modifica alla Manovra, i partiti di opposizione hanno però attaccato il Governo, accusandolo di ipocrisia.

Il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Senato, Stefano Patuanelli, aveva scritto: “Secondo la destra la cannabis light uccide. Quella tassata al 40% un po’ meno”, in un post sul proprio profilo Facebook, facendo riferimento a una delle norme centrali dell’emendamento, quella che avrebbe applicato ai prodotti a base di cannabis light le stesse accise presenti sui tabacchi lavorati, quindi sulle sigarette.

Dove eravamo rimasti con la cannabis light

Il 12 aprile scorso è entrato in vigore il cosiddetto decreto sicurezza, che ha reso illegale l’intera filiera della cannabis light in Italia. La legge aggiunge all’articolo 1 della legge 242 del 2016 il comma 3-bis, che vieta:

La lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa coltivata anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti o costituiti da tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati.

Vieta anche, modificando la stessa legge, le esportazioni di prodotti derivati dalla canapa verso l’estero. Tra settembre e ottobre, però, due sentenze dei tribunali di Torino e Palermo hanno assolto alcuni produttori di cannabis light, ribadendo che non si possa vietare la commercializzazione di un prodotto come stupefacente senza analisi che ne provino l’effetto drogante. Più di recente, il tribunale di Brindisi ha anche sollevato un dubbio di costituzionalità sulla norma, che porterà, con tempistiche ancora da definire, la Corte Costituzionale a esprimersi in materia.

L’emendamento in Manovra: cannabis light come le sigarette

Matteo Gelmetti, senatore di Fratelli d’Italia, aveva presentato un emendamento (proposta di modifica n. 28.0.1 al Ddl n. 1689) che sembrava voler mettere ordine in questa materia. Si trattava di una regolamentazione dei prodotti che contengono meno dello 0,5% di Thc, il principio attivo della cannabis. L’emendamento modificava la legge 242 del 2016 in modo che fossero espressamente citate le inflorescenze fresche ed essiccate e i prodotti derivati per il fumo o l’inalazione senza combustione.

In generale, su questi prodotti, la regolamentazione pensata nell’emendamento appariva simile a quella che oggi riguarda le sigarette:

  • veniva imposta un’accisa specifica al 40%;
  • i prodotti venivano inseriti in specifiche tabelle simili a quelle dei tabacchi lavorati;
  • le pene per la violazione di queste norme erano le stesse di quelle dei tabacchi lavorati;
  • era vietata la vendita ai minori di 18 anni;
  • era vietato il fumo in tutti i luoghi in cui vale il divieto di fumo di sigaretta;
  • sulle confezioni sarebbero dovute comparire avvertenze per la salute (dal 2027).

Dove sarà venduta la cannabis light

Nel testo dell’emendamento aveva grande spazio la questione dei negozi. La legge 242 del 2016 non era chiara sull’argomento e ha fatto nascere moltissimi esercizi specializzati nella vendita di prodotti a base di cannabis light senza regolarli. Questi negozi sono però diventati illegali dopo il decreto sicurezza dell’aprile del 2025. L’emendamento Gelmetti prevedeva che i prodotti con meno dello 0,5% di Thc avrebbero potuto essere venduti:

  • dai tabaccai;
  • dalle farmacie e parafarmacie autorizzate;
  • dai negozi di vicinato autorizzati.

Era invece vietata la vendita via internet, anche da siti che spediscono dall’estero. A rilasciare le autorizzazioni sarebbe stata l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, che già si occupa di quelle per i tabacchi. I punti vendita specializzati, invece, avrebbero potuto continuare a vendere la cannabis light finché l’Agenzia delle Dogane e dei monopoli non avrebbe rilasciato un regolamento specifico.

Cannabis Light
ANSA
Prodotti a base di cannabis light

Abrogato il decreto sicurezza sulla cannabis

Questa norma era in contrapposizione con i principi espressi nel decreto sicurezza di aprile. Non era possibile regolare un settore che è considerato illegale. Infatti, all’interno dell’emendamento, al punto 2 delle modifiche apportate all’articolo 1 della legge 242 del 2016, si specificava che “il comma 3-bis è abrogato“. Si trattava della modifica apportata proprio dal decreto sicurezza, quella che ha reso illegale la cannabis light.

Questo piccolo cambiamento avrebbe salvato un’intera filiera. Dal 2016, in meno di 10 anni, sono nate in Italia circa 800 imprese che coltivano canapa per produrre la materia prima e altre 1.500 che la trasformano in vari derivati, dai tessuti al Cbd fino, appunto, alla cannabis light. In totale, lavorano nella filiera, secondo le stime delle associazioni di settore, circa 10.000 persone a tempo indeterminato e 5.000 lavoratori stagionali.

Il fatturato, prima di aprile, ammontava a 500 milioni di euro all’anno. Si basava però soprattutto sull’esportazione del prodotto all’estero, che rappresentava il 90% del giro d’affari. L’emendamento Gelmetti si occupava anche di questo aspetto, abrogando il comma 3-bis dell’articolo 2 della legge 242 del 2016, anch’esso aggiunto dal decreto sicurezza. Se l’emendamento fosse stato approvato, la cannabis light avrebbe potuto essere nuovamente esportata dall’Italia verso l’estero.