Il tempo sta per scadere. Il 19 settembre 2025 il Governo ha emanato la nuova legge sulla montagna, che vedrà definiti entro il 19 dicembre, con un decreto attuativo del Presidente del Consiglio, i criteri con cui i Comuni potranno accedere ai fondi per le zone montane. Una livella si sta abbassando sui piccoli centri abitati che caratterizzano in realtà la maggior parte del tessuto urbano della penisola, alle parole d’ordine di altitudine e pendenza.
Né l’isolamento né le condizioni socio-economiche verranno prese in considerazione. Secondo una stima esposta da alcuni consiglieri regionali del Pd, solo il Piemonte arriverebbe a perdere finanziamenti per 10 milioni di euro.
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Legge sulla montagna, cambiano i parametri
La legge 131/2025 rivede completamente la definizione di comune montano. I parametri indicati nel 1994 erano:
- quota altimetrica;
- pendenza media del territorio;
- superficie territoriale montana;
- accessibilità e isolamento;
- condizioni socio-economiche;
- tradizione storica e geografica.
Se la legge non verrà modificata, il Dpcm si limiterà a richiedere l’altitudine in cui si trova il centro abitato, non quale sia il punto più elevato del territorio comunale. Andrà a ignorare totalmente la composizione geologica e orografica della superficie che pure rientra nei confini della in questione cittadina.
Si considererà la pendenza, ma non più quanto sia difficile raggiungere il piccolo borgo. E ancora non si valuteranno più fattori come la densità di popolazione, la disponibilità di servizi essenziali e il livello di sviluppo. Per non parlare di come vengano tenuti fuori criteri storici e culturali.
Secondo il ministro per gli Affari regionali e per l’Autonomia Roberto Calderoli, una legge così severa è utile perché impedirebbe di sprecare soldi pubblici su finte montagne.
Il Piemonte: un caso esemplare ma non l’unico
Il caso del Piemonte è emblematico per la funzione decrescente descritta dal declino demografico e dal conseguente spopolamento. La regione sotto l’arcata alpina, infatti, ha un tasso di natalità tra i più bassi della Penisola.
Non è neanche tra le prime 5 regioni ad avere questo triste primato, classificandosi infatti 12esima secondo l’Istat. Tuttavia tra il 2014 e il 2020 ha perso, nei comuni con meno di 1.000 abitanti, fino al 7,2% dei residenti. Senza finanziamenti si andrebbe a peggiorare una situazione già critica per i piccoli centri.
Se la legge risulterà troppo rigida, i risultati finora ottenuti per la tutela del territorio saranno stati vani, in quanto molti comuni risulterebbero esclusi dal Fosmit (Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane), che solo per la Regione in questione ha elargito 23 milioni di euro per l’anno corrente.
Ma non sono solo i dem Isnardi e Paonessa ad aver alzato la voce contro la Legge sulla montagna.
Il sindaco di San Marcello Piteglio, delegato di Anci Toscana, ha definito “inaccettabili” i criteri proposti dal Governo. Verrebbero fatti fuori da ogni finanziamento moltissimi nuclei abitati dell’Appennino.
Anche la Regione Emilia Romagna si è fatta sentire per lo stesso motivo, asserendo che la normativa avvantaggerebbe le Alpi e le aree già più sviluppate. Si sono unite al coro di disapprovazione anche le sezioni Anci di Marche, Umbria, Campania e Liguria.
Comunità montane: non solo folklore
I piccoli centri abitati incastonati tra le alture italiane non sono solo mete turistiche suggestive da visitare – con un giro d’affari da 15 miliardi.
Il monitoraggio orografico del territorio per la prevenzione di frane parte da lì. Spesso sono le sentinelle di piccole centrali idroelettriche.
La manutenzione delle strade di collegamento alternative passa dalla sopravvivenza di quei piccoli centri, che si occupano di tenere vie libere e servizi attivi, abbassando sensibilmente i costi di manutenzione di servizi anche per chi abita nella pianura.
Per questo tutelare la montagna significa anche salvaguardare l’economia di chi sta a valle nei grandi centri abitati.