Moda davanti alla sfida della sostenibilità: investire sui materiali “preferibili”

Uno studio di BCG dimostra che ci sarà un deficit di materie prime "preferibili" e rivela le opportunità di investire in questo ambito ed i costi legati al non adeguarsi

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Redazione

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Il ritorno sulle passerelle di Milano accende, come di consueto, i riflettori sulla moda e sugli aspetti legati alla sostenibilità ed agli impatti del comparto sul clima. E questo perché nei prossimi 4 anni, il comparto vedrà oltre 35 nuove norme legate alla sostenibilità a livello globale, che non dovranno essere sottovalutate dalle aziende, pena il mancato accesso ai mercati e la perdita di utili.

Uno studio di Boston Consulting Group (BCG), in collaborazione con Textile Exchange e Quantis dal titolo “Sustainable Raw Materials Will Drive Profitability for Fashion and Apparel Brands”, illustra il ruolo essenziale delle materie prime per accelerare il percorso di decarbonizzazione dell’industria della moda, dal momento che queste costituiscono fino a due terzi dell’impatto climatico di un marchio.

“Le aziende del settore affrontano oggi una doppia sfida: raddoppiare gli sforzi per ridurre le emissioni di carbonio e, allo stesso tempo, riuscire ad adattarsi velocemente alle normative in arrivo. Il successo su entrambi i fronti richiede una strategia strutturata che non solo prenda in considerazione la necessità di materie prime sostenibili, ma che sia in grado di garantirne la fornitura per il futuro”, afferma Guia Ricci, Managing Director e Partner di BCG.

Esiste già un deficit

La domanda di materie green potrebbe superare l’offerta di 133 milioni di tonnellate entro il 2030, pari a più di sei volte la produzione di questi materiali in India nel 2021.

Nonostante il crescente numero di impegni e obiettivi di decarbonizzazione in tutta l’industria della moda, questa non ha ancora mandato un segnale forte ai fornitori sul crescente uso di materia prime “preferibili”, con il conseguente disallineamento con produttori di materie prime e agricoltori, i quali non si sentono ancora pronti ad assumersi i rischi legati ad un aumento dell’offerta di materiali sostenibili. Il rapporto stima che nel 2030 solo il 19% dei materiali prodotti sarà sostenibile, data l’attuale mancanza di economie di scala.

Cosa fare

Il primo imperativo per le aziende della moda è aumentare significativamente la quota di materie prime “preferibili” all’interno del proprio portafoglio. Nel modello di analisi proposto nello studio  BCG, farlo potrebbe portare ad un aumento del profitto netto del 6% su un periodo di cinque anni. Ad esempio, un marchio di moda con 1 miliardo di dollari di entrate annuali, ha il potenziale per sfruttare un’opportunità cumulativa di circa 100 milioni di dollari in cinque anni.

Il costo del non agire

Non adeguarsi alla normativa vigente rappresenta una vera minaccia per le aziende e i loro profitti, poiché i prodotti potrebbero non accedere ai mercati finché non soddisfano i requisiti previsti, compresi quelli sull’etichettatura, mettendo a rischio fino all’8% dell’EBIT generato

Il manifesto dei materiali

Il rapporto delinea sei principi da cui partire per creare una solida strategia di materiali:

  1. Sviluppare una tracciabilità completa per ridurre i rischi delle supply chain e comprendere pienamente l’impatto di ogni materiale.
  2. Utilizzare un approccio scientifico per rafforzare il processo decisionale e soddisfare gli stakeholder.
  3. Diversificare il portafoglio di materiali per distribuire i rischi e rendere le operazioni più resilienti.
  4. Costruire un business case che porti a una triplice vittoria: per le aziende, per i fornitori e per la natura.
  5. Rafforzare i rapporti con i fornitori lungo la filiera.
  6. Assicurarsi che le conoscenze, gli strumenti e gli incentivi siano condivisi in tutta l’azienda.