Governo diviso sulle banche, ritardi per la Manovra: i nodi da sciogliere

La questione del contributo delle banche sta rallentando la Manovra, che potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri in ritardo rispetto a quanto previsto inizialmente

Foto di Matteo Runchi

Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Pubblicato:

La discussione del testo della Manovra finanziaria in Consiglio dei Ministri potrebbe arrivare ancora più in ritardo di quanto già previsto. Inizialmente, la legge doveva essere esaminata martedì 14, ma durante quel Cdm il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è limitato a esporre il Documento programmatico di bilancio. Il prossimo incontro è previsto venerdì 17, ma non è escluso che si possa andare verso un rinvio a lunedì 20.

Il problema principale è la questione del contributo delle banche. Le posizioni sono sostanzialmente tre: quella ufficiale del Governo, che punta a ricavare 4,5 miliardi di euro da un accordo con gli istituti di credito, quella delle banche, che vogliono evitare qualsiasi tassa, e la mediazione tentata da Giorgetti, che vorrebbe utilizzare i 6,5 miliardi di euro messi a riserva dagli istituti.

La Manovra è in ritardo

Sembra sempre più probabile che la Manovra arriverà in ritardo in Consiglio dei ministri. La discussione del testo era prevista prima per martedì 14, poi per venerdì 17 al rientro del ministro Giorgetti dalla riunione del Fondo monetario internazionale a Washington. Anche questa data però, stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa Ansa, è sempre meno certa.

Nel Governo si stanno aprendo vari fronti anche su norme che sembravano definite. Il leader di Forza Italia Antonio Tajani ha parlato di vantaggi fiscali “per tutti”, mettendo in dubbio il taglio dell’Irpef ai redditi del solo ceto medio. FI e Fratelli d’Italia stanno tentando di limitare il più possibile la Rottamazione delle cartelle voluta dalla Lega e non sembra esserci pieno accordo nemmeno sulla sterilizzazione dell’aumento dell’età pensionabile.

Il principale problema sono le coperture. In particolare, di fatto il Governo non sa ancora esattamente l’entità dei fondi che avrà a disposizione per la Manovra. Il motivo è che uno dei contributi più importanti, quello delle banche, non ha ancora trovato la sua versione definitiva.

La questione del contributo delle banche

Per il secondo anno consecutivo infatti, il Governo ha chiesto a banche e assicurazioni di contribuire al bilancio dello Stato in maniera volontaria. Questa idea era nata con la Manovra per il 2025, alla fine di un periodo in cui, grazie a tassi di interessi molto alti, le banche avevano ottenuto profitti più alti del previsto (extraprofitti).

Girogia Meloni e Giancarlo Giorgetti
ANSA
Girogia Meloni e Giancarlo Giorgetti

Il Governo sta cercando un accordo con le banche e le assicurazioni per questo contributo e, nella trattativa, sta utilizzando la tassa sugli extraprofitti come leva. L’obiettivo è quello di ottenere 4,5 miliardi di euro, un quarto dell’entità della manovra, da questo accordo. Le banche, però, non sono d’accordo

Le tre vie per il contributo

Per il contributo delle banche alla manovra, si stanno sviluppando tre posizioni. Il Governo, come detto, vuole un accordo su base “volontaria” con le banche, che porti 4,5 miliardi di euro nelle casse dello Stato. In caso di mancato accordo, minaccia una tassa sugli extraprofitti che costerebbe alle banche circa 1,2 miliardi. Questa posizione è sostenuta da quasi tutti i partiti di maggioranza.

Abi, l’associazione di settore delle banche italiane, sa però che dal punto di vista tecnico una tassa sugli extraprofitti è molto complessa da elaborare. Non esiste infatti una definizione di “extraprofitto”, visto che non esiste un profitto base per ogni azienda da cui calcolare l’extra. Gli istituti di credito propongono quindi uno schema simile a quello del 2024, una revisione delle Dta (attività fiscali differite), senza nessuna nuova tassa o contributo volontario. Il partito più vicino alla posizione delle banche è Forza Italia.

tasse extraprofitti banche

Per conciliare le due parti, il ministro dell’Economia Giorgetti ha proposto un compromesso. Nessun contributo, nessuna tassa, ma una formula per “liberare” i 6,5 miliardi di euro che le banche hanno messo a riserva nel 2023 e immetterli nell’economia. Questo permetterebbe al Governo di spendere meno per la crescita e concentrare le proprie risorse su altro. Le banche vedono però anche questa opzione come una tassa. La misura porterebbe dal 40% al 26% l’imposta sullo spostamento di questi capitali, dando comunque allo Stato 1,7 miliardi di euro.