Google danneggia gli altri inserzionisti, confermata l’accusa di monopolio illegale

Google è nuovamente sotto i riflettori con l'accusa di monopolio illegale e danneggiamento degli inserzionisti

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

L’accusa di abuso di posizione dominante contro Google si fa sempre più concreta. Venerdì scorso, l’autorità antitrust britannica, la Competition and Markets Authority (Cma), ha reso nota una constatazione preliminare: il colosso tecnologico Alphabet, attraverso la sua controllata Google, avrebbe utilizzato pratiche anticoncorrenziali nel mercato della pubblicità digitale, limitando la concorrenza e danneggiando potenzialmente migliaia di editori e inserzionisti britannici.

Quali sono le accuse contro Google?

Secondo il rapporto della Cma, Google avrebbe sfruttato il proprio potere di mercato per favorire il suo ad exchange Adx a discapito di altri player del settore. In particolare, si tratta di un abuso di posizione dominante nella tecnologia delle inserzioni pubblicitarie (open display ad tech), che avrebbe consentito a Google di limitare la competizione nella gestione delle aste pubblicitarie online.

Juliette Enser, direttrice esecutiva ad interim per l’applicazione delle leggi presso la Cma, ha dichiarato: “Abbiamo trovato provvisoriamente che Google stia usando il proprio potere di mercato per ostacolare la concorrenza per quanto riguarda gli annunci che le persone vedono sui siti web”. Questo tipo di comportamento, secondo Enser, potrebbe avere conseguenze dirette su molte imprese che dipendono dalla pubblicità online per sostenere i propri contenuti, mantenendoli gratuiti o a un prezzo ridotto.

La risposta di Google

Google ha respinto con fermezza le accuse della Cma, definendo errata l’interpretazione del settore tecnologico pubblicitario fatta dall’autorità britannica. Dan Taylor, vicepresidente di Google per le pubblicità globali, ha dichiarato: “I nostri strumenti di tecnologia pubblicitaria aiutano i siti web e le app a finanziare i loro contenuti, consentendo a imprese di tutte le dimensioni di raggiungere efficacemente nuovi clienti. Google rimane impegnata a creare valore per i nostri partner, sia editori che inserzionisti, in questo settore altamente competitivo”.

Taylor ha inoltre sottolineato che la causa si basa su interpretazioni distorte del funzionamento della tecnologia pubblicitaria (come anche del monopolio delle ricerche), difendendo le pratiche di Google come parte integrante di un ecosistema che offre benefici sia agli inserzionisti che agli editori.

Quali sono le conseguenze? Previste sanzioni

La Cma, nella sua indagine, ha rilevato che l’abuso di Google risalirebbe almeno al 2015 e riguarda sia il lato dell’acquisto che della vendita nella filiera pubblicitaria. Se le accuse verranno confermate, l’autorità britannica potrebbe imporre una multa significativa a Google, fino al 10% del suo fatturato globale. Data l’enorme mole di affari del colosso tecnologico, questo potrebbe tradursi in una sanzione di miliardi di dollari.

Oltre alla multa, la Cma potrebbe anche emettere ordini vincolanti per costringere Google a modificare le proprie pratiche e porre fine alle condotte anticoncorrenziali. La Cma ha specificato che considererà le rappresentazioni di Google prima di prendere una decisione definitiva su quali misure adottare.

Il caso Google: le altre accuse

Non è la prima volta che Google si trova a fronteggiare accuse di “abuso di posizione dominante”. L’indagine della Cma si inserisce in un contesto più ampio di scrutinio globale delle pratiche commerciali della società nel settore della pubblicità digitale. Sia il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che la Commissione Europea stanno conducendo indagini simili sulle attività pubblicitarie di Google.

Nel giugno del 2023, i regolatori dell’Unione Europea avevano ipotizzato che Google potesse essere costretta a cedere parte del suo business legato all’ad tech per risolvere le preoccupazioni di concorrenza.

Google ha respinto questa ipotesi, definendo la misura “sproporzionata”. La risposta dell’azienda alla Cma riflette una posizione simile: Google non considera giustificata l’accusa di aver distorto il mercato e ritiene che le proprie pratiche siano competitive e a beneficio di tutto il settore.