Usa, inflazione ha accelerato a giugno con i primi effetti dei dazi di Trump

La pressione delle tariffe potrebbe intensificarsi nei prossimi mesi

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Redazione

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L’inflazione ha accelerato a giugno negli Stati Uniti, con i dazi del presidente Donald Trump che hanno iniziato a lasciare un’impronta più marcata sull’economia, rafforzando le scommesse che la Federal Reserve mantenga stabili i tassi di interesse alla prossima riunione di politica monetaria questo mese.

I dati headline

Secondo il Bureau of Labour Statistics (BLS) americano, i prezzi al consumo hanno registrato, nel mese di giugno 2025, un aumento dello 0,3% su base mensile, dopo il +0,1% del mese precedente e contro il +0,3% atteso dagli analisti.

L’indice relativo all’alloggio è aumentato dello 0,2% a giugno, rappresentando il fattore principale dell’aumento mensile di tutte le voci. L’indice dell’energia è aumentato dello 0,9% a giugno, con l’indice della benzina in crescita dell’1,0% nel mese. L’indice relativo ai prodotti alimentari è aumentato dello 0,3%, con l’indice relativo al cibo consumato a casa in crescita dello 0,3% e l’indice relativo al cibo consumato fuori casa in crescita dello 0,4% a giugno.

Su base annua, la crescita dell’inflazione è stata del 2,7%, in salita rispetto al 2,4% del mese precedente, più di quanto atteso dal consensus (+2,6%). L’indice energetico è diminuito dello 0,8% nei 12 mesi terminati a giugno. L’indice alimentare è aumentato del 3,0% nell’ultimo anno.

I dati core

Il “core” rate, ossia l’indice dei prezzi al consumo depurato delle componenti più volatili quali cibo ed energia, più osservato dalla Fed, ha registrato un aumento dello 0,2% su base mensile, (+0,3% stimato dal mercato), dopo il +0,1% del mese precedente. La crescita tendenziale si attesta al +2,9%, sotto il 3% del consensus e dopo il +2,8% rilevato a maggio.

Le pressioni dei dazi

Gli economisti prevedono che le pressioni sui prezzi si intensificheranno nei prossimi mesi, soprattutto se i nuovi dazi minacciati dal presidente contro l’Unione europea e una serie di altri paesi negli ultimi giorni verranno imposti il 1° agosto come previsto. Finora, l’inflazione è stata comunque più contenuta di quanto si temesse al ritorno di Trump alla Casa Bianca.

I segnali di un’accelerazione delle pressioni sui prezzi renderanno più difficile per la banca centrale riavviare i tagli dei tassi di interesse, che sono allo stesso livello dallo scorso dicembre. I funzionari della Fed hanno adottato un approccio attendista, optando per mantenere stabili i costi del denaro finché non avranno un’idea più chiara di come le politiche di Trump – che oltre ai dazi includono una stretta sull’immigrazione, tagli alle tasse e alla spesa e un’ampia spinta alla deregolamentazione – avranno un impatto sull’economia.

Il cambio alla Fed

L’approccio paziente della Fed ha irritato Trump, che ha incessantemente chiesto alla banca centrale di abbassare significativamente i tassi di interesse. Nell’ambito della sua campagna di pressione contro la Fed, ha iniziato a criticare il presidente Jerome Powell quasi quotidianamente, arrivando persino a chiederne le dimissioni.

In un’intervista rilasciata oggi a Bloomberg, il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha dichiarato che è già in corso un “processo formale” per trovare un possibile sostituto di Powell, il cui mandato scade a metà del prossimo anno. La permanenza di Powell alla Fed al termine del suo mandato sarebbe fonte di confusione, ha aggiunto Bessent.