Outlook 2025, cosa aspettarsi per il secondo semestre?

"Il consiglio per la costruzione del portafoglio è di essere meno smart e un po' più flessibili nel muoversi sulle diverse variabili"

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Redazione

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Il primo semestre si è appena concluso ed è stato denso di eventi che hanno generato volatilità sui mercati: il conflitto tra Israele e Iran, i timori per nuove turbolenze nei mercati petroliferi, con il Brent salito di circa il 10% per poi stabilizzarsi intorno ai 75 dollari (livello di inizio aprile), con ripercussioni sui prezzi alla pompa. Persistono inoltre le preoccupazioni legate all’incertezza sui dazi, anche se le aziende hanno mostrato una certa resilienza in questo contesto. È quanto emerge da un’analisi di Alessandro Tentori, chief Investment Officer Europa di AXA IM.

Il quadro macro e le previsioni

Guardando alle previsioni di consenso, – rileva Tentori – è interessante notare come si sia aperta una forchetta tra le forecast per gli Stati Uniti, che sono state riviste, e quelle per l’Eurozona, che non sono cambiate. Questa discrepanza è una conseguenza delle politiche commerciali dell’amministrazione Trump. Analisti ed economisti non hanno rivisto per nulla la stima di crescita e d’inflazione per l’Eurozona, mentre è stata rivista pesantemente quella della crescita dell’economia statunitense, dove si partiva con un Pil oltre il 2% (ora al 1,4%) per il 2025 e con un’inflazione a 2,5% (ora al 3%). La previsione del consenso per la crescita dell’Eurozona nel 2026 è stata rivista all’1,1%, ma appare piuttosto bassa. In Cina, l’inflazione fatica ancora a riprendersi dopo un periodo di disinflazione legato a fattori strutturali, ma sia sul fronte fiscale sia sul piano monetario si stanno compiendo progressi significativi, di conseguenza il Pil della Cina potrebbe avvicinarsi al 5% quest’anno (rispetto al 4,5% stimato dal consenso). In quali aspettative di politica monetaria si traducono queste stime macro del consenso? Il mercato prevede una Fed più aggressiva rispetto alla Bce. Il mercato si aspetta ancora due tagli dei tassi da parte della Fed, ma questa view si discosta da quella degli analisti di AXA IM. Il punto è che, al momento, la Fed non ha motivi per ridurre il costo del denaro, né sul fronte dell’inflazione né su quello della crescita. Non è quindi da escludere che alla fine si mostri più attendista rispetto a quanto scontato dai mercati.

Nessun rischio di recessione negli USA nel breve termine

Al momento non sembra esserci un rischio concreto di recessione. Negli Usa, la capacità di generare utili è rimasta invariata e lo shock tecnologico sta avendo un impatto più favorevole sulle aziende americane rispetto a quelle europee. Guardando ai dati e agli indicatori sull’economia statunitense, non emerge nemmeno un segnale di un’inflazione eccessiva (né troppo alta né troppo bassa).

Materie prime

Di recente, il prezzo del petrolio ha registrato una forte volatilità. Permane incertezza sulla tenuta della tregua tra Iran e Israele, e va considerato che un’eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz avrebbe un impatto rilevante sui mercati delle materie prime e sull’approvvigionamento energetico in Europa. Storicamente, ogni volta che è scoppiata una guerra in Medio Oriente — dalla guerra dello Yom Kippur del 1973 al conflitto di Gaza iniziato nel 2023 — il prezzo del petrolio è aumentato nei 12 mesi successivi. È quindi possibile che da qui all’estate del 2026 il prezzo si mantenga su livelli più elevati: un fattore di rischio da non sottovalutare in ottica di investimento.

La liquidità di mercato

La reazione dei mercati agli shock tendono a durare sempre meno. Come già osservato in altre occasioni, dopo lo shock iniziale i mercati –afferma l’analista – tendono a ridimensionare il rischio, prezzando lo scenario più favorevole. Probabilmente viviamo in un mondo ancora drogato dall’eccesso di liquidità immessa dalle banche centrali: basti pensare che il post-Liberation Day è durato appena una settimana.

L’inflazione resta viscosa

“Nei prossimi mesi – sottolinea Tentori – mi aspetto una convergenza tra i sondaggi e i dati sull’inflazione, dato che tutti gli indicatori segnalano il rischio di una ripresa dell’inflazione negli Usa. Quanto ai dati reali, l’inflazione statunitense è rimasta costantemente al di sotto delle attese nel corso dell’anno”.

I mercati

Il rally dell’S&P 500 non è stato seguito da tutti: molti investitori non hanno incrementato le proprie posizioni durante la fase di rialzo. Se dovessimo assistere a un ulteriore aumento rispetto ai livelli storici, – prosegue Tentori – è probabile che questi investitori vengano risucchiati dal mercato, contribuendo a un’ulteriore spinta dei listini. I mercati europei continueranno a sovraperformare quelli americani nel secondo semestre? Il mercato europeo probabilmente manterrà una buona performance, ma probabilmente non farà meglio di quello americano. In generale, il consiglio per la costruzione del portafoglio – afferma Tentori – “è di essere meno smart e un po’ più flessibili nel muoversi sulle diverse variabili”.

La scelta che potrà rivelarsi più premiante? Essere umili e affidarsi agli specialisti.