La Fed tagli i tassi di un quarto di punto: nel 2025 solo altre due sforbiciate

Nuovo intervento della Fed sui tassi, tagliati di un quarto di punto: ora la forchetta è tra il 4,25 e il 4,50%, mentre nel 2025 è prevista una riduzione totale di mezzo punto.

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 18 Dicembre 2024 20:36

La Fed, Federal Reserve, ha tagliato i tassi d’interesse di un quarto di punto, portandoli nella fascia compresa tra il 4,25 e il 4,50%. Una decisione non presa con leggerezza, almeno stando alle dichiarazioni del presidente Fed Jerome Powell, che segue gli interventi analoghi che erano già stati adottati a settembre e novembre 2024. È dunque la terza riduzione consecutiva del costo del denaro negli Stati Uniti, con le previsioni future del dot-plot (tabelle allegate alle decisioni di politica monetaria) che porterebbero ad altri due interventi della stessa portata nel 2025, con il valore totale che scenderebbe dunque di mezzo punto.

Il taglio dei tassi della Fed

L’accelerata sul taglio dei tassi adottata dalla Fed sul finire del 2024 farà da apripista a un periodo di intervento meno dinamico. Nel 2025, infatti, i dot-plot indicano una mediana che porterà il tasso ufficiale a un valore compreso tra il 3,75 e il 4%. Una crescita che non piace alla Fed, visto che solo a settembre le stime per lo stesso periodo (fine del 2025) erano comprese tra il 3,25 e il 3,50%. Il risultato, allo stato attuale, è che nel 2025 ci saranno solo due strette sui tassi per un totale di 50 punti base, contrariamente ai 100 che erano stati previsti in precedenza. Il cambiamento descritto non è piaciuto a Wall Street che, infatti, ha girato in negativo.

“I recenti indicatori – si legge nel comunicato della Fed rilasciato a seguito della decisione di ridurre di un quarto di punto gli attuali tassi – mostrano che l’attività economica ha continuato a espandersi a una velocità solida. Le condizioni sul mercato del lavoro si sono allentate e la disoccupazione è aumentata ma resta bassa. L’inflazione ha compiuto progressi verso l’obiettivo del 2% ma resta elevata”.

La decisione presa, si specifica, non ha goduto dell’unanimità dei votanti. A favore del rinvio dell’intervento era soprattutto la presidente della Fed di Cleveland Beth M. Hammack che avrebbe preferito lasciare ancora i tassi al 4,5 – 4,75%.

Le prospettive future

La revisione prospettiva al ribasso si estende anche agli successivi al 2025. Nel 2026 le proiezioni sono passate dal dato di settembre di 2,75 – 3% all’odierno 3,25 – 3,50%, così come nel 2027 i tassi potranno scendere al 3 – 3,25% e non allo sperato 2,75 – 3%.

A essere ritoccato al rialzo è stato anche il tasso di lungo periodo (anche detto neutrale), che è passato – in mediana – dal 2,75 – 3% di settembre al 3%. I governatori Fed sono stati dunque costretti a rivedere al ribasso la discesa futura del taglio dei tassi.

La revisione al rialzo dell’inflazione

Le decisioni della Fed sul taglio dei tassi risentono inevitabilmente dell’andamento dell’inflazione negli Stati Uniti. La previsione di quest’ultima, rispetto a tre mesi fa, porterà nel 2025 a un dato del 2,5%, contro il 2,1% stimato a settembre, del 2,1% nel 2026 (a settembre la stima era al 2%) e, nel 2027, del 2%. Discorso analogo anche per l’inflazione core, rivista al rialzo per il 2025 (dal 2,2% al 2,5%) e per il 2026 (dal 2% al 2,2%). Nel 2027 è stimata al 2%.

Powell e il bilanciamento tra rischi e prezzi

La decisione odierna presa dalla Fed è stata così commentata dal presidente Jerome Powell, fermamente convinto che sia necessario continuare a bilanciare i rischi per le attività economiche con i prezzi: “Con l’azione di oggi, abbiamo ridotto il nostro tasso di riferimento di un intero punto percentuale rispetto al suo massimo, e la nostra posizione di politica monetaria è ora significativamente meno restrittiva”.

E ancora: “Possiamo quindi procedere con maggiore cautela nel considerare ulteriori aggiustamenti al tasso di riferimento. Sappiamo che ridurre troppo rapidamente o eccessivamente la restrizione di politica monetaria potrebbe ostacolare i progressi sull’inflazione. Allo stesso tempo, ridurre la restrizione troppo lentamente o troppo poco potrebbe indebolire ingiustamente l’attività economica e l’occupazione”.