Eurozona ancora in crisi. E adesso come si muoverà la BCE?

Non è escluso un altro trimestre di variazione negativa del PIL, ma la crisi rimane abbastanza mite e consente alla Banca centrale di non cambiare rotta sugli aumenti dei tassi

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Redazione

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Dopo il breve slancio di crescita registrato in primavera, l’espansione della produzione economica dell’Eurozona si è avvicinata allo stallo nel mese di giugno, segnalando una nuova fase di indebolimento dell’economia e risultando inferiori alle attese degli esperti. I cali dell’attività sono stati guidati dalla Francia, ma l’attività sta rallentando anche in Germania e nel resto dell’Eurozona, offuscando le prospettive di ripresa dopo la recessione tecnica invernale.

Fattore inflazione

Secondo quanto emerso dagli indici HCOB PMI, elaborati da S&P Global e pubblicati venerdì, per la prima volta da gennaio il flusso dei nuovi ordini è diminuito, la crescita occupazionale è rallentata e le aspettative future si sono deteriorate. I produttori dello studio hanno comunque definito “incoraggiante” il fatto che tale rallentamento sia stato accompagnato da un forte attenuamento delle pressioni inflazionistiche. I costi hanno infatti indicato l’aumento più lento da dicembre 2020 e i prezzi medi di vendita di beni e servizi hanno segnalato il più debole tasso di incremento da marzo 2021.

Continuano ad essere presenti sostanziali differenza tra l’ambito manifatturiero e quello dei servizi. Nella manifattura lo spaccato dell’indagine resta sfavorevole e non offre prospettive di recupero per i prossimi mesi; i servizi si confermano su livelli espansivi, come segnalato da intenzioni di assunzione ancora positive, ma l’indagine suggerisce che la ripresa sta comunque perdendo spinta.

“Dopo la lieve recessione subita tra fine 2022 e inizio 2023 il livello medio del PMI composito è compatibile con un ritorno alla crescita del PIL nel 2° trimestre – ha commentato Andrea Volpi, economista per l’area euro di Intesa Sanpaolo – Le indicazioni che emergono dalle letture di giugno suggeriscono però la presenza di rischi al ribasso sulla tenuta del ciclo nel 2° semestre“.

Costo del danaro

Il lato positivo del quadro economico debole è che le pressioni inflazionistiche continuano ad affievolirsi, e la speranza di alcuni osservatori è che ciò possa permettere alla Banca centrale europea di rivedere i suoi piani per alzare il costo del denaro. Lo scorso 15 giugno la BCE ha alzato i tassi ufficiali di 25 punti base come atteso, sottolineando che i rialzi dei tassi non sono conclusi, anche se l’atteggiamento resta dipendente dai dati.

“Il quadro economico fiacco combinato con il continuo miglioramento dell’inflazione sembrerebbe essere dovish per la BCE – ha commentato Bert Colijn, Senior Economist presso ING – Tuttavia, nulla di tutto ciò fornirà alla banca un catalyst per cambiare direzione sugli aumenti dei tassi. I policymaker sembrano preferire un inasprimento eccessivo piuttosto che insufficiente in questo momento, il che pone le basi per un altro potenziale aumento a settembre”.

Nel frattempo, questa settimana la Bank of England ha alzato i tassi oltre le attese (di 50 punti-base al 5%, al massimo dal 2008), la banca centrale svizzera di 25 punti base all’1,75% e quella norvegese di 50 punti-base al 3,75%. Inoltre, diversi funzionari della BCE hanno ribadito la necessità di continuare con gli aumenti dei tassi, che difficilmente sarà scalfita dalla debolezza emersa dagli indici PMI.