Energia e debito comune: è giallo sulla posizione di Berlino

Fonti del governo tedesco si affrettano a smentire che il Cancelliere Scholz si sia convinto a dire sì ad un ampliamento del bilancio europeo per finanziare le misure contro il caro energia

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Redazione

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E’ già un mistero la posizione della Germania sul tema dell’emissione di debito comune per finanziare le misure contro il caro energia degli Stati membri. Berlino prima apre a questa possibilità “a certe condizioni”, poi smentisce e richiude a questa proposta su cui si discute già da alcuni giorni.

Scholz fa dietrofront sugli eurobond per l’energia

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo quanto riferito da fonti a Bloomberg, si sarebbe persuaso ad usare uno strumento simile a Sure per finanziare le misure contro il caro energia a favore di consumatori ed imprese. Un dietrofront maturato dal vertice di Praga e motivato dalle aspre critiche ricevute al maxi piano da 200 miliardi varato dal governo tedesco.

A convincere il cancelliere l’ipotesi di creazione di uno strumento che, a fronte dell’emissione di debito comune, sia condizionato alla concessione di prestiti e non sovvenzioni agli Stati membri.

La portata del piano potrebbe essere compresa fra i 100 miliardi stanziati per Sure ed i 724 miliardi messi sul piatto per il Recovery Fund.

Ma da Berlino arriva immediata la smentita

“Questi piani non sono a conoscenza del governo tedesco”. Con questa secca smentita Berlino ha richiuso la porta agli eurobond giusto dopo qualche ora. Un cambio di posizione che sembrerebbe inspiegabile, se non fosse che all’interno del governo tedesco vi sono posizioni molto differenti.

Proprio Scholz in visita a Praga, a fine agosto, aveva affermato che l’Ue deve agire “rapidamente e in modo coordinato, evitando le azioni isolate dei singoli Paesi” e che andrebbe superato il meccanismo del veto e del voto all’unanimità.

Per il suo Ministro delle finanze Christian Lidner però “gli strumenti che sono stati utilizzati durante la pandemia non possono essere trasferiti uno a uno a uno in un contesto di shock dell’offerta e uno scenario di inflazione”.

Perché si parla di Sure?

Sure è un fondo da 100 miliardi creato dalla UE durante la pandemia e finanziato con emissione di bond europei, per erogare agli Stati membri prestiti agevolati per sostenere i livelli occupazionali (cassa integrazione). La proposta di rispolverare il modello Sure era stata lanciata la scorsa settimana, prima del vertice di Praga, dal Commissario all’Economia Paolo Gentiloni e da quello per il Mercato Interno Thierry Breton.

Una proposta vista di buon occhio anche dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha parlato di una “rivalutazione” del ruolo della UE e del suo bilancio, che “non è stato concepito per affrontare sfide multiple” e quindi “le risorse e le flessibilità sono estremamente limitate”. “Se vogliamo continuare a utilizzare il bilancio dell’Ue per dare delle risposte comuni alle sfide comuni dobbiamo fare una rivalutazione”, ha affermato la numero uno di Bruxelles.

Ma nell’ambito della stessa Commissione vi sono posizioni diverse e quella della vicepresidente e commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager è sicuramente più rigida. Parlando degli aiuti di Stato, la responsabile ha affermato che “qualsiasi eccezione che facciamo in nome della crisi deve essere ben giustificata e contenuta negli accordi di flessibilità previsti dalle nostre regole di concorrenza” e “proteggere la concorrenza è una questione di equità”.