Abbiamo un problema con l’uva italiana, produzione in calo e prezzi in aumento

Le sfide della produzione e le opportunità per il mercato: l'uva da tavola italiana tra crisi climatica, aumenti di prezzo e prospettive di esportazione

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Pubblicato: 10 Novembre 2024 12:00

L’uva da tavola italiana si trova ad affrontare un’annata complessa, segnata da numerosi problemi che rischiano di compromettere la competitività del settore.

I dati forniti da Ismea nel report “Tendenze – Frutta fresca” di ottobre 2024 dipingono un quadro difficile, con una produzione ridotta sia rispetto al 2023 che rispetto al potenziale produttivo del paese.

Perché abbiamo un problema con l’uva, la situazione in Italia

La causa principale del calo della produzione di uva in Italia è, secondo gli esperti, da attribuire alla riduzione delle superfici coltivate nelle aree tradizionalmente più importanti, come Bari, Barletta, Andria, Trani e Catania, che sta limitando l’offerta. Ma non solo, a ciò si aggiunge l’impatto negativo della siccità, che ha compromesso ulteriormente la capacità delle viti di svilupparsi adeguatamente, riducendo il volume complessivo della raccolta.

La riduzione della produzione di uva da tavola in Italia rappresenta un problema per diverse ragioni che toccano sia il mercato interno che quello estero.

Prima di tutto, con una minore quantità di uva disponibile, l’Italia rischia di non riuscire a soddisfare la domanda interna ed estera. Questo crea spazio per i concorrenti, in particolare paesi come la Spagna, che ha registrato un aumento della produzione. Una perdita di quote di mercato potrebbe avere effetti a lungo termine sulla posizione dell’Italia nel settore, minando la sua capacità di esportazione e di mantenere la leadership internazionale.

Inoltre, molte delle aree coinvolte, dipendono fortemente dalla produzione di uva per l’economia locale, che devono affrontare costi più alti per sostenere una produzione ridotta. Di conseguenza, questo calo di produzione può provocare una perdita di posti di lavoro e una crisi economica a livello locale, ma anche un aumento generale dei prezzi.

L’impatto sui prezzi

La scarsità di uva ha portato a un aumento dei prezzi, che inevitabilmente si riflette sia sui consumatori che sulle catene di distribuzione. Sebbene i consumatori italiani sembrino disposti a spendere di più per un prodotto di qualità, i continui aumenti possono scoraggiare gli acquisti e influire negativamente sul consumo di uva, riducendo la domanda a lungo termine.

Anche se il rialzo dei prezzi all’origine potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per i produttori, la scarsità di prodotto potrebbe comunque ridurre la competitività, soprattutto sul mercato interno e quello estero, dove i concorrenti europei, come la Spagna appunto, potrebbero guadagnare terreno grazie a una maggiore disponibilità di uva.

Il mercato estero: esportazioni in diminuzione, fatturato in aumento

Anche sul fronte delle esportazioni non ci sono buone notizie. I flussi di uva italiana verso l’estero sono infatti in contrazione rispetto agli ultimi anni, limitando la possibilità di approvvigionare i mercati esteri.

È anche vero, però, che il forte aumento dei prezzi all’export dovrebbe comunque garantire risultati soddisfacenti in termini di fatturato. È infatti previsto che il valore delle esportazioni si mantenga in linea con i livelli record raggiunti nel 2023, nonostante una flessione nei volumi spediti.

L’Italia è storicamente uno dei principali esportatori di uva da tavola, e i suoi prodotti sono apprezzati per la qualità superiore, un aspetto che continua a rappresentare un punto di forza. La vera sfida quindi sarà bilanciare la riduzione della quantità offerta con il mantenimento delle quote di mercato, soprattutto in Europa e nei paesi extra-UE dove la concorrenza, si fa sempre più agguerrita.

Il mercato domestico: aumento della spesa nonostante i rincari

Se analizziamo infine il mercato interno, secondo i dati Ismea, c’è stata di fatto una crescita nelle vendite al dettaglio, con un incremento del 24% nelle quantità acquistate a settembre 2024. Così, anche la spesa è stata maggiore del 28%, grazie a un prezzo medio al dettaglio che è aumentato del 2,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Particolarmente positivi, poi, i dati relativi alle vendite di uva confezionata, che mostrano una performance ancora migliore, segnale di un crescente interesse per il prodotto confezionato, più comodo e pronto per il consumo. Questo trend potrebbe rappresentare una via per rispondere alla flessione dei volumi, spostando l’offerta verso un mercato più mirato e di qualità. Ma in realtà i dati suggeriscono che, nonostante l’aumento dei prezzi, i consumatori continuano a sostenere una forte domanda di uva da tavola, probabilmente attratti dalla qualità elevata del prodotto italiano.

Prospettive e possibili conseguenze

La campagna di una nel 2024 dovrebbe concludersi in anticipo rispetto alla norma, con la raccolta che a metà ottobre era già quasi terminata in tutte le aree produttive principali. Sappiamo che le partite di uve stoccate in frigorifero sono limitate, ma anche che il profilo qualitativo del prodotto rimane elevato, il che potrebbe sostenere i prezzi fino alla fine della campagna.

Per i produttori, la strategia di concentrarsi sulla qualità piuttosto che sulla quantità potrebbe essere la chiave per navigare un’annata di per sé partita già difficile. Se i prezzi elevati per l’export e per il mercato interno continueranno a sostenere il settore, l’industria dell’uva da tavola italiana potrebbe chiudere l’anno con un bilancio positivo, nonostante le difficoltà legate alla siccità e alla riduzione delle superfici coltivate.

Questi fattori potrebbero essere il punto di forza per l’Italia, ma la carenza di prodotto mette comunque a dura prova il settore, specialmente per i produttori che si affidano a volumi elevati per rimanere competitivi.