Istat, commercio chiude 2023 di passione: pesano inflazione e calo potere d’acquisto

Nel 2023 cresce il valore (+2,8%) delle vendite al dettaglio ma calano i volumi (-3,7%) a conferma che l'inflazione ha svuotato il carrello della spesa

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Redazione

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A dicembre 2023 Istat ha stimato, per le vendite al dettaglio, un calo congiunturale dello 0,1% in valore e dello 0,5% in volume. Sono in diminuzione le vendite dei beni alimentari in valore e in volume (rispettivamente -0,2% e -0,9%) e quelle dei beni non alimentari in volume (-0,2%), mentre sono stazionarie quelle in valore.

Nell’ultimo trimestre del 2023, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio aumentano in valore (+0,3%) e subiscono una flessione in volume (-0,2%). Le vendite dei beni alimentari crescono in valore (+0,3%) e diminuiscono in volume (-0,2%) mentre le vendite dei beni non alimentari non subiscono variazioni in valore e calano in volume (-0,2%).

I risultati del 2023

Nel complesso del 2023 le vendite al dettaglio in valore crescono del 2,8% rispetto all’anno precedente, grazie soprattutto alla componente dei beni alimentari. Flettono, invece, i volumi (-3,7%), con andamenti sostanzialmente analoghi per alimentari e non alimentari. “A livello congiunturale, tutti i trimestri dell’anno appena concluso hanno registrato variazioni negative nel volume delle vendite, mentre i dati in valore, dopo la crescita del primo trimestre, non hanno subito variazioni di rilievo nel resto dell’anno. Nella media del 2023, tra le forme distributive, è la grande distribuzione a registrare l’aumento in valore più sostenuto, sebbene anche gli altri canali di vendita chiudano l’anno in positivo, anche se con incrementi decisamente più contenuti”, ha commentato l’Istituto di Statistica.

Il commento dei consumatori

“Nella media del 2023 le vendite dei prodotti alimentari hanno registrato una contrazione in volume del -3,9%, a fronte di un aumento in valore del 5,8% – ha spiegato il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso – Questo significa che le famiglie, pur avendo messo in tavola meno cibo e bevande rispetto all’anno precedente, si sono ritrovate al spendere di più, e questo a causa del forte aumento dei prezzi che ha investito il settore”.

“In parole povere, gli italiani hanno speso di più per acquistare meno, e questo a causa dei pesanti aumenti che si sono abbattuti sui prezzi al dettaglio in tutti i settori, e che hanno impoverito le famiglie costringendole a tagliare gli acquisti anche per beni primari come gli alimentari, le cui vendite in volume sono scese del -3,9%” – ha affermato il presidente di Codacons, Carlo Rienzi.

Dati sconfortanti. In media nel 2023 il calo dei volumi consumati rispetto al 2022 è pari al 3,7%, anche se poi l’inflazione crea l’illusione ottica di un rialzo del 2,8%. Traducendo in soldoni queste cifre, rispetto al 2022 le spese alimentari per una famiglia media scendono di 225 euro a prezzi del 2022, quelle non alimentari di 621 euro, per un totale di 846 euro. Una coppia con 2 figli acquista 314 euro in meno di cibo e 858 euro di beni non alimentari, per una cifra complessiva di 1172 euro, mentre per una coppia con un figlio sono 284 euro in meno per mangiare, 1081 euro in totale”, ha affermato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Il commento delle imprese

Le famiglie hanno speso il 5,8% in più per mangiare il 3,9% in meno mentre gli agricoltori sono sottopagati per i prezzi che moltiplicano dal campo alla tavola. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati sul commercio dal dettaglio dell’Istat nel 2023. “Le anomalie lungo la filiera sono evidenti in Italia, dal grano al pane – sottolinea la Coldiretti – il prezzo aumenta fino a venti volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito, con una forbice che non è mai stata così ampia. Un chilo di grano che viene pagato oggi agli agricoltori attorno ai 24 centesimi serve per fare un chilo di pane che viene venduto ai consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città”.

“In Italia permangono situazioni molto complicate, con alcuni segmenti di consumo, tra cui abbigliamento e calzature e mobili ed elettrodomestici che vedono calare le vendite anche a valore, con particolari penalizzazioni per le imprese di minori dimensioni. Si spera che la stagione dei saldi ne migliori il fragile profilo economico-finanziario”, ha commentato l’Ufficio Studi di Confcommercio ai dati Istat di oggi. “L’inflazione continua a sgonfiare le vendite, che chiudono il 2023 con una riduzione in volume di 3,7 punti. Un calo che è un vero proprio crollo per le piccole superfici: secondo le nostre stime, per i negozi la contrazione del volume delle vendite è stata di 6 punti sul 2022″, ha sottolineato l’Ufficio economico Confesercenti in una nota.