Il percorso verso un’economia più sostenibile dal punto di vista climatico e ambientale, promosso da consumatori, investitori e istituzioni, accelererà la trasformazione verde delle aziende e porterà a un aumento delle opportunità di impiego nell’ambito della sostenibilità, creando fino a 30 milioni di nuovi posti di lavoro nel mondo entro il 2030.
Secondo il report “Building Competitive Advantage with A People-First Green Business Transformation” di ManpowerGroup, presentato al World Economic Forum di Davos, che ha coinvolto circa 40.000 datori di lavoro e oltre 5.000 persone in 41 Paesi, il 70% delle aziende di tutti i settori pianifica di assumere talenti nell’ambito della sostenibilità, i cosiddetti “green jobs”. Le intenzioni di assunzione più forti (81%) sono state riscontrate nel settore dell’energia e dei servizi pubblici, seguito dai comparti information technology (77%) e servizi finanziari (75%), mentre i talenti verdi più ricercati sono quelli attinenti alle funzioni della produzione (36%), di operations e logistica (31%), IT (30%), vendite e marketing (27%), ingegneria (26%), amministrazione (25%) e risorse umane (25%).
Italia tra Paesi con maggiori carenze di competenze
Soltanto in Europa, potrebbero essere creati oltre 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro verdi entro il 2040 grazie allo sviluppo di molecole verdi, come l’idrogeno e i biocarburanti, nell’ambito della transizione energetica. Tuttavia, la transizione richiederà la riqualificazione e l’aggiornamento del 60% dei professionisti per dotarli delle competenze cruciali necessarie a soddisfare la crescente domanda verde.
Il report parla anche dell’Italia e la colloca – insieme a Spagna e Germania – tra i Paesi che presentano le maggiori carenze di competenze, che devono essere affrontate attraverso la formazione professionale, gli strumenti di mappatura della forza lavoro e i partenariati pubblico-privati. Inoltre, la partecipazione delle donne ai lavori della green economy è in aumento, ma rimane inferiore al 40% nella maggior parte dei Paesi. Fanno eccezione Spagna e Italia, dove si prevede che le donne ricopriranno oltre il 50% dei posti di lavoro verdi diretti entro il 2040.
Tuttavia, le competenze verdi scarseggiano, tanto che il 94% dei datori di lavoro a livello globale riconosce di non avere in azienda i professionisti necessari per raggiungere i propri obiettivi ESG e tre quarti (75%) di essi affermano di avere difficoltà a trovare i talenti con le competenze ricercate. Tra i principali ostacoli citati dalle aziende che cercano di progredire nella transizione verde, si evidenziano il reperimento di candidati qualificati (44%), la creazione di programmi di riqualificazione efficaci (39%) e l’identificazione di competenze trasferibili (36%).
Competenze green: un’opportunità di carriera
A livello globale, solo 1 lavoratore su 8 possiede più di una competenza “green”. Si tratta di una sfida per i datori di lavoro, ma anche di un’opportunità per i lavoratori: infatti, il tasso di assunzione medio per le persone con almeno una competenza verde è superiore del 29% rispetto alla media, mentre il numero di annunci di lavoro che richiedono almeno una competenza verde è cresciuto del 15% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Sotto questo aspetto, si registrano differenze sostanziali a seconda dei diversi gruppi di lavoratori considerati: infatti, mentre il 70% dei ruoli impiegatizi si dichiara pronto ad abbracciare la transizione verde, solo il 57% dei ruoli legati alla produzione afferma lo stesso.
Differenze nell’entusiasmo verso la transizione verde si riscontrano anche a livello settoriale. I lavoratori dei comparti Information Technology (75%) e servizi finanziari e immobiliare (74%) sono i più pronti ad accogliere le prossime trasformazioni in ambito sostenibilità. Allo stesso tempo, i lavoratori dei settori energia e utility (64%) e trasporti, logistica e automotive (62%) sono meno ottimisti.
Differenze generazionali: giovani più ottimisti
In generale, la maggior parte dei lavoratori è ottimista sulla transizione verde. Anche nel valutare un’opportunità di lavoro, le persone analizzano i progressi che le aziende hanno fatto in campo ambientale, più che le promesse. Si tratta di un fatto positivo per i datori di lavoro che investono nella costruzione di modelli di business più sostenibili.
A livello generazionale si riscontrano tuttavia delle discrepanze tra lavoratori, con una maggiore attenzione al tema sostenibilità da parte dei più giovani. Se infatti un terzo (32%) delle persone appartenenti alla Gen Z crede che i lavori verdi saranno contraddistinti da una retribuzione più elevata, solo il 14% dei Baby Boomers condivide questo pensiero. Inoltre, il 75% degli appartenenti alla generazione Z svolge ricerche sull’impegno delle aziende in ambito sostenibilità, e il 46% di essi afferma che ciò influisce sulla probabilità di scegliere un determinato datore di lavoro.
Infine, il 71% dei componenti della Gen Z e il 60% dei Millennial ritiene che le iniziative verso un mondo più sostenibile miglioreranno il loro lavoro, rispetto ad appena il 44% dei Baby Boomers. Le generazioni più giovani intravedono anche maggiori opportunità di sviluppo della propria carriera, con il 35% della Gen Z e il 34% dei Millennial che lo considerano uno dei principali vantaggi della transizione. Distinguersi come azienda leader in materia di sostenibilità può dunque fare la differenza nel reclutamento di nuovi talenti.