Trump invia le lettere, dazi fino al 40%: la strategia dell’Ue

Trump riscrive le regole del commercio globale, imponendo dazi fino al 40% e lasciando l’Europa in cerca di un accordo mentre i Brics reagiscono con durezza

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

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Detto fatto. La nuova offensiva commerciale di Donald Trump è cominciata puntualissima ieri, prendendo forma con una serie di lettere ufficiali e dichiarazioni pubblicate sui social.

Le sue mosse, che colpiscono decine di nazioni con dazi dell’ordine del 25–40% e puntano a ridisegnare gli equilibri del commercio globale, hanno innescato reazioni dure da Bruxelles a Rio de Janeiro, lasciando aperta la strada a negoziati serrati, scambi di accuse e un crescente nervosismo sui mercati.

Il quadro che emerge, in termini spietatamente geopolitici, è quello di una sfida diplomatica ed economica che inciderà sui rapporti di forza internazionali, esponendo fragilità e obbligando a scelte come solo la realtà sa fare.

Nuove lettere dagli Usa: dalla Tunisia al Laos, la lista completa

Dopo averlo anticipato via social, Donald Trump ha dato seguito alle sue minacce commerciali, pubblicando su Truth una serie di lettere inviate ai governi di diversi Paesi. Le notifiche, partite ieri alle 18 italiane, seguono la scadenza del 9 luglio fissata ad aprile per l’entrata in vigore delle tariffe sospese in attesa dei negoziati. Dal 1° agosto scatteranno dazi differenziati, così distribuiti:

  • Tunisia – 25%;
  • Indonesia – 32%;
  • Bosnia – 30%;
  • Bangladesh e Serbia – 35%;
  • Cambogia e Thailandia – 36%;
  • Laos e Myanmar – 40% (nonostante il recente terremoto in Myanmar);
  • Sudafrica – 30% (motivato anche dalle critiche di Trump sul trattamento dei bianchi);
  • Malesia e Kazakistan – 25%.
Lettera inviata alla Bosnia
Truth Social
Lettera inviata alla Bosnia

E non è finita qui. La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha precisato che altri 12 Paesi riceveranno a breve lettere direttamente dal presidente. Le missive indirizzate a Giappone e Corea del Sud, pubblicate integralmente sui social, recitano: “È un grande onore per me inviarvi questa lettera che dimostra la forza e l’impegno della nostra relazione commerciale”, aggiungendo che “i nostri rapporti sono tutt’altro che reciproci” e minacciando ulteriori aumenti se i due Paesi risponderanno con dazi propri. Verrebbe da chiedersi in quale romanzo distopico di Orwell siamo capitati, e invece è proprio la realtà.

La strategia americana e la finestra negoziale con l’Europa

La Casa Bianca ha annunciato che Trump firmerà un ordine esecutivo per rinviare la scadenza dal 9 luglio al 1° agosto. Una mossa che apre margine per un accordo, ma nulla di più. Dopo Giappone e Corea del Sud, altre dodici capitali riceveranno notifiche.

Il Coreper si è riunito nel pomeriggio di ieri a Bruxelles: Sefcovic ha riferito sugli incontri a Washington, ricordando che la proposta Ue resta un dazio base del 10% con esenzioni per aerei e alcolici, e che tutto resta legato alle scelte di Washington.

Von der Leyen dal canto suo ha chiesto “forza e unità”, Merz ha allineato telefonicamente Macron e Meloni, mentre Dombrovskis ha ammesso che nessuna lettera è arrivata a Bruxelles, pur parlando di progressi. Per ora nessun accordo. Tutto rimandato a mercoledì. Sembra quasi che questi dazi verranno accettati come si accetta un cataclisma.

I contatti diplomatici e il pressing europeo

Nelle ultime ore la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen ha sentito Trump al telefono, definendo la conversazione costruttiva e confermando tramite portavoce che i contatti con i leader Ue restano costanti. A Berlino il portavoce di Merz ha riconosciuto che il negoziato è ancora aperto e che si cerca una linea comune. Sempre ieri, von der Leyen, Meloni, Macron e Merz si sono scambiati telefonate serrate per sincronizzare le mosse. A Zagabria, il Presidente Mattarella ha ricordato che l’Europa deve restare al centro di una rete commerciale aperta, in grado di garantire convivenza e stabilità.

La replica dei Brics e la tensione con Trump

Trump è un come un tornado che si staglia nelle lande del Texas e ha annunciato anche dazi aggiuntivi del 10% contro i Paesi “allineati” ai Brics, dichiarando: “Non ci saranno eccezioni a questa politica”.

Dal vertice di Rio de Janeiro, il presidente brasiliano Lula ha replicato: “Non vogliamo un imperatore. Siamo Paesi sovrani”. Un punto di vista opposto, per esempio, da quello espresso dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che invece vorrebbe vedere Trump insignito del Nobel per la pace.

La nota finale dei Brics ha espresso “serie preoccupazioni per le misure unilaterali che distorcono gli scambi e minacciano le prospettive di sviluppo globale”. Il documento parla poi di impatto negativo delle barriere doganali e delle restrizioni non tariffarie sulle catene di approvvigionamento e sulle economie emergenti.

Lula ha bollato come “poco seriol’uso dei social da parte di Trump per intimidire altri governi e ha risposto alle sue parole a difesa di Bolsonaro ribadendo: “Il Brasile non accetta ingerenze e resta sovrano”. La Cina, per voce del ministero degli Esteri, ha definito le guerre commerciali “pericolose e senza vincitori”.