Il 73enne ex ministro e parlamentare di Forza Italia Renato Brunetta, attualmente presidente del Cnel, potrebbe percepire uno stipendio per il suo incarico, nonostante percepisca già una pensione. La disposizione è contenuta nell’articolo 10 del recente decreto Pnrr, presentato dal governo alla fine di febbraio e attualmente in fase di esame presso la Camera dei Deputati, all’interno della commissione Bilancio, che dovrà valutarlo e, eventualmente, apportarvi modifiche prima della sua conversione in legge. Daniela Torto, capogruppo del M5s in commissione, ha annunciato di aver presentato un emendamento volto a eliminare tale norma. Sebbene non siano stati specificati importi, l’articolo stabilisce che il totale della retribuzione (stipendio e pensione sommati) non potrà superare il massimale legale di 240.000 euro annui. Oltre tale limite, non sarà possibile andare.
Cosa c’è scritto nel decreto
Il decreto, accompagnato da una dettagliata relazione illustrativa, è consultabile sul sito ufficiale della Camera dei Deputati. L’obiettivo dell’articolo 10, nel suo insieme, è potenziare il ruolo del Cnel, che già in passato è stato oggetto di discussione politica, soprattutto quando ha respinto la proposta di fissare un salario minimo a 9 euro l’ora. In tal senso, è previsto che il presidente Brunetta assuma un ruolo di guida nella realizzazione del Pnrr, fungendo, ad esempio, da coordinatore. Inoltre, sempre nello stesso articolo, viene autorizzato il Cnel ad ampliare il proprio organico, con l’assunzione di due dirigenti, otto funzionari e sette assistenti.
Infine, va menzionata la disposizione relativa ai compensi del presidente e dei consiglieri del Cnel: secondo quanto previsto, non si applica più la legge del 2012 che limitava la possibilità di assegnare incarichi retribuiti “di studio, consulenza, dirigenziali direttivi e di governo di enti” a persone già in pensione, come chiarisce la relazione tecnica. In altre parole, a partire dal 2012, i pensionati non potevano percepire uno stipendio per incarichi di rilievo o di prestigio nella pubblica amministrazione. Tuttavia, con il decreto Pnrr, questa disposizione non si applicherebbe più al presidente del Cnel, e quindi a Renato Brunetta.
Va notato che il governo Meloni ha precedentemente adottato un’eccezione simile nel caso dell’amministratore delegato della società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, a partire da agosto dell’anno scorso. Inoltre, come riportato dalla Stampa, qualche mese prima è stata fatta un’analoga eccezione per il presidente dell’Istat, all’epoca presumibilmente Gian Carlo Blangiardo, il quale però ora sembra non essere destinato a essere riconfermato.
Il reddito dell’ex ministro Brunetta
Renato Brunetta assume la guida del Cnel a partire da aprile 2023. Essendo pensionato da diversi anni, grazie alla sua precedente carriera accademica da professore e parlamentare fino al 2022, non ha mai percepito uno stipendio per questo incarico. Tuttavia, con le nuove disposizioni, lui e gli altri membri del Cnel pensionati avranno la possibilità di ricevere una retribuzione.
A partire dal 2014, secondo quanto dichiarato dallo stesso Cnel, né il presidente né i consiglieri ricevono indennità o compensi. In passato, la retribuzione per il presidente era di circa 187.000 euro all’anno. Tuttavia, i nuovi importi non sono ancora stati stabiliti, e non è chiaro se ci saranno nuovi finanziamenti per coprire questi stipendi. La relazione tecnica suggerisce che sarebbe “opportuno che il Governo confermi che l’assegnazione di tali incarichi, nei termini ora consentiti dalla disposizione, possa avvenire solo entro i limiti delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente”.
Non essendoci informazioni precise sulle cifre, è difficile fare stime. Nel 2021, il reddito dichiarato da Brunetta era di 243.000 euro, ma in quel periodo riceveva uno stipendio da parlamentare e da ministro. Poiché l’ammontare della sua pensione non è pubblico, non è possibile stabilire con precisione quanto riceva attualmente né prevedere il suo compenso come presidente del Cnel. Tuttavia, è probabile che il massimo consentito sia di 240.000 euro all’anno, limite legale per i dipendenti pubblici.