La Banca centrale europea ha deciso di lasciare i tassi di interesse invariati, confermando il tasso sui depositi al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,15% e quello sui prestiti marginali al 2,4%.
La decisione emersa dalla riunione del Consiglio della Bce del 18 dicembre 2025 era ampiamente attesa dal mercato, tanto che le Borse mostravano un certo ottimismo già alcune ore prima. Nessun cambiamento, dunque, rispetto al livello registrato lo scorso giugno, dopo una riduzione complessiva di due punti percentuali ottenuta dopo otto tagli in un anno.
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Inflazione sotto controllo
La scelta di Francoforte si inserisce in un contesto di inflazione ormai vicina all’obiettivo del 2%, ma ancora non del tutto domata, soprattutto nella componente dei servizi.
Allo stesso tempo, la Bce ha rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil dell’area euro, segnalando un’economia più resistente del previsto. Il messaggio sottinteso: con la fase restrittiva alle spalle ora è arrivato il momento di riaccendere il motore monetario.
Secondo le nuove proiezioni dell’Eurosistema, l’inflazione complessiva si attesterà in media al 2,1% nel 2025, per poi scendere all’1,9% nel 2026 e all’1,8% nel 2027, tornando al 2% nel 2028. Più lenta la discesa dell’inflazione core (inflazione esclusi energia, alimentari, alcol e tabacco) che resterà al 2,4% nel 2025.
Proprio questa dinamica ha spinto il Consiglio direttivo a mantenere un approccio prudente. La Bce ribadisce che ogni decisione verrà guidata dai dati, valutando inflazione, trasmissione della politica monetaria e condizioni finanziarie. Traduzione: la stagione dei tagli non è chiusa, è sospesa.
Sul fronte macroeconomico, Francoforte vede segnali incoraggianti. La stima di crescita del Pil dell’area euro per il 2025 sale all’1,4%, dal precedente 1,2%. Migliorano anche le previsioni per il 2026 (1,2%) e il 2027 (1,4%).
A trainare l’economia sarà soprattutto la domanda interna: redditi reali in aumento, risparmio in calo e consumi più solidi. Christine Lagarde parla di una “economia resiliente”, sostenuta dai servizi e da alcuni comparti industriali, pur in un contesto internazionale ancora complesso sul fronte del commercio globale.
L’effetto sui mutui
La stabilità dei tassi Bce si riflette direttamente sul mercato dei mutui: dopo i forti rialzi del biennio 2022-2023, il 2025 ha segnato una netta inversione di tendenza. Il mutuo a tasso variabile è tornato mediamente più conveniente del fisso, grazie alla discesa dell’Euribor.
Secondo le migliori offerte online (Facile.it), un mutuo variabile da 126.000 euro a 25 anni parte da un Tan intorno al 2,54%, con una rata di circa 554 euro. Il mutuo a tasso fisso, invece, si colloca intorno al 3,10%, con una rata superiore di circa 50 euro.
Il punto chiave resta il profilo di rischio. Il variabile offre un risparmio immediato, ma espone a eventuali futuri rialzi; il fisso costa di più oggi, ma garantisce certezza e protezione nel lungo periodo.
Prestiti a famiglie e imprese
Sul fronte dei prestiti al consumo e del credito alle imprese i tassi applicati dalle banche hanno iniziato a scendere, seppure in modo graduale. La politica monetaria più accomodante migliora l’accesso al credito, ma gli istituti restano selettivi, soprattutto verso i soggetti più rischiosi.
Per le imprese, in particolare le Pmi, il costo del denaro è più basso rispetto a un anno fa, ma le banche continuano a valutare con attenzione bilanci, prospettive settoriali e capacità di rimborso.
Borse europee: mercati rassicurati
La decisione della Bce ha avuto un effetto immediato sui mercati azionari. Le Borse europee hanno reagito positivamente, con l’indice Stoxx 600 in lieve rialzo e progressi più marcati nei listini periferici, come Milano e Madrid. I tassi stabili riducono l’incertezza e migliorano la visibilità sugli utili futuri delle imprese. I settori più sensibili al costo del capitale sono banche, immobiliare e utilities. Tali settori beneficiano di un contesto monetario prevedibile.
Obbligazioni e titoli di Stato
Sul mercato obbligazionario, la pausa della Bce consolida la fase di stabilizzazione dei rendimenti. I titoli di Stato dell’area euro offrono rendimenti inferiori ai picchi del passato, ma ancora interessanti in ottica di medio-lungo termine. Soprattutto nel momento in cui il sentiment sui titoli della difesa va cambiando e molti investitori potrebbero trovare attraente orientarsi verso prodotti meno volatili.