L’anno che è cominciato con un buon proposito e che dovrebbe segnare la riduzione del peso fiscale sul ceto medio, il 2025, si scontra con una realtà ben più complessa: un debito fiscale che sfiora i 1.200 miliardi di euro. Una cifra che, sebbene comprenda crediti difficilmente riscuotibili, rimane un problema per le casse dello Stato.
Ma, nonostante ciò, si prova a salvare il salvabile. La riscossione delle imposte non pagate procede a ritmo sostenuto, in particolare grazie alla rottamazione delle cartelle fiscali, che nel 2024 ha portato nelle casse dell’erario ben 4,6 miliardi di euro.
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Riduzione delle tasse difficile da raggiungere
Nel tentativo di alleviare la pressione fiscale sul ceto medio, sempre più inesistente perché schiacciato da un costo della vita che non copre più con lo stipendio sempre più basso, il Governo ha messo sul tavolo la possibilità di ridurre le aliquote Irpef.
La proposta, sulla carta fantastica, ha trovato il favore di Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma si scontra con una realtà economica complicata. Le risorse, infatti, sono limitate e, nonostante l’impegno, le misure messe in atto finora non hanno raccolto i risultati sperati. Il Governo, per esempio, aveva introdotto il concordato preventivo biennale per gli autonomi, ma i fondi raccolti sono stati inferiori alle previsioni, arrivando solo a 1,7 miliardi di euro rispetto ai 2,5 miliardi attesi.
Ma è un’ovvietà: il concordato preventivo biennale non è diventato così “pop” come si sperava perché richiedeva pagamenti fissi basati su previsioni reddituali, senza tener conto delle reali difficoltà economiche dei contribuenti. Inoltre, le condizioni non risultavano abbastanza vantaggiose rispetto ad altre opzioni, come la rottamazione delle cartelle fiscali.
La rottamazione delle cartelle funziona
La Lega, da tempo, punta su una nuova edizione della rottamazione delle cartelle fiscali, che ha avuto un successo parziale. Questa quinta edizione della misura potrebbe essere riproposta con l’esame del decreto Milleproroghe. Nonostante i dubbi di alcuni membri del governo, tra cui il viceministro Maurizio Leo, la proposta della Lega potrebbe trovare spazio nel dibattito parlamentare. Negli 11 mesi del 2024, la rottamazione ha già permesso di recuperare 4,6 miliardi di euro, una cifra che potrebbe crescere se la misura venisse estesa.
Il futuro della fiscalità e la riforma del sistema
Maurizio Leo, viceministro all’Economia, ha dichiarato al Corriere della Sera che “sul piano della riduzione della pressione fiscale, c’è ancora da fare, partendo dai redditi medi”, cioè chi guadagna tra i 20 e i 40mila di reddito annui circa, “che necessitano di un’attenzione specifica. Lo faremo, come sempre, con scelte responsabili e sostenibili finanziariamente”.
La filosofia dietro la riforma fiscale si concentra sul rendere il fisco meno invasivo e più affidabile. Leo ha anche parlato della creazione di una commissione tecnica per monitorare il “magazzino della riscossione”, ossia i crediti non riscossi, che al 31 dicembre 2024 ammontavano a 1.275 miliardi di euro.
I risultati della riscossione e l’aumento delle rate per i debiti
Il 2024 è stato un anno positivo per la riscossione delle imposte. Lo Stato è riuscito a incassare 32,79 miliardi di euro, con un incremento rispetto ai 31 miliardi del 2023. La rottamazione ha dato un contributo importante a questo risultato, con 31,6 miliardi di euro recuperati negli ultimi otto anni.
Una novità che sta facendo discutere riguarda le modalità di pagamento delle cartelle fiscali. L’Agenzia delle Entrate ha annunciato che i debiti fiscali potranno essere pagati a rate fino a sette anni, un’iniziativa che ha ricevuto l’approvazione del viceministro Leo.
Inoltre, un emendamento della Lega ha esteso il termine di pagamento per le partite Iva con redditi fino a 170.000 euro, concedendo loro qualche mese in più per saldare le imposte dovute. La scadenza per il pagamento è fissata per il 16 gennaio 2025, e le partite Iva avranno la possibilità di pagare in un’unica soluzione o di dilazionare il pagamento in cinque rate mensili.
Questi miliardi si potranno mai riscuotere?
Dove si trovano questi 1.200 miliardi? Come funziona il sistema? Le cartelle esattoriali arriveranno nelle case degli italiani, i debiti verranno pagati e tutto si risolverà? La risposta non è così semplice.
Nel 2023 ad esempio, nonostante gli sforzi dell’Agenzia delle Entrate, che ha incassato 24,7 miliardi di euro, l’arretrato di crediti non riscossi ha raggiunto la cifra allarmante di 1.200 miliardi di euro. Questo enorme buco nero di crediti non riscossi, come più volte confermato anche dalla Corte dei Conti, cresce a un ritmo doppio rispetto ai risultati dell’attività di recupero, con un incremento di quasi 50 miliardi rispetto al 2022.
Gran parte di questi crediti è irrecuperabile: circa il 40% è legato a persone decedute, nullatenenti o a imprese fallite, mentre un altro 42% riguarda debitori già oggetto di tentativi di riscossione infruttuosi. La situazione è ormai strutturale, endemica, fissa, cancerogena, con l’aumento costante del debito e la lentezza nel risolvere i contenziosi fiscali.
In pratica, la maggior parte di questo arretrato è considerato inesigibile e ogni anno si accumula (anche nel 2024 si parlava di 1.200 miliardi da riscuotere), alimentando un circolo vizioso che rende difficile ridurre il volume di crediti non riscossi e rischia di far crescere ulteriormente il debito pubblico.